Fortuna, amichetta della vittima accusa: “Titò le stava addosso. Lei lo ha preso a calci e poi lui l’ha gettata giù

I verbali della procura. È stata una piccola testimone, un’ amichetta della vittima che ora ha...

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I verbali della procura. È stata una piccola testimone, un’ amichetta della vittima che ora ha 11 anni, a raccontare tutto agli inquirenti: “La mamma mi ha detto che era un segreto…”

Ecco un estratto della drammatica testimonianza di una piccola amica di Fortuna. Nell’omertà degli adulti – come hanno denunciato i pm – è stato proprio il coraggio dei bambini a far emergere la terribile verità sull’omicidio della piccola di Caivano. Gettata dalla finestra perché stava resistendo alla ennesima violenza di Raimondo Caputo, il convivente della madre dell’amica del cuore della bambina e madre anche di Antonio Giglio, un bambino morto in circostanze analoghe un anno prima di Fortuna. Così risponde alla psicologa e ai magistrati.

AVERSA – “E ho visto che lui la buttava giù”. Undici anni, testimone d’accusa.
“Quindi, ricostruiamo, tesoro mio. Ricorda bene, tesoro, questo passaggio è molto importante”. Dicono proprio così la pm della Procura di Aversa, Claudia Maone, e la psicoterapeuta Rosetta, glielo faranno ripetere più volte. Con dolcezza, pazienza e un senso di protezione che servirà a rendere giustizia alla piccola Fortuna detta Chicca, uccisa a sei anni. Accusato di omicidio e di complessive quattro violenze su minori, è Raimondo Caputo, il vicino. “L’ha buttata giù dal terrazzo”, accusa Anna, nel racconto di morte e orrore che sono le 130 pagine dell’ordinanza. Una sua sorellina di 4 anni, Claudia, stessi abusi, tratteggia serpenti e artigli” nei disegni all’esame dei pm, e dice “gli uomini hanno tutti i serpenti”. Anna, la maggiore, aveva 9 anni quando tutto è accaduto, oggi 11. Il suo vero nome, forse l’unica cosa che di autentico resta di una famiglia da cancellare, va protetto. Come quello degli altri minori, qui nel doppio ruolo di vittime per eccellenza e preziosi testimoni.

“LUI STAVA ADDOSSO, LEI DAVA I CALCI”. Verbale del 23 marzo scorso, reso da Anna in un istituto dove ormai vive con le sorelline e dove “lentamente stanno rifiorendo”. La testimonianza di Anna presenta “elementi assolutamente illuminanti ed inoppugnabili”: decisivi, anche perché uniti alla mole di indizi raccolti dai carabinieri coordinati dal colonnello Rino Coppola e dal capitano Pierangelo Ianniccola. Pm: “Senti, sappiamo che tu e Maria avevate parlato della morte di Chicca. Maria dice che le hai svelato una cosa” Anna: “Sì” Psicologa: “Cosa le hai detto, dai”.
A.: ” Stavamo a casa (è l’appartamento della nonna, isolato 3, ndr). Mia mamma in cucina. Io stavo lavando per terra. Chicca è venuta a bussare alla porta. Mi ha detto: vuoi giocare? Io ho detto: aspè sto lavando per terra. Si è seduta, ha detto “mi fanno male scarpe”, usciva a cambiarle e risaliva”.
Pm: “Quindi c’eri tu e poi, chi?” A.: “Mamma, Chicca, Raimondo”.
Pm: “Poi? Chicca con chi è uscita?” A.: “Con Caputo Raimondo”.
Pm: “E poi? Dove vanno?” A.: “Sono saliti su” Pm: “Li hai visti da sola?” A.: “No, stava anche mia mamma. E poi abbiamo visto che lui la buttava giù”.
Psicologa: “Tesoro. Tu cosa vedi all’ottavo piano? Cosa facevano?” A.: “La violentava”.
Psicologa: “Che significa, amore? Dove stava Chicca, come?” A.: “Stava sdraiata. Anche lui sdraiato e si buttava addosso”.
Pm: “E Chicca cosa faceva?” A.: “Gli dava i calci”.
Psicologa: “E poi che fanno?” A.: “Poi lui la prende in braccio e la butta giù. L’ho visto che entrava in quel cancello (che delimita il terrazzo di copertura, ndr) “. Pm: “Quindi non l’hai visto proprio?”
A: “Ho sentito le urla. Poi (dopo il tonfo sordo, la morte, ndr), poi siamo scese tutte giù, e la mamma di Chicca è svenuta”.

“MAGARI UCCIDEVA PURE ME”. Si riprende dallo stesso verbale. Psicologa: “Tu ci hai già detto. Ma a te, ti ha violentato poche volte?” A.: “Tutti i giorni! (…) Mamma si dimenticava la borsa a casa. Lui diceva: accompagnami a casa (…)”.
Pm. “Ma è mai successo che lui abbia parlato di Chicca e abbia detto?” A.: “Sì, quando mi violentava. Ha detto: “Sì, ho ucciso io a Chicca””.
Psicologa: “Perché lo diceva?” A.: “Non lo so. Ero spaventata. E poi ha scoperto i microspini in casa e lui li ha buttati via”.
Pm: “Le microspie?” A.: “Sì, quelli che mettono le guardie “. Un’altra impressionante intercettazione tra Anna e la madre rivela che la bimba dice: “Meno male mà che non sono andata là sopra, quello uccideva pure a me”. E la donna, compagna del carnefice : “E però io uccidevo pure a lui”.

“TENUTA AL SEGRETO”. Anna era “tenuta al segreto”, per gli inquirenti, sia dalla nonna, sia dalle “martellanti pressioni della mamma”. In un’occasione la donna inveisce contro Anna, dice che “parla troppo”, perché a causa sua emergono le contraddizioni con le altre versioni. Poi, ancora contro la bimba: “Io sono mamma di quattro figli, guarda che ci stai facendo passare”.

“LUI AVEVA TIMORE DEL DNA”. Agli atti, anche la conversazione in cui “emerge il timore di Caputo, in merito al fatto che sul corpo di Fortuna-Chicca gli inquirenti avessero potuto rinvenire tracce biologiche a sé riconducibili”. Per minimizzare, lui con la compagna dice: “Vuoi vedere che là sopra.. c’è il sudore… il sudore mio”. E in un altro dialogo: “Eh, ma forse la traccia di quando io le diedi un morso sulla gamba”.

LA SCARPETTA NASCOSTA. Raggelante e omertosa la condotta di una vicina di casa: Rachele D., il cui appartamento all’ottavo piano confina col terrazzo della morte. Lei “ha rinvenuto la scarpetta destra della bimba, all’evidenza persa dalla povera Chicca mentre subiva il feroce assalto”, scrive il pm. Ma la donna “se n’è disfatta al fine di non essere in alcun modo coinvolta”. Rachele parla col figlio e infatti svela: “Eh, ‘o fatto d”a scarpetella… Io l’ho buttata io, non lo voglio dire a nessuno, perché sono venute le guardie e volevano la scarpetella da qua, da me”.

“ORA LA VERITÀ, DEVE PAGARE”. Anna, da quando è stata allontanata dalla famiglia, “coltiva un diario segreto”, scrivono i pm. Su quelle pagine, ad aprile, ha scritto: “Finalmente ho detto la verità, sono più tranquilla, sono felice, lui deve pagare per quello che ha fatto”.

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