Koulibaly: “Mi sento napoletano. Fastidiosi i fischi contro me e Insigne. Scudetto? Vogliamo vincere”

La lunga intervista di Kalidou Koulibaly ai microfoni del quotidiano sportivo Corriere dello Sport Il...

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La lunga intervista di Kalidou Koulibaly ai microfoni del quotidiano sportivo Corriere dello Sport

Il difensore del Napoli, Kalidou Koulibaly ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni del quotidiano sportivo Corriere dello Sport in cui parla del suo rapporto con Napoli, degli allenatori che ha avuto da quando ha vestito la maglia azzurra

Quindi lei si sente cittadino di almeno tre Paesi: la Francia, il Senegal e ora anche un po’ l’Italia? 

«Sì, mi sento francese e senegalese da quando sono nato. Quando uno mi chiedeva di dove ero, rispondevo che ero francese ma anche senegalese da parte dei miei genitori. Per me era molto importante. Poi, quando sono arrivato in Italia, a Napoli, dopo un anno e mezzo mi sentivo già cittadino napoletano. Perché io, Kalidou Koulibaly, sono, mi sento, francese, senegalese e napoletano». 

Lei ha mai avvertito rischi di razzismo? 

«Quando ho firmato la gente diceva che l’Italia è molto razzista. Io volevo rendermi conto da solo, non volevo ascoltare la gente, mi piace vedere le cose con i miei occhi. Tra quello che pensa la gente o quello che dice e quello che è veramente la realtà c’è un mondo di differenza. Il mio portiere di casa, che si chiama Ciro, mi ha detto “Quando arrivi a Napoli piangi due volte: quando arrivi e quando parti”. Io gli ho detto “Non ho pianto quando sono arrivato ma se un giorno dovrò andare via, spero il più tardi possibile, è sicuro che piangerò”. Aveva ragione quando mi ha detto così, io sono molto felice qui. La gente parla a volte male di Napoli e non sa che cosa è Napoli. Quando non la vivi non puoi sapere che cosa è davvero». 

In campo le è capitato qualche episodio in cui è stato fischiato per il colore della sua pelle? 

«Sì, in altri stadi, non a Napoli. Quando sono arrivato non li ho sentiti durante il mio primo anno, ma già dal secondo ho iniziato a rendermi conto e mi dava fastidio. I “buu” mi infastidiscono, non li accetto, perché non sono solo contro di me, per il colore della mia pelle, a volte sono anche contro “i napoletani”, la gente del Sud. Questo mi dispiace molto perché quando sei in un Paese dove tu devi trasmettere un senso di appartenenza e poi fischi contro la gente del Sud, o fai cori razzisti, finisci col contraddirti. Le faccio un esempio calcistico: quando uno come Insigne, che è un fuoriclasse assoluto, forse il migliore giocatore dell’Italia, è fischiato in alcuni stadi perché è meridionale, poi quando va in Nazionale come lo devi trattare? Io non capisco questo tipo di atteggiamento e spero che evolva velocemente. Stiamo cambiando, ma penso che dobbiamo ancora fare degli sforzi, perché l’Italia deve andare avanti da questo punto di vista e dobbiamo aiutarci a farlo. Un altro esempio: la Nazionale francese che ha tanti giocatori di colore, di altre origini, che hanno vinto il Mondiale. Per me questa è la cosa più bella che possa succedere». 

Ha avuto come allenatori Benitez, Sarri e Ancelotti nel Napoli. Mi dice le differenze tra questi tre allenatori? 

«Poca e molta. Poca perché sono tutti e tre grandi allenatori. Il calcio di Benitez e quella di Ancelotti si somigliano molto. Ho avuto la fortuna anche di giocare con mister Sarri e il suo calcio era per me veramente bellissimo. Lui mi ha permesso di vedere il calcio e le partite in un’altra maniera. La sua filosofia era concentrata sulla tattica, tutto era previsto con lui. Oggi, quando guardo una partita di qualsiasi squadra, non la vedo più come quattro o cinque anni fa. E lo devo a lui. Benitez mi ha fatto scoprire il calcio vero. Io ero in serie B in Francia, poi in Belgio, lui mi ha dato la possibilità di andare per la prima volta in serie A, in un campionato molto importante. Il suo calcio è molto simile a quello di Ancelotti perché sono allenatori che hanno vinto, allenato grandi squadre e la loro visone del gioco ha molti punti di contatto. Ancelotti, tutti lo conoscono, ha vinto molto, ma quello che mi sorprende di più è l’umiltà che ha ancora e anche la voglia di vincere che non smette di avere. Un uomo veramente perbene e lo ringrazio molto perché mi dà ancora la voglia di andare avanti, di crescere e di far vedere che sono un giocatore sempre più forte. Con lui spero di fare qualcosa di bello perché è uno che dà fiducia a tutti e penso che non si sentirà mai un giocatore parlare male di lui, perché ha grandi valori e trasmette serenità. A mia moglie dico sempre che spero, alla sua età, di essere una persona simile a lui». 

Perché il Napoli che è una grande squadra, da diversi anni non riesce a vincere uno scudetto? 

«Ci sono tante cose. Vincere è molto difficile ma stiamo provando. Il Napoli forse ti dà alcune cose ma ne toglie anche altre. Perché vinci e ci sono commenti positivi e forse ti rilassi e questo è sbagliato. Come lo è deprimersi per le critiche. Quello che abbiamo fatto l’anno scorso è stato veramente bello. Tutti dicevano che facevamo il calcio più spettacolare ma non siamo stati capaci di tenere la testa concentrata per vincere. Forse quest’anno mister Ancelotti ci dà quello mancava l’anno scorso: la mentalità, la voglia di stupire tutti. E poi ci dà un’altra cosa che non so come spiegare: lui ha voglia di vincere. Quando ce ne parla e ci trasmette questa energia veniamo tutti trainati. Abbiamo voglia di vincere. Speriamo di riuscirci quest’anno, abbiamo tante possibilità per farlo». 

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