La madre di chef Arturo a Salvini: “Venga a trovare mio figlio, l’immigrato ferito”

“Dimostri ai napoletani il desiderio autentico di essere vicino a questa ‘città difficile'” La madre di Arturo,...

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“Dimostri ai napoletani il desiderio autentico di essere vicino a questa ‘città difficile'”

La madre di Arturo, lo chef immigrato di origini maliane aggredito gratuitamente qualche giorno fa a Napoli da un gruppo di teppisti, ha scritto una lettera indirizzata a Matteo Salvini, vicepremier italiano, invitandolo a far visita al figlio e a mostrare ai napoletani ciò che ha più volte detto in passato. L’ha invitato a manifestare, con i fatti, il suo desiderio di vicinanza ad una realtà difficile come quella partenopea.

Ecco la lettera:
“Onorevole signor ministro Matteo Salvini, Le scrivo perché la recente vicenda che mi ha visto – da madre di vittima – testimone di un fatto gravissimo mi ha involontariamente consegnato un ruolo in città. Ho provato a rappresentare in questi mesi, in più sedi, che la questione violenza “dei” e “sui” minori costituisce un fatto cogente che limita fortemente qualsiasi forma di sviluppo: sociale, civile ed ovviamente economico.
Ho immediatamente percepito che la violenza accaduta a mio figlio mi aveva consegnato un compito scomodo, soprattutto da madre, dovendo insegnargli ad attraversare la vita, tentando di interpretare l’accaduto, dando significato e valore a questa esperienza.
Ma poi ho capito che questa condizione complicata stava aprendo una possibilità: potevo fare di questa vicenda qualcosa di più grande e collettivo, scuotendo coscienze sopite, spingendo la questione della sicurezza tra le priorità dell’agenda politica, smuovendo l’impegno civile e la responsabilità educativa delle istituzioni che la mia storia amplificava con coraggio e dignità.Ma Napoli, lo sappiamo, è una città complessa, la cui complessità è stratificata al pari delle ere geologiche che la costituiscono e, di volta in volta, sicurezza e legalità tornano ad essere un “mantra” perennemente irrisolto. Per questo io vorrei che Lei venisse a Napoli a ribadire un’attenzione assoluta a queste due facce della stessa medaglia.
E soprattutto che lei dimostrasse ai napoletani il desiderio autentico di essere vicino a questa “città difficile”, per un impegno rigoroso per una legalità intrisa però di giustizia sociale.
Mi piacerebbe che dimostrasse che non corrisponde al vero l’immagine di un ministro antimeridionalista con atteggiamenti xenofobi e razzisti. Io non credo sinceramente che lei sia tutto ciò, non credo che lei pensi realmente di voler governare un paese dividendo, aprendo solchi profondi e producendo spaccature incolmabili.
Napoli è una città che reca scritta nei suoi geni l’integrazione millenaria che l’ha resa la città ricca e culturalmente florida che sa essere. Una città che, anche durante l’apogeo romano, continuava a parlare greco. Il più grande longevo impero della storia dell’umanità ci ha insegnato che l’integrazione è stata una regola di adattamento per la sopravvivenza.
Capisco che questo non sia il tempo di progetti così ambiziosi ma di esigenze concrete. Ma proprio per questo motivo mi piacerebbe dimostrare a questa città che bisogna guardare avanti, fare scelte coraggiose e responsabili, anche facendo saltare preconcetti, pregiudizi e incrostazioni ideologiche che ancora sopravvivono. Per questo motivo le faccio un invito un po’ irrituale: una colazione di lavoro, preparata da uno chef un po’ speciale. Bouyagui, il giovane del Mali, ferito lo scorso 20 giugno a Napoli.
Conosco personalmente questo ragazzo che le assicuro rappresenta il volto buono e sano dell’integrazione, di chi vive e lavora nel rispetto delle nostre leggi e che grazie al nostro Paese è stato capace di sviluppare un talento, dimostrato nella scorsa edizione di MasterChef, e di produrre economia realizzando un catering etnico di successo. Ecco, mi piacerebbe che lei venisse a Napoli, ad ascoltare i problemi di questa città mentre apprezza la cucina etno-fusion che questa realtà esprime ma che è anche un po’ metafora del poter con-vivere nelle regole, contrastando ogni forma di violenza, indipendentemente dal fatto che chi la subisce sia nato nel Mali o a via Foria.

Spero vorrà accettare il mio invito”.

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