Castellammare, Andrea Sannino: “Ringrazio Dio e la vita per avermi donato l’opportunità di fare un lavoro che amo”

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Castellammare, Andrea Sannino: “Ringrazio Dio e la vita per avermi donato l’opportunità di fare un lavoro che amo”

Castellammare, ieri il cantautore e attore Andrea Sannino, si è esibito in concerto sull’arenile stabiese. Classe ’85, Sannino è originario di Ercolano e vanta diverse collaborazioni importanti e duetti con grandi del mondo della musica, come Lucio Dalla, Sal Da Vinci e Gigi D’Alessio. A teatro lo abbiamo visto in scena con “Stelle a metà” diretto da Alessandro Siani, in “Cera una volta Scugnizzi” di Mattone e “Quartieri Spagnoli” dei fratelli Gallo.

La Redazione di ViViCentro.it ha avuto l’opportunità di scambiare quattro chiacchiere con l’artista, prima della sua esibizione.

Come ti senti ad aver scritto una canzone come “Abbracciame”, che è entrata nella mente e nel cuore della gente?

“Abbracciame” è stata scritta a 4 mani, insieme a Mauro Spenillo con il quale abbiamo creato questo piccolo capolavoro. Dico piccolo perchè non mi rendo ancora conto di quello che accade man mano, ancora ogni anno di più in quanto più passa il tempo e più sembra una canzone inedita quando in realtà ha già 5 anni. Ad esempio vedendo le storie instagram di grandi dello spettacolo può capitare che ci sia come sottofondo la mia canzone, e per quanto puoi pensare che siano lontani dal mondo di una canzone napoletana, poi la realtà i mostra e ti fa vedere che non è così, finalmente con questa opera si stanno abbattendo dei pregiudizi sulla stessa lingua napoletana.

Hai cantato insieme a Lucio Dalla, lavorato in teatro con grandi attori  e sotto la loro direzione, cosa significa per te essere un artista e come si sente nel fare questo lavoro?

Mi sento molto fortunato perchè ognuno di noi ha una predisposizione naturale a fare un certo tipo di lavoro: chi nasce per fare il cuoco, chi per fre il medico chi musica. Io mi sentivo nato per fare questo lavoro, ma ci sono molti talenti non emersi, che devono accontentarsi di fare altro, quindi ringrazio sempre Dio e la vita che mi stanno dando l’opportunità di fare un lavoro che amo. Sento inoltre di avere una grande responsabilità perchè quando inizi ad avere un pubblico, con persone che ti seguono ed ascoltano le tue parole, devi fare anche molta attenzione a quello che dici.

Se dovessi dare un consiglio alle persone, ai ragazzi che vogliono intraprendere questa carriera?

Consiglio di mettersi in gioco, di intraprenderla, puntano sullo studio, sulla costanza, la determinazione, ovvero, una persona può avere la sua strada delineata a 18 anni come a 30, come è successo a me, di certo la gavetta è importante, io fino ai 30 ho fatto molta gavetta e poca popolarità. Ad esempio, ho lavorato in “C’era una volta Scugnizzi”, un musical molto importante ma sai che il teatro ti rende popolare nel mondo del teatro e di chi segue quell’ambiente, ma non ti inserisce nel mondo della “vera popolarità”, quella arriva se tu non molli un secondo.

Parlano di te e di molti altri artisti, dandovi l’appellativo di di “cantanti neo-melodici” spesso in accezione negativa. Cosa pensi al riguardo?

Ci sono dei pregiudizi sulla lingue napoletana che viene identificata e avvicinata, dai media nazionali, solo ad un certo tipo di musica, che non critico e non giudico, ma non esiste solo la musica trash, ma le canzoni in lingua napoletana sono sempre state forti a livelli internazionale, nel mondo. Inoltre condanno chi parla della canzone napoletana e neo melodica in accezione negativa, mai potrei essere d’accordo quando poi questa si presta a canzoni che inneggiano alla violenza, alla camorra. la musica deve lanciare messaggi positivi, di denuncia, di sofferenza. Per quanto riguarda il termine “neo- melodico”, nell’eccezione negativa fa paura, ecco perchè specifico che non lo sono e non mi sento così.

Che poi la musica è musica, è una sola

Esatto! Dovendo soffermarmi sul termine unico, mi sentirei fiero nell’essere appartenente alla “nuova melodia”, se dove “J te vurria vasà” appartiene alla vecchia melodia, e quindi per me sarebbe un onore. Purtroppo però è risaputo che questo appellativo è conosciuto più per le cose negative che positive, ecco perchè spesso si vedono molti artisti prenderne le distanze.

E’ anche un modo per screditare Napoli e tutto ciò che proviene da essa

Si, senza dubbio. Basti pensare a Caruso che cantava in tutto il mondo, era un napoletano e cantava in lingua napoletana. oggi invece ci vogliono far credere che cantare in lingue napoletana ci renda locali, ma non è così.

“Andrè” è il tuo nuovo album, potresti dire che rappresenta una tua forte dichiarazione di identità? E soprattutto, a cosa ti sei ispirato per la stesura del tuo nuovo lavoro?

Il primo album, “Wànema” è stato più facile nella stesura in quanto era l’insieme delle canzoni che nel corso del tempo avevo scritto insieme a Mauro Spenillo e Pippo Selo, che curano anche la produzione artistica. In “Andrè” è stato tutto più complicato perchè vi sono tute creazioni inedite in cui emerge me stesso, un me più svelato, più raccontato. E’ paradossale ma io in “Andrè” parlo molto di più di me stesso, ad esempio lo faccio in un monologo che si chiama “Vico Santa Rosa”, e tutto è nato per marcare la volontà di continuare a cantare in napoletano. E continuerò fin quando posso, anche se è inutile precludersi delle possibilità di cambiare. Nella vita, mai dire mai! 

a cura di Vincenza Lourdes Varone

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