Benedetto XVI e Papa Francesco sul celibato dei preti: visioni parallele?

Benedetto XVI ha rispetto a Papa Francesco, parere differente sulla questione del celibato dei preti, in...

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Benedetto XVI ha rispetto a Papa Francesco, parere differente sulla questione del celibato dei preti, in “Des profondeurs de nos coeurs” lo esprime chiaramente.

Benedetto XVI e Papa Francesco sul celibato dei preti: visioni parallele?

Le opinioni del Papa emerito Benedetto XVI e Papa Francesco sono state ancora una volta messe a confronto, in quanto le loro visioni sebbene mirino sempre al bene della Chiesa guardano però ad orizzonti differenti. Questa volta il tema è quello del celibato dei preti.
Come spiegava il teologo Valerio Mauro, nel 2019, rispondendo alla domanda di un lettore su toscanaoggi.it , dove gli venivano chieste delucidazioni in merito al fatto se il celibato fosse sempre stato valido per i preti : “Il Nuovo Testamento presenta una situazione chiara per i chiamati a esercitare un ministero nella giovane chiesa. Dato il contesto culturale dell’epoca, è presumibile che gli apostoli fossero sposati. Certamente lo fu Pietro, del quale si ricorda la suocera. Secondo la tradizione, l’unico apostolo non sposato sarebbe stato Giovanni.
Le lettere pastorali offrono una testimonianza più limpida. A Timoteo si raccomanda che gli episcopi siano «irreprensibili, mariti di una sola donna, sappiano guidare bene la propria famiglia e abbiano figli sottomessi e rispettosi, perché se uno non sa guidare la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio?» (1Tim 3,2-5). La medesima indicazione si ha per i diaconi, che «siano mariti di una sola donna e capaci di guidare bene i figli e le proprie famiglie» (1Tim 3,12). A Tito è rivolta una raccomandazione simile: ogni presbitero, che lui dovrà stabilire nelle varie città dell’isola di Creta, «sia irreprensibile, marito di una sola donna e abbia figli credenti, non accusabili di vita dissoluta o indisciplinati» (cf Tt 1,5-6).
Anche se in questo tempo dell’era apostolica non è stata ancora chiarita la distinzione fra le varie figure nominate, i termini episcopi e diaconi, corrispondono certamente figure di ministeri ordinati. Per la loro scelta, dunque, non solo il matrimonio non è un impedimento, ma deve essere valutata la loro capacità di guidare la propria famiglia. L’indicazione di essere sposati con una sola moglie dipende dalla prospettiva condivisa nelle prime generazioni cristiane dell’unico matrimonio durante la vita terrena.
Nei secoli seguenti, l’influsso culturale dell’epoca favorì l’inserimento di una visione sacrale, che richiedeva la continenza per coloro che avevano la presidenza del culto, soprattutto dell’eucaristia. Questa idea di «purità rituale» era molto diffusa, anche al di fuori della tradizione giudaica. Pertanto, pur ordinando soprattutto uomini sposati, si cominciò a chiedere loro una continenza sempre più ampia ed estesa, e non solo nei giorni in cui avrebbero celebrato l’eucaristia. Le prime testimonianze in tal senso sembrano essere attestate dal concilio di Elvira (Spagna, inizi del IV secolo), che al canone 33 prescrive l’astensione dai rapporti coniugali per il clero sposato.
Una testimonianza più chiara l’abbiamo nella lettera del 385 di papa Siricio al vescovo di Tarragona. Il papa chiede che l’ordinazione a qualunque ministero, episcopale, presbiterale o diaconale, sia riservata a uomini sposati una volta sola. Al tempo stesso si proibisce che generino figli, perché sono tenuti a osservare la purità rituale: se sacerdoti e leviti d’Israele dovevano osservarla durante il loro servizio al tempio, i ministri della chiesa sono chiamati ad un servizio senza interruzione.
Il processo continua sotto la medesima prospettiva, attraverso vari interventi magisteriali, trovando una divaricazione fra le tradizioni orientale ed occidentale. L’Oriente cristiano continua l’ordinazione di uomini sposati, chiedendo loro di astenersi dai rapporti coniugali in prossimità della celebrazione dei santi misteri. Il celibato diventa riservato alla figura del vescovo, che nella sua persona, dedita come pastore ad una precisa chiesa locale, rappresenta simbolicamente il Cristo sposo della sua Chiesa.
In Occidente il processo matura diversamente, segnato dalla considerazione negativa dei rapporti sessuali, anche se vissuti all’interno della relazione coniugale. Papa Leone magno, raccomandando a vescovi e presbiteri di trasformare la loro vita da carnale in spirituale, chiede di non allontanare le proprie mogli, ma di vivere con esse come se non fossero le loro spose. Lo stato di ministri sposati continuò ad essere diffuso nell’alto medio evo, insieme a quello del concubinato, accettato più facilmente perché non poneva problemi di eredità alla morte del ministro. Le necessarie riforme portate avanti all’inizio del secondo millennio spinsero decisamente verso una condizione celibataria del clero latino.
Dalla riforma di Gregorio VII al pontificato di Innocenzo III si sviluppa una continua e progressiva riaffermazione della necessità celibataria per il clero. La contrapposizione con la visione protestante porterà un’ulteriore radicalizzazione della norma cattolica latina. Questa è la storia, ricca di tensioni diverse, di valutazioni che mutano, di possibili aperture al futuro.”
Mercoledì prossimo in Francia per l’editore Fayard, uscirà il libro “Des profondeurs de nos coeurs” scritto da Papa emerito Benedetto XVI a quattro mani con il cardinale Robert Sarah. In questo è forte il chiaro il messaggio in merito alla questione se sia o meno necessario il celibato per i preti, dove scrive: “Io credo che il celibato dei sacerdoti abbia un grande significato ed è indispensabile perché il nostro cammino verso Dio possa restare il fondamento della nostra vita”.
Papa Francesco invece, in una conferenza stampa del 28.01.2019 tenutasi in aereo (reperibile sul canale youtube TV2000), risponde alla domanda con particolare attenzione: citando san Paolo VI: “Preferisco dare la vita prima di cambiare la legge del celibato”, continua però sottolineando il fatto che il periodo storico in cui una frase del genere fu detta, erano gli anni ’68-’70. Papa Francesco ritiene che il tema debba essere aperto rispetto ai casi dove esiste il problema pastorale per la mancanza di sacerdoti. “Non dico che si debba fare, perché non ho riflettuto, non ho pregato a sufficienza su questo. Ma i teologi devono studiare”.
Quello che si evince ad oggi, è che grazie a Papa Francesco molti temi di questo genere, quasi sempre considerati taboo e intoccabili, vengono quantomeno portati alla luce di conversazioni e confronti, inoltre, cosa non da poco, catturano l’attenzione e quindi inducono alla riflessione l’intera comunità (credente o meno), perché indipendentemente dalla Fede, sono temi che riguardano gli esseri umani e verso i quali è legittimo prestare attenzione su quella che è la situazione attuale e quale potrebbe esserne l’evoluzione.
Altro tema che certamente continuerà a tenere alta l’attenzione pubblica è scoprire come Papa Francesco vorrà rendere “più Importante” il ruolo della Donna nella Chiesa.

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