Scampia, le scuse dei boss dopo la faida: “Napoli ci perdoni”

“Abbiamo leso la sua immagine” Boss che chiedono scusa alle parti offese, alle famiglie delle...

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“Abbiamo leso la sua immagine”

Boss che chiedono scusa alle parti offese, alle famiglie delle vittime di agguati di camorra e che decidono di spingersi anche oltre: scrivono una lettera al giudice per chiedere scusa alla città intera, per il male fatto e per le inevitabili conseguenze negative in termini di immagine.

I boss della faida di Secondigliano, gente che ha segnato la storia della camorra negli ultimi quindici anni, che fanno un ulteriore passo in avanti: si dichiarano pronti a risarcire il danno, ad offrire una discreta somma di denaro (anche se non è quantificata) come ristoro per il male arrecato alle famiglie. Succede in Tribunale a Napoli, nel corso dell’udienza preliminare a carico dei presunti killer degli Amato-Pagano, ritenuti responsabili di un triplice omicidio per conto dei Lo Russo.
A fare la prima mossa è Carmine Amato (uno dei primi scissionisti del clan Di Lauro), che ha spedito una lettera al giudice per le udienze preliminari Egle Pilla, nel corso del procedimento sulla morte di Vincenzo Moscatelli, di Francesco Russo (‘dobermann’) e del figlio Ciro, un triplice delitto del 2009, raccontato in questi mesi dagli stessi esecutori materiali.
Sono una decina i pentiti che hanno confermato la missione di morte, puntando l’indice contro gli Amato-Pagano, svelando anche la trama di alleanze che all’epoca li aveva visto uniti ad Antonio Lo Russo (figlio del boss Salvatore, entrambi collaboratori di giustizia). Una lettera che fa da apripista. Nei prossimi mesi, a partire dal 21 gennaio (data della prossima udienza), ci saranno altre prese di posizione dello stesso genere. Stessa strategia, stesso copione: prima le scuse alla famiglia, poi le scuse alla città, infine la proposta. Quale? Sempre la stessa: soldi per saldare il debito. Una strategia che ha un solo obiettivo: evitare l’ergastolo, ridurre i danni, ottenere un fine pena. Anche una condanna a 30 anni può rappresentare una svolta per chi è detenuto da tempo, per chi è alle prese con altre pene da scontare. Strategia di basso profilo, all’insegna dell’accordo, dell’appeasement, che non è passata però inosservata. Indaga la Dda di Napoli, al lavoro i pm Maurizio De Marco e Vincenza Marra, che hanno contrastato la faida di Scampia e Secondigliano e hanno smantellato clan e strutture criminali radicate alle porte di Napoli, con tanto di condanne e sequestri.

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