Pastore di una comunità religiosa e consigliere comunale a Reggio Calabria, omette violenza su minore

Lo si apprende da un decreto di collocamento in comunità protetta di una bambina. Il...

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Lo si apprende da un decreto di collocamento in comunità protetta di una bambina. Il pastore è pure un leader locale di Fratelli d’Italia.

La vicenda avrebbe avuto inizio nel 2018 quando una coppia di genitori, per gravi motivi personali: la madre ricoverata e il padre in pericolo, sottoposto a minacce di morte; non poterono più occuparsi della figlia di 9 anni.

Quella coppia però faceva parte di una comunità religiosa chiamata “Pace, il cui capo spirituale è Massimo Ripepi, consigliere comunale di minoranza del comune di Reggio Calabria, nonché nome molto conosciuto nel partito di Fratelli d’Italia della città dello Stretto.

La coppia di coniugi pertanto si rivolse a lui per avere un aiuto.

«Ripepi – così scrive il Giudice –, escludendo che vi fosse nella comunità religiosa qualche famiglia in grado di venire in aiuto ai “fratelli”, invitava questi ultimi a rivolgersi alla nonna materna e ciò malgrado tutti fossero a conoscenza del fatto che quest’ultima vivesse con il figlio che in passato (circa vent’anni addietro) era stato condannato con sentenza definitiva alla pena di otto anni di reclusione per violenza sessuale su minori».

La presenza dello zio preoccupava molto i genitori che raccomandarono alla nonna «di non lasciare mai sola la bambina, né di giorno, né di notte, con lo zio».

Ma tempo dopo i genitori scoprono dai racconti della bambina che lo zio aveva rivolto nei suoi confronti attenzioni morbose.

Sarebbe stata la madre, nel fare la doccia alla figlia, ad apprendere dalla bimba i particolari raccapriccianti su quanto sarebbe accaduto (e che omettiamo di riportare).

E qui, secondo quanto ricostruito dagli atti del Tribunale dei Minorenni di Reggio Calabria, sarebbe entrato in gioco nuovamente il pastore Ripepi. Infatti i due genitori ritornarono dal loro capo spirituale per riferire quanto era accaduto.

Tuttavia «vengono dissuasi dal denunciare e invitati a curare l’anima della persona che aveva abusato della bambina per salvarla e conoscere la “gloria di Dio”».

Papà Massimo” (il Ripepi) avrebbe anche incontrato lo zio che aveva abusato della piccola. E lo avrebbe redarguito, descrivendolo come posseduto dal demone e invitato a non mentire diffidandolo dall’avere qualsiasi contatto con minori.

Non solo, secondo quanto riporta l’atto del Tribunale dei minori, Ripepi avrebbe messo in guardia la madre della bambina «dal rischio di provocare, con una denuncia, il suicidio del fratello, del cui sangue sarebbe stata “responsabile davanti a Dio”» nonché avrebbe causato «l’allontanamento della minore da parte dei Servizi sociali».

A quel punto i genitori decidono di non denunciare e «rinunciano all’idea di lasciare la comunità di Ripepi, per il timore, indotto dal pastore di perdere la protezione di Dio e vedere distrutta la propria famiglia».

La bambina però si confida con alcuni suoi coetanei, sia a scuola che in comunità «suscitando –scrive il Giudice – le ire di Ripepi».

Una consorella andò a chiedere spiegazioni al capo spirituale «invocando l’allontanamento dalla chiesa dello zio (la cui anima il Ripepi stava, invece, personalmente curando)».

Invece i genitori trovano la forza per allontanarsi dalla comunità religiosa e a denunciare. Ma solo dopo aver lasciato quella comunità. Prima, secondo il giudice Paolo Ramondino «si sono fatti pesantemente condizionare dal pastore a capo della comunità religiosa da essi frequentata, cedendo alle sue assurde pressioni senza rendersi minimamente conto dell’abnormità della situazione».

Il Ripepi non sarebbe indagato, ma certamente quanto emerge dalle carte del Tribunale appare imbarazzante, soprattutto per il partito di Fratelli d’Italia, la cui leader nazionale è Giorgia Meloni.

Massimo Ripepi in merito a tale vicenda ha rilasciato una dichiarazione sulla propria pagina Facebook: Gli articoli di stampa che mi riguardano, pubblicati questa mattina, sono frutto di dichiarazioni che non hanno alcun fondamento fattuale, in quanto scaturiscono dalle dichiarazioni di una madre che in preda alla disperazione per averle il tribunale dei minori sottratto l’affidamento della figlia, ha fatto di tutto per cercare un capro espiatorio su cui scaricare sue esclusive responsabilità. E ciò è tanto vero che dopo aver perso la potestà genitoriale sulla bambina, la madre si è messa alla ricerca di persone che potessero aiutarla a riavere l’affidamento della stessa, sostenendo che fossi stato io a sconsigliarla di rivolgersi all’autorità giudiziaria. Di questo ho già da tempo informato il Pubblico Ministero procedente, indicando nomi e cognomi delle persone contattate dalla madre della bambina, specificando anche come a talune di queste la madre della minore abbia correttamente confessato che io Le avessi detto di decidere lei liberamente cosa fare. Il tempo di raccogliere con il mio legale di fiducia, Avv. Mario Santambrogio, tutte le notizie provenienti dalle carte del procedimento e sarà indetta una conferenza stampa per dire la verità. Concordo con la zelante giornalista di “Repubblica”, Alessia Candido: <<ed ora che si vada a guardare davvero cosa succede in quella Comunità>>. E’ giunta l’ora. Omnia vincit amor.

Adduso Sebastiano

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