“Un caffè senza timbrare infanga lo Stato, i pestaggi del G8 no, la legge va cambiata”

Genova, la Corte dei Conti e il danno d’immagine “Paga chi non timbra e non...

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Genova, la Corte dei Conti e il danno d’immagine “Paga chi non timbra e non i violenti in divisa”

«In Italia abbiamo una legislazione talmente irragionevole che consente di punire come danno all’immagine della pubblica amministrazione il dipendente che va a pendere un caffè senza timbrare, mentre è impossibile farlo per fatti terribili e gravissimi come quelli del G8 di Genova».
Il procuratore regionale della Corte dei conti Ermete Bogetti pronuncia queste parole nella sua relazione all’inaugurazione dell’anno giudiziario contabile.
E lo fa pochi istanti dopo aver annunciato che erano appena stati notificati a 28 degli imputati del processo per la prigione di Bolzaneto gli “inviti a dedurre” per la cifra complessiva di 12,4 milioni di euro.
Un importo “monstre” suddiviso in due tranche: 7,4 milioni di danno patrimoniale (ovvero i risarcimenti pagati dallo Stato alle 155 parti civili e di spese legali) e 5 per un danno all’immagine dell’amministrazione penitenziaria e dell’Italia.

Ma è assai probabile che quei cinque milioni non verranno mai riconosciuti.

Infatti, nei due precedenti procedimenti per fatti del luglio 2001 la Corte dei Conti ha sì condannato i responsabili delle botte e delle false accuse avvenute davanti alla Questura (appartiene alla storia la scena del minorenne con un occhio gonfio come un pallone e preso a calci da un dirigente Digos) e per il tentato omicidio, davanti alla scuola Diaz di Mark Covell, giornalista inglese massacrato a calci e manganellate da decine di agenti rimasti ignoti.

Ma le condanne hanno riguardato il solo danno patrimoniale e non per aver infangato la loro divisa o l’immagine del loro paese.

Tutta colpa, per Bogetti, della legge del 2009, il cosiddetto “lodo Bernardo” con il quale «il legislatore aveva voluto limitare drasticamente le fattispecie per le quali fosse risarcibile il danno… Per attuare tale proposito aveva individuato i reati contro la pubblica amministrazione come gli unici fatti ipoteticamente causativi di tale danno».

Con il risultato che altri reati anche più gravi di quelli del “lodo Bernardo” non danno origine al danno d’immagine. Bogetti parla di “irragionevolezza” di una norma grazie alla quale per «numerose fattispecie criminose di estrema gravità, ancorché i reati siano commessi in servizio o, addirittura, con l’abuso delle proprie funzioni, non è prevista la risarcibilità del rilevantissimo danno all’immagine che ne deriva».

Nella sua relazione Bogetti ha anche spiegato che per la vicenda Bolzaneto «Si sono individuati anche due soggetti – non condannati in sede penale – quali responsabili in via sussidiaria del danno patito dal Ministero della Giustizia, in ragione della loro posizione gerarchicamente sovraordinata agli altri appartenenti all’Amministrazione Penitenziaria».

Entrambi rivestivano degli incarichi di vertice nel Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Uno di loro, come già rivelato da Repubblica alcune settimane fa è Alfonso Sabella, all’epoca del G8 Capo del settore ispettivo del Dap che a Genova trascorse diversi giorni e molte ore a Bolzaneto senza però accorgersi delle violenze che lì vennero perpetrate per tre giorni. Inizialmente indagato venne prosciolto dal gip Lucia Vignale nonostante il provvedimento di archiviazione nei suoi confronti sia stato molto critico e il suo comportamento definito “negligente”. Sabella, che ha sempre sostenuto la sua buona fede e ha contestato le parole della Vignale, sta per rientrare in magistratura a Napoli dopo l’esperienza di assessore a Roma nella giunta dell’ex sindaco Marino.

Bogetti ha anche ricordato che sono in corso le istruttorie nei confronti degli ex alti dirigenti della polizia – condannati in sede penale – per i danni erariali derivanti dai risarcimenti ai manifestanti pestati e ingiustamente arrestati nella scuola Diaz

*larepubblica

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