L’ex eurodeputata Laura Comi di Forza Italia è stata arrestata dalla GdF

Arrestata per corruzione insieme ad un imprenditore leghista. False fatturazioni e incarichi fittizi. Intercettata diceva...

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Arrestata per corruzione insieme ad un imprenditore leghista. False fatturazioni e incarichi fittizi. Intercettata diceva “Dirò che non ho preso soldi”.

La Guardia di Finanza del Nucleo Polizia Economico-Finanziaria di Milano e della Compagnia Busto Arsizio, hanno arrestato, l’ex eurodeputata di Forza Italia Lara Comi, nonché l’imprenditore Paolo Orrigoni amministratore delegato dei supermercati Tigros Paolo Orrigoni (entrambi ai domiciliari) e il dg di Afol Metropolitana Giuseppe Zingale (in carcere). Gli arresti riguardano un nuovo filone dell’indagine “Mensa dei Poveri” che portò a 43 misure cautelari. La Comi, secondo l’ordinanza di arresto, avrebbe sfruttato il proprio ruolo pubblico di eurodeputata per ottenere “il massimo vantaggio in termini economici”.

L’ipotesi di accusa per l’imprenditore Paolo Orrigoni, amministratore dei supermercati, è corruzione nell’urbanistica, mentre per l’ex europarlamentare di Forza Italia Lara Comi, è di truffa all’Unione Europea e finanziamento illecito in consulenze fittizie alla propria società di marketing, nonché per un episodio di contestata corruzione in concorso con il direttore generale dell’«Afol-Agenzia per il lavoro» della Lombardia Giuseppe Zingale, invece finito in carcere.

È questa la coda di alcuni dei tanti filoni dell’indagine (denominata «mensa dei poveri») che lo scorso 7 maggio aveva determinato 43 misure cautelari (compresi l’eurocandidato forzista Pietro Tatarella e il sottosegretario alla Regione Lombardia Fabio Altitonante) per una miriade di reati contro la pubblica amministrazione.

Il 42enne Paolo Orrigoni, amministratore delegato della catena di supermercati Tigros fondata dal padre e dunque a capo di un gruppo da 700 milioni di euro di fatturato in più di 60 supermercati tra Lombardia e Piemonte con quasi 2.000 dipendenti, oggi sarebbe potuto essere il sindaco leghista di Varese (al posto dell’uscente Attilio Fontana attuale presidente leghista della Regione Lombardia) se nel 2016, dopo aver vinto il primo turno per 47 a 41 per cento, non fosse stato a sorpresa battuto al ballottaggio dalla rimonta al 51 per cento del centrosinistra (prima volta dopo 23 anni) di Davide Galimberti.

La ex europarlamentare di Forza Italia Lara Comi, che pochi mesi fa, nonostante i 32.000 voti nel collegio Centro-Nord, non era stata riconfermata nel suo seggio (e nella relativa preziosa immunità da eventuali arresti) perché il plurieletto capolista Silvio Berlusconi aveva scelto un’altra circoscrizione per cedere a un altro candidato il proprio posto in più. E così giovedì mattina la Comi, è stata posta agli arresti domiciliari dalla Gip Raffaella Mascarino per le ipotesi di «finanziamento illecito» dietro la fittizietà di consulenze alla sua società di marketing; e di «truffa al bilancio» dell’Unione Europea per i costi delle sedi a Varese di Forza Italia (dove Comi era coordinatrice provinciale del partito ai tempi del dominio invece di fatto di Gioacchino Caianiello) fatti pagare all’ignaro Parlamento Europeo con un escamotage attorno al legittimo rimborso di un contratto di portavoce a un ex giornalista del quotidiano «La Prealpina», chiamato a retrocedere però due terzi dello stipendio al giro di Caianiello nell’interesse di Comi.

E nel filone delle finte consulenze Comi è anche coindagata del presidente di Confindustria Lombardia, Marco Bonometti, patron della multinazionale di famiglia OMR (3.000 dipendenti, 600 milioni di fatturato, la Ferrari come primo cliente), papabile tra i prossimi candidati alla presidenza nazionale di Confindustria, che resta indagato e non è destinatario delle misure cautelari chieste per Comi dai pm Silvia Bonardi, Luigi Furno e Adriano Scudieri.

È emerso tra l’altro uno schema di finte consulenze, per circa 38.000 euro pagata dall’«Afol-Agenzia per il lavoro» della Lombardia alla società dell’eurodeputata Comi “Premium Consulting srl”, già da un colloquio del 29 novembre 2018 tra gli intercettati Giuseppe Zingale (direttore generale di Afol) e Gioacchino Caianiello uno apparentemente senza ruoli seppure con una condanna definitiva per concussione, ma in realtà il padrone di Forza Italia a Varese dove solo in teoria Comi era coordinatrice provinciale. Da quell’intercettazione i Pm avevano ipotizzato “contratti di consulenza a una società riconducibile a Comi da Afol per 38.000 euro (preliminare a un più ampio incarico che può arrivare a 80.000 euro), dietro promessa di retrocessione di una quota”.

L’opinione.

Uno dei nostri articoli su indagini di mafia è stato “Rompicoglioni, così l’arrestato per corruzione definiva i 5stelle nelle intercettazioni”. E da empirici conoscitori di trincea ribadiamo che il cancro socio-economico dell’Italia intera, ancora prima di quello mafioso, è la trasversale ipocrisia culturale e corruzione interiore. Tant’è che di tutta evidenza, tranne per chi non vuole o può vedere, certa avversità politico-istituzionale-mediatica, pubblica e privata, non è quella che si declama, bensì, in modo dissimulato, è l’insofferenza civile alla azzeccata (quanto travolgente per il decennale marcio sistema italiano) legge cosiddetta “spazzacorrotti” che quindi si vuole abolire, in quanto temuta oltremodo in questa Nazione da molti, troppi, variegati commedianti, cantastorie, gonfiati, corrotti, delinquenti e pletore di rispettivi profittatori, mercenari e trillo del “costituzionale” sistema pubblico-politico degli ultimi, almeno, cinquant’anni. L’Italia è risaputamente da tempo solo una diffusa collettrice, dagli scranni più alti fino all’ultimo sgabello, di mazzette, spartizioni, clientelismo, favoritismo e ladrocinio, tutto spesso legalizzato con norme nazionali e regionali ingannevoli alla stesura. Solo con leggi chiare, serie, ininterpretabili, efficaci e severissime, se ne potrà, forse, uscire. Salvo che noi italiani, nel segreto dell’urna, non votiamo ancora l’ipocrisia, corruzione e mafia. Ed essendo, per carità, per fortuna in democrazia, il voto è sovrano. Ma poi quanto meno non ci si lamenti delle cause dei propri mali, avendole elette.

Aduso Sebastiano

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