Sicilia, per avere il permesso di soggiorno si organizzavano matrimoni fittizi

I finti matrimoni erano tra ragazze residenti in Italia in cambio di mille euro e...

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I finti matrimoni erano tra ragazze residenti in Italia in cambio di mille euro e migranti clandestini di origine tunisina.

L’operazione denominata Paraninfo, ha portato alla denuncia di undici persone per favoreggiamento all’immigrazione clandestina da parte della Guardia di Finanza di Mazara del Vallo che, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Marsala, ha denunciato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina undici persone residenti tra Mazara del Vallo, Campobello di Mazara, Castelvetrano e Ribera.

Venivano combinati finti matrimoni tra immigrati clandestini tunisini e complici donne residenti le quali, in cambio di mille euro, come da loro stesse ammesso in sede di interrogatorio, e alla presenza di testimoni altrettanto conniventi, si sono prestate a simulare il proprio assenso a contrarre matrimonio civile negli appositi riti officiati da pubblici ufficiali presso i Municipi di Campobello di Mazara, Castelvetrano e Ribera.

I migranti clandestini, falsi sposi, potevano ottenere così il permesso di soggiorno da utilizzare per spostarsi liberamente all’interno dell’Unione Europea.

Una coppia di coniugi di Campobello di Mazara, formata da un residente di origini tunisine e dalla moglie di origini campobellesi, si occupava di reclutare le donne consenzienti con cui organizzare i finti matrimoni.

Gli sposi, com’è emerso dalle indagini, anche se uniti sulla carta non avevano alcun tipo di rapporto, conducendo vite completamente separate.

I migranti tunisini che riuscivano a sposarsi pagavano in tre modi, o con somme di denaro ammontanti a 15.000 dinari tunisini (circa euro 5.000) oppure assicurando la propria disponibilità a detenere e rivendere sigarette importate di contrabbando dalla Tunisia. Alcuni di loro sono stati anche scafisti di gommoni veloci utilizzati per il trasferimento di migranti dalle coste tunisine a quelle mazaresi.

L’immagine è tratta dal sito della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Marsala.

Adduso Sebastiano

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