Bimba contesa tra Viterbo e Baressa: dalla parte della bambina

La bimba di tre anni affidata al padre dal tribunale e strappata alla mamma con...

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La bimba di tre anni affidata al padre dal tribunale e strappata alla mamma con l’intervento delle forze dell’ordine. Le possibili conseguenze del trauma.

Fino a qualche anno fa, i bambini piccoli non venivano mai strappati alle mamme e la ragione era scientifica: i bambini hanno bisogno della mamma perché fra mamma e bambino c’è un legame unico. Sono le carezze materne, nel neonato, a sviluppare le sue capacità cognitive. E’ il modo in cui la mamma instaura sin dai primi giorni la relazione con il suo bambino, a determinare il modo in cui quest’ultimo, negli anni a venire, si relazionerà con i coetanei e con la società tutta. Per Winnicott, infatti, “…la salute mentale dell’individuo è fondata sin dall’inizio dalla madre che fornisce ciò che ho chiamato un ambiente facilitante, tale cioè da permettere ai processi di crescita naturali del bambino e alle interazioni con l’ambiente, di evolversi in conformità al modello ereditario dell’individuo. La madre, senza saperlo, sta gettando le basi della sua salute mentale. Non solo, sta ponendo le fondamenta della forza, del carattere e della ricchezza della personalità dell’individuo.

A questa figura fondamentale per lo sviluppo psichico si richiedono pertanto numerose e specifiche qualità ma, “quando una madre ha la capacità di essere semplicemente una buona madre, non dobbiamo interferire”, in quanto una buona madre sa quello di cui il bambino ha bisogno in quel determinato momento’. (Tratto dal libro: “Mondo affettivo e mondo economico” DI Emidio Tribulato)

Se tanti studi dicono il vero, come mai si è privata una bambina di soli tre anni della mamma?

Da un’intervista alla mamma: “Io e il mio ex marito siamo separati di fatto dal 2016. Nella sua ultima ordinanza, il giudice ha stabilito l’affidamento esclusivo della nostra unica figlia al padre, con collocamento immediato a Viterbo, adducendo la motivazione che se io voglio starle più vicina devo vivere nel Lazio. “…’Ha provato a trasferirsi a Viterbo?-‘ “Certo, ci ho provato, ma ho riscontrato delle enormi difficoltà nel cercare lavoro e una casa, visto che non ho avuto l’assegnazione della casa coniugale. In più, mi è stato revocato l’assegno di mantenimento (150 euro. ndr) perché sono laureata in giurisprudenza, per cui non ho neanche modo di affittare una stanza, chiedere un prestito, perché non ho busta paga… ’’…mi viene impedito di fatto di vederla, anche nei giorni previsti dall’ordinanza. Una modalità di affidamento esclusivo, insomma, in più con la facoltà per il padre di intraprendere le decisioni più importanti della vita della bambina. Alla resa dei conti, si tratta di un affido mono genitoriale blindato: io come mamma non ho nessun diritto, giuridicamente sono stata estromessa dalla vita della piccola e fisicamente non sono in grado di gestire il mio ruolo materno”.

E la bambina, aggiungiamo, è stata privata della mamma. Un fatto traumatico e gravissimo.

Con la legge 54 del 2006 (affido condiviso), si è stabilito che entrambi i genitori siano responsabili dei figli in eguale misura, scegliendo spesso per loro un collocamento prevalente presso uno dei due genitori o doppio, a cadenze stabilite. In merito alla legge, la Cassazione afferma:’ “Perché possa derogarsi alla regola dell’affidamento condiviso, occorre … .che risulti, nei confronti di uno dei genitori, una sua condizione di manifesta carenza o inidoneità educativa o comunque tale appunto da rendere quell’affidamento in concreto pregiudizievole per il minore … (come nel caso, ad esempio, di un sostanziale disinteresse di uno dei genitori per le complessive esigenze di cura, di istruzione e di educazione del minore), con la conseguenza che … l’esclusione della modalità dell’affidamento condiviso dovrà risultare sorretta da una motivazione non più solo in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa del genitore che in tal modo si escluda dal pari esercizio della potestà genitoriale e sulla non rispondenza, quindi, all’interesse del figlio dell’adozione, nel caso concreto, del modello legale prioritario di affidamento…”.

Leggendo i vari articoli sul caso di Baressa, non mi pare si evinca che queste condizioni siano state riscontrate, ma soprattutto non mi pare si evidenzi a sufficienza il trauma che può subire una bambina di tre anni nel vedersi portare via alla mamma. La pratica del prelevamento forzoso del minore, a mio avviso, dovrebbe essere attuata solo in presenza di violenze con conseguente rischio per l’incolumità del bambino. In pratica, un rimedio estremo per situazioni gravissime. Negli ultimi anni, invece, abbiamo assistito a prelevamenti forzosi a scuola, in casa o all’asilo, con un dispiego di mezzi e forze dell’ordine da fare invidia alla DDA. Serviva davvero? E’ stato utile? Avrà causato traumi indelebili nei bambini contesi? Nessuno se lo è domandato e pochi hanno criticato questo modus operandi. Qualche anno fa una bambina di nove mesi venne strappata addirittura dal suo seggiolone. Era necessario? Si poteva agire altrimenti?

Quando due genitori si separano, oltre che dei dissidi o delle motivazioni, bisognerebbe parlare dei bambini e dei danni che certi provvedimenti possono causare loro. Bisogna parlare della privazione degli affetti più importanti, della paura, dell’incapacità di capire ed elaborare quanto accade intorno a loro. Gli adulti, che hanno capacità di discernimento, ogni tanto dovrebbero ricordarsi di essere stati un tempo bambini anche loro e provare ad immaginare come si sentirebbero se il loro mondo sparisse con violenza in un istante.
Ai Garanti dell’Infanzia che per lavoro si occupano dei bambini, chiederei soltanto di impegnarsi per far sì che questi vengano rispettati e trattati con la stessa umanità con cui si trattano gli adulti. E ai padri disposti a tutto pur di avere ragione sulle loro ex mogli, ricorderei il racconto della Bibbia delle due madri (una vera e una falsa) di fronte a Re Salomone: la vera mamma preferì rinunciare a suo figlio, pur di non vederlo tagliare in due. All’altra, bastava avere ragione.

 

R. Lerici

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