37° anniversario dell’eccidio mafioso del Giudice Rocco Chinnici

Il 37° anniversario a Palermo della strage in cui morirono il Giudice Rocco Chinnici, i...

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Il 37° anniversario a Palermo della strage in cui morirono il Giudice Rocco Chinnici, i Carabinieri di scorta, e il portiere dello stabile.

Rocco Chinnici è stato un Magistrato italiano. Il suo nome è legato all’idea dell’istituzione del “pool antimafia”, che diede una svolta decisiva nella lotta alla mafia. Fu assassinato da ‘cosa nostra’ il 29 luglio 1983 a Palermo.

Oggi, alle ore 09:30, in via Pipitone Federico, luogo dell’eccidio, alla presenza delle massime Autorità della Provincia e della Città di Palermo, dei familiari delle vittime e di numerose autorità civili e militari è stata deposta una corona d’alloro per ricordare il 37° anniversario della strage in cui persero la vita il Giudice Rocco CHINNICI, i Carabinieri di scorta, Maresciallo Ordinario Mario TRAPASSI e Appuntato Scelto Salvatore BARTOLOTTA, e il portiere dello stabile Stefano LI SACCHI. È seguita nella chiesa di San Michele Arcangelo, in via Sciuti la Santa Messa. Al termine della funzione sono intervenuti l’Avv. Giovanni Chinnici, il Procuratore Generale Roberto Scarpinato, il Presidente della Corte d’Appello Matteo Frasca e il Generale Arturo Guarino, Comandante Provinciale dei Carabinieri. La cerimonia si è conclusa con le parole dell’Europarlamentare Onorevole Dott.ssa Caterina Chinnici (figlia del Giudice Rocco).

Sul finire degli anni 70, il tenace magistrato di Cassazione Rocco Chinnici si trova in prima linea per la lotta contro la criminalità organizzata in Sicilia: assistito dal giovane Paolo Borsellino, Chinnici lavora ad un’inchiesta legata al riciclaggio di denaro e ad appalti truccati, dietro i quali, insieme allo spaccio di droga, si arricchiscono le cosche mafiose di Palermo.

Durante le indagini, Rocco Chinnici scopre la fitta rete del traffico di stupefacenti gestita dalla mafia dall’Italia fino agli Stati Uniti. Nella sua dimora estiva di Salemi, Chinnici e Borsellino incontrano Cesare Terranova, tornato in Sicilia per lavorare nella Magistratura palermitana, che passa ai due importanti informazioni riguardanti il Clan dei Corleonesi, prossimo a salire alla ribalta per prendersi il potere, scalzando la concorrenza dei boss palermitani.

Ma negli ambienti della Magistratura la situazione non è molto semplice, e chi si espone in prima linea per la lotta alla mafia spesso rimane isolato e vulnerabile. Mentre l’inchiesta va avanti, il magistrato Terranova viene assassinato. Chinnici e i suoi colleghi capiscono che la loro vita è in pericolo, e la mafia è pronta a spingersi oltre, per fermarli. Per evitare che il lavoro di ogni magistrato possa andar perduto dopo la morte, Chinnici ha l’idea di creare una squadra di magistrati che, collaborando intensamente, possa portare avanti l’inchiesta, un pool antimafia. Ma la mafia colpisce di nuovo la magistratura: il procuratore Costa, che stava portando avanti un importante lavoro, viene barbaramente ucciso.

Dopo questo omicidio e le numerose telefonate di minaccia, Chinnici e la sua famiglia si ritrovano coinvolti in una spirale di paura e sgomento, e al magistrato viene assegnata una scorta armata. Su richiesta di Chinnici, che intanto ha preso il posto di Terranova come dirigente dell’ufficio istruttorio, entra a far parte del pool anche un amico di Borsellino: Giovanni Falcone. I clan mafiosi iniziano una sanguinosa guerra tra loro, come già ipotizzata in passato da Terranova, e la situazione si fa sempre più difficile. Chinnici è deciso ad indagare anche in ambienti apparentemente lontani dal fenomeno mafioso, e si mette contro i fratelli Ignazio e Antonino Salvo, imprenditori collusi.

Gli uomini della scorta scoprono che Chinnici viene pedinato persino nella sua proprietà in campagna, e il magistrato è costretto ad abbandonare l’abitazione proprio poco dopo il matrimonio della figlia. La mattina del 29 luglio 1983, dopo aver salutato la famiglia ed essersi avviato in Tribunale, Rocco Chinnici rimane ucciso assieme alla scorta nell’esplosione di un’auto, carica di tritolo, parcheggiata sotto il suo palazzo.

Insieme a Rocco Chinnici morirono i due carabinieri della scorta, il Maresciallo Mario Trapassi e l’Appuntato Salvatore Bartolotta, e il portiere dello stabile, Stefano Li Sacchi. I feriti furono 17. A loro va la gratitudine di tutto il Paese per aver sacrificato le proprie esistenze al servizio della Giustizia e dello Stato.

La squadra del pool continuerà il suo lavoro portando avanti la lotta alla mafia. Le indagini avviate da Chinnici furono portate avanti da Caponnetto, Falcone e Borsellino. I mandanti e gli esecutori della strage furono condannati con sentenza definitiva nel 2003.

In Corte d’assise d’appello il Giudice Antonino Saetta si contraddistinse per le dure pene inflitte ai sicari di Rocco Chinnici. Fu poi anche lui ucciso, insieme al figlio Stefano, in un tragico attentato il 25 settembre 1988 a Caltanissetta.

Il processo per l’omicidio ha individuato come mandanti i cugini Nino e Ignazio Salvo, esponenti politici aderenti alla Democrazia Cristiana, affiliati alla cosca mafiosa di Salemi in provincia di Trapani, amici di Salvo Lima eurodeputato e più alto esponente politico in Sicilia della corrente andreottiana nonché collegato alla mafia corleonese, dal quale ottennero l’appalto per la riscossione delle tasse a Palermo e negli anni successivi si accaparrarono enormi cifre provenienti dai contributi europei, stanziati per l’agricoltura siciliana, attraverso le aziende fondate con i ricavi esattoriali stessi. Il giudizio si è concluso con 12 condanne all’ergastolo e quattro condanne a 18 anni di reclusione per alcuni fra i più importanti affiliati di Cosa nostra.

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