Ennesimo caso di indebito reddito di cittadinanza

È accaduto nel palermitano. Lei percepiva il reddito e lui lavorava in nero. Ennesimo caso...

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È accaduto nel palermitano. Lei percepiva il reddito e lui lavorava in nero. Ennesimo caso che in un mese sono arrivati a venticinque.

La moglie aveva già incassato oltre mille euro di reddito di cittadinanza, ma il marito lavorava in nero in un bar. A scoprirlo sono stati i Carabinieri della Stazione di Acqua dei Corsari a Palermo insieme ai militari del nucleo Ispettorato del lavoro. Nei guai è finita una coppia di coniugi palermitani, lui di 35 anni e lei di 30, per i quali è scattata la denuncia in stato di libertà. Dalle indagini, infatti, è emerso che alla donna erano già stati corrisposti 1.050 euro ma il marito è stato sorpreso dai militari intento a lavorare come pasticcere all’interno del laboratorio di un bar nel quartiere Oreto. La carta acquisti è stata sequestrata.

In un mese e mezzo scoperti in Sicilia 25 indebite percezioni di reddito di cittadinanza, una decina nella sola provincia di Palermo. Sono i numeri forniti dal comando del Nucleo Ispettorato del lavoro.

E nei guai è finito anche il titolare della pasticceria. Nei locali, infatti, i militari hanno scovato altri tre lavoratori in nero e per l’uomo sono scattate sanzioni e ammende per un totale di 112mila euro. I Carabinieri del Nucleo anti sofisticazioni di Palermo, infine, hanno accertato la detenzione, la lavorazione di alimenti in cattivo stato di conservazione nonché carenze igienico-sanitarie e la mancanza del piano di autocontrollo elevando. Il laboratorio è stato sottoposto a sequestro giudiziario e sono state elevate sanzioni amministrative per un totale di 2.000 euro.

“In questi ultimi mesi durante gli ultimi accessi ispettivi in cantieri edili, attività commerciali, attività di ristorazione ogni qualvolta abbiamo individuato lavoratori in nero abbiamo fatto controlli incrociati con la piattaforma Inps per verificare se queste persone avessero fatto richiesta del reddito di cittadinanza. Nei casi in cui la persona che lavorava in nero aveva fatto richiesta o aveva già percepito il reddito di cittadinanza abbiamo richiesto al Caf la documentazione della sua domanda attestante dichiarazioni mendaci che è stata trasmessa all’autorità giudiziaria e sono così scattate le denunce” dice il Comandante del Nucleo Ispettorato del lavoro, tenente colonnello Pierluigi Buonomo.

Nelle scorse settimane, sempre i Carabinieri, avevano scovato un uomo di 52 anni intento a eseguire lavori di ristrutturazione in un appartamento. Muratore in nero ma con in tasca già 300 euro di reddito di cittadinanza, una prima tranche degli oltre mille che a breve gli sarebbero stati corrisposti. Nelle settimane precedenti un’altra coppia era stata denunciata Reddito di cittadinanza, scoperti i primi furbetti in Sicilia. La norma, pene e sanzioni” nelle Madonie. In quel caso durante l’ispezione in un cantiere edile privato era stato scovato un lavoratore irregolare. I controlli, però, avevano fatto emergere come la moglie dell’uomo avesse presentato la domanda, accolta ma con pagamento ancora non eseguito, per il reddito di cittadinanza per l’intero nucleo familiare.

In genere, nei casi finora riscontrati la dinamica è analoga: la moglie disoccupata va al Caf e fa richiesta del reddito di cittadinanza per l’intero nucleo familiare mentre il marito lavora in nero. “Ogni volta il reato viene compiuto in concorso da marito e moglie” aggiunge il Comandante BuonomoQueste persone avranno un processo immediato e rischiano da uno a sei anni di carcere. La materia, dal punto di vista giudiziario, deve essere ancora affrontata dai giudici in sede di Tribunale ed è del tutto nuova. Se le persone denunciate sono pregiudicate per loro c’è un rischio concreto di andare in carcere“.

Come si era scritto in queste pagine nell’articolo sopra evidenziato, la legge 28 marzo 2019 , n. 26 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni” prevede, detto in sintesi, anche il reato di truffa aggravata con reclusione da due a sei anni passando anche per la revoca del Reddito con restituzione di quanto già percepito fino ad arrivare alla semplice decadenza dal beneficio. Queste sono in sintesi le conseguenze che potrebbero presentarsi a coloro che percepiscono il sussidio statale e sono anche lavoratori in nero.

In sostanza coloro che lavorano in nero rischiano innanzitutto sanzioni penali. È punito infatti con la reclusione da due a sei anni chi per ottenere il Reddito rende dichiarazioni o produce documenti falsi o attestanti informazioni non vere ovvero omette informazioni dovute. Pene inferiori da uno a tre anni, sono invece previste per coloro che non comunicano variazioni di reddito o altre informazioni comunque rilevanti per la riduzione o la revoca del Reddito, entro i seguenti termini: 30 giorni in caso di instaurazione di un rapporto come lavoratore dipendente o di avvio di attività d’impresa; 15 giorni in caso di modifica della situazione patrimoniale che comporti la perdita dei requisiti per il sussidio. Chi viene condannato in via definitiva per le fattispecie citate incorre anche nel reato di truffa aggravata finalizzata al conseguimento di erogazioni pubbliche, prevista dall’articolo 640 bis del Codice penale.

L’Ispettorato nazionale del lavoro in un suo documento di programmazione dell’attività di controllo per l’anno 2019 ha annunciato specifiche iniziative volte a verificare l’esistenza e il mantenimento dei requisiti per accedere al Reddito, con particolare attenzione proprio ai lavoratori in nero. In particolare, nell’ambito dei 147.445 accessi ispettivi previsti per l’anno corrente, saranno programmate iniziative specifiche volte a verificare l’esistenza o il mantenimento dei requisiti richiesti dalla normativa per ottenere il Reddito di cittadinanza. Nel concreto si accerterà l’eventuale occupazione di lavoratori in nero attraverso un’opera di incrocio dei dati come la mancata partecipazione ai percorsi di politica attiva che, secondo l’Ispettorato, potrebbero essere un segnale dello svolgimento di attività irregolari ovvero, nei casi più gravi, rappresentare la punta dell’iceberg di un sistema più complesso di truffa aggravata ai danni dello Stato, realizzato con il coinvolgimento di imprese o professionisti.

L’opinione.

Il mero suggerimento ai conterranei e concittadini è di non rischiare per qualche centinaio di euro di rovinarsi l’esistenza dovendo poi anche correre dietro avvocati e Tribunali. Emulare i decennali esempi di “furbi” del sistema pubblico-politico siciliano e italiano ci può rovinare. La razzia dell’Italia (e della Sicilia) è sempre stata di tutta evidenza, tranne per chi non può e non vuole vedere, simmetricamente preordinata con leggi ipocrite e deviate dagli stessi Governi e collegate Maggioranze Parlamentari nonché da fior fiore di Giuristi nei Ministeri e Assessorati, i quali rispettivamente propugnavano ed esplicitavano norme già ingannevoli alla genesi. Nel caso del Reddito di Cittadinanza invece, recente legge voluta dal Movimento5stelle, seppure ancora non ci sono pronunce giurisprudenziali (sentenze di Giudici), non sembra che echeggi del culturale slogan nazionale “fatta la legge trovato l’inganno”. Non si imitino pertanto i predoni patinati dell’annoso sistema pubblico-politico italiano e siciliano. Al contrario questi si devono eliminare, specialmente nella cabina elettorale. Anzi si dovevano eliminare nella cabina elettorale.

Adduso Sebastiano

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