I discorsi di Mino Martinazzoli in Consiglio Regionale. Presentazione del libro e intervento di Paolo Corsini

Interventi in Consiglio Regionale di Mino Martinazzoli dal 2000 al 2005. Una raccolta preziosa presentata...

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Interventi in Consiglio Regionale di Mino Martinazzoli dal 2000 al 2005. Una raccolta preziosa presentata alla Biblioteca del Senato dagli Onorevoli Paolo Corsini, Galperti, Pisanu e Zanda.

Roma – “Un’altra idea di Lombardia” è un volume che raccoglie i discorsi in Consiglio Regionale dal 2000 al 2005 dell’indimenticato Mino Martinazzoli, a cura di Roberto Tagliani e Danilo Aprigliano. La vita politica di Mino al servizio delle istituzioni è stata intensa e articolata e questo libro, oltre a mettere in evidenza la sua personalità intelligente e sensibile, consente di cogliere spunti e insegnamenti dal suo impegno per le istituzioni, portato avanti fino alla fine con passione e poliedricità.

Presentata il 13 giugno all’aula Spadolini della Biblioteca del Senato, questa pubblicazione detta il pensiero univoco dello statista bresciano sulla sua Regione e rappresenta un preludio, un’anteprima alla presentazione degli interventi parlamentari la cui pubblicazione è prevista per il prossimo settembre.

Alla presentazione del Libro sono interventi: il Senatore Luigi Zanda, Presidente del Gruppo Democratico al Senato, il Senatore Paolo Corsini che con Martinazzoli ha condiviso un’intera stagione amministrativa, l’On. Guido Galperti, che con Mino ha condiviso un’esperienza di una candidatura difficile e complessa e ha vissuto con lui una vita di consiglio raccogliendo intime confidenze e testimonianze di uno spaccato di vita non solo politico ma anche molto umano. Infine l’On. Giuseppe Pisanu, che ha avuto una carriera lunga e radicata nella vita politica del Paese, fornisce una visione della vicenda di Mino dal un punto di vista economico-finanziario. Moderatore dell’evento è stato il consigliere bresciano Gianni Girelli.

Guido Galperti ricorda i temi più “discussi” con Mino in Consiglio Regionale. Dal Federalismo al Presidenzialismo, la raccolta dei suoi discorsi rappresentano l’impegno forte e vero di un’intera legislatura.

Uno dei capitoli più suggestivi della biografia di Martinazzoli è senz’altro quello delle riforme. Sulla discussione relativa al referendum costituzionale, l’on. Giuseppe Pisanu esterna una personale riflessione: se a suo tempo si fosse prestata maggiore attenzione alla diversità dei compiti tra Parlamento e Governo, molto probabilmente si sarebbero raggiunte intese più rapide, e il referendum non ci sarebbe mai stato. Mino fu tra i maggiori protagonisti del confronto nazionale sulle riforme costituzionali,  ma anche sul concetto di Democrazia. A tal riguardo, le sue parole, pronunciate 8 anni prima della grande crisi, oggi suonano come profetiche, infatti molti studiosi ed esperti si interrogano su come e perché oggi falliscono le Nazioni, muoiono le economie e crollano le istituzioni: occorrono istituzioni politiche che siano in grado di spingere le istituzioni economiche e finanziarie a produrre non soltanto beni e servizi ma più giustizia sociale e una più equa distribuzione del potere. Ma per fare questo occorre che la politica ristabilisca la sua superiorità morale, il suo primato, il suo dominio sull’economia e la finanza.

Intervento del Senatore Paolo Corsini alla presentazione del libro
Intervento del Senatore Paolo Corsini alla presentazione del libro

L’appassionato intervento del Senatore Paolo Corsini ci ricorda come la candidatura di Mino Martinazzoli al Consiglio Regionale della Lombardia sia stata “una corsa verso la morte”: Mino ha vissuto quei 5 anni come una sorta di vero e proprio calvario, con la consapevolezza di ciò che avrebbe dovuto affrontare in quel quinquennio, pronto a sacrificarsi.

Per Martinazzoli è centrale questa successione: riflessività-argomentazione-aforisma. “Pochissimi sono i politici che possono essere riconoscibili come Mino per gli aforismi che ha utilizzato– ci ricorda il Sen. Corsini. La politica di Martinazzoli è intrisa di aforismi e ce ne rammenta alcuni citati anche a memoria. Mino aveva una straordinaria preparazione filosofica e teologica e quando parla di Nicodemo, il discepolo fariseo membro del Sinedrio e dottore della Legge, dice: la ragione sa tutto ma non sa nient’altro, oppure parafrasando Charleston, dice: ma quel signore non crede più in Dio. Eppure questo è il suo problema: non credendo più in Dio non è che non crede più a nulla, anzi… purtroppo crede a tutto.

In Martinazzoli è illuminante il gusto del paradosso che ha però incidenza sulla realtà. Quando dice che “Le maggioranze hanno ragione di governare… ma non governano perché hanno ragione”, esprime limpidamente l’idea che il consensus omnium non è il criterio della verità.

Il Senatore Corsini cita poi anche l’interessante concetto di “democrazia come limite all’abuso del potere sugli sconfinamenti”: ci ricorda di un bellissimo epistolario tra Martinazzoli e Noberto Bobbio in cui viene ripreso questo tema dai due, e Mino ribadisce il compito della politica che è quello che vincola agli abusi del potere.

Ci dettaglia poi i “limiti della politica” nei confronti della coscienza, della vita e dei partiti.

Nei confronti della coscienza perché la politica non può pensare di esprimere la totalità dei valori della coscienza; nei confronti della vita perché la politica non può compiere un’arbitraria intrusione e produrre un eccesso di normazione sui grandi temi della politica che afferiscono alla vita di tutti, così come nei confronti dei partiti auspica un ritorno dei partiti “al loro posto”. Quindi la politica ha un limite. Sono questi alcuni dei temi fondamentali delle riflessioni di Mino Martinazzoli.

Per Paolo Corsini, lo statista bresciano “è un cattolico liberale che esalta la libertà della coscienza con un’obbligazione del valore percepito, come ontologia della libertà che contempla il dubbio e l’inquietudine. Questo era Mino Martinazzoli: un politico assolutamente controcorrente e per molti versi innaturale sotto il profilo politico, cioè del modo in cui pensa il sistema politico. Lui è il massimo interprete di una politica del centro che per lui non è una topografia né un luogo, il centro è una relazione di stili, di costumi, è il luogo della cooperazione, della composizione conciliativa dei conflitti, è espressione di una politica che si fonda innanzitutto sulla critica della politica”. E aggiunge: “Quando nasce il Partito Democratico, Martinazzoli non si iscrive al PD (né alla Margherita) perché essendo l’ultimo interprete della tradizione cattolico-democratica, crede fermamente nell’autonomia dei cattolici democratici e nella possibilità di fare del popolarismo”.

Ci descrive un Martinazzoli estremamente sferzante nei confronti dell’evoluzione del sistema politico, da proporzionalista non aveva mai accettato il bipolarismo vero e proprio, era sferzante nei confronti dei partiti. Parlando dei comunisti diceva che “pretendono di aver ragione e di aver avuto torto”, non sanno dirci cioè qual è la loro idea del futuro e questo spiega anche la mancata alleanza con Occhetto. Mettendosi al centro, Martinazzoli impedì lo sconfinamento berlusconiano nell’area del centro.  E infine, rispetto allo slogan “più società, meno Stato”, Mino diceva “più società e più Stato”, cioè meno mercato dello Stato, così come per la Sanità, lo slogan era “Il mercato della Sanità fa male alla Salute”.

Tornando ai temi di fondo riguardante la sua idea di democrazia, Mino ritiene che l’interpretazione di democrazia non è mai stata quella di una forte personalizzazione da leadership, né di una semplificazione delle regole, l’idea di democrazia è data dalla coniugazione dalla rappresentatività e dalla partecipazione.

Infine, riguardo al tempo della Costituzione (dove per Martinazzoli il tempo non è una mai durata ma una profondità), lo statista scrive: “Non è il tempo delle convenienze immediate della politica politicante: le costituzioni hanno una durata storica, non possono essere schiacciate sulle esigenze della politica, le costituzioni vanno lette sulla prospettiva della lunga durata”.

Per quanto riguarda il suo essere democristiano, Mino ha sempre teorizzato la coniugazione tra la regola democratica e il principio cristiano: questo è il senso di esser stato democristiano.

Maria D’Auria

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