DL 2005 ZAN: come, perché e chi, ieri, l’ha affossato al Senato VIDEO

DL 2005 ZAN: contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso come, perché e chi, ieri, l’ha affossato al Senato.

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DL 2005 ZAN: contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso come, perché e chi, ieri, l’ha affossato al Senato.

L’Aula del Senato ha votato a favore della cosiddetta «tagliola», chiesta da Lega e FdI. Salta, così, l’esame degli articoli e degli emendamenti del ddl Zan, bloccando — di fatto — l’iter.

A favore, 154 senatori, 131 i contrari e due astenuti. Il risultato della votazione, avvenuta a scrutinio segreto, è stata accolta dagli applausi ed esultanze da parte del centrodestra.

A seguire tutto l’iter che si è avuto al Senato e che ha portato l‘Assemblea ad approvare, con votazione a scrutinio segreto, la proposta di non passare all’esame degli articoli del ddl 2005, misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità, già approvato dalla Camera dei deputati (c.d. dl Zan).

LA DISCUSSIONE.

La discussione generale, sospesa lo scorso 20 luglio, si è conclusa oggi con gli interventi dei sen. Cucca, Donatella Conzatti (IV-PSI), Anna Rossomando, Mirabelli, Marcucci (PD), Fulvia Caligiuri, Barboni, Licia Ronzulli (FIBP), Ostellari, Maria Saponara, Romeo (L-SP), Quagliarello (Misto), Emma Pavanelli (M5S).

Il sen. Cucca (IV-PSI) ha ricordato che una soluzione condivisa è alla portata del Parlamento; ha quindi esortato il PD a fermarsi per riprendere il confronto: l’arroccamento ideologico affossa il provvedimento.

La sen. Rossomando (PD) ha replicato che l’esame deve proseguire.

Il sen. Ostellari (L-SP) ha ricordato che le audizioni svolte in Commissione hanno fatto emergere nodi giuridici ora ampiamente riconosciuti: la maggioranza dell’Assemblea vuole una legge condivisa contro le discriminazioni sessuali, soltanto il PD si oppone a questa soluzione.

Il sen. Quagliarello (Misto) ha rilevato che il ddl non introduce nuovi diritti bensì sanzioni penali che, investendo il campo delle opinioni, aprono il varco all’arbitrio; parità e identità di genere non possono stare insieme: il diritto all’autopercezione sessuale rischia di vanificare decenni di lotte femministe, la fluidità di genere non va confusa con la libertà di scelta e non ha nulla a che fare con la lotta contro le violenze.

Il sen. Balboni (FdI) ha osservato che la controversia non riguarda il contrasto alla violenza: il Gruppo ha presentato un emendamento che introduce aggravanti se il reato è commesso per motivi sessuali; il punto controverso riguarda l’introduzione di un reato di opinione: l’istigazione alla discriminazione, unitamente all’identità di genere basata sulla percezione soggettiva, rende perseguibili opinioni non allineate al pensiero unico.

Il sen. Mirabelli (PD) ha negato che l’intento della legge sia quello di perseguire opinioni; ha rivendicato al suo Gruppo il merito di aver portato in Aula il testo, ricordando che le audizioni in Commissione hanno avuto un intento ostruzionistico.

La sen. Caligiuri (FIBP) ha osservato che il testo della Camera non è intangibile: un’eventuale modifica approvata dal Senato non vanificherebbe l’obiettivo condiviso di rafforzare le misure contro le discriminazioni.

La sen. Ronzulli (FIBP), dopo aver rilevato i profili illiberali del testo, ha affermato che l’affossamento di una legge contro le discriminazioni sessuali va imputato all’atteggiamento oltranzista e arrogante del PD.

Il sen. Romeo (L-SP) ha osservato che i Gruppi di maggioranza avrebbero dovuto concordare il testo, evitando forzature: per evitare il voto sul non passaggio agli articoli ha proposto il rinvio ad altra seduta.

La sen. Pavanelli (M5S) ha ribadito che l’odio per motivi sessuali è un’emergenza.

Il sen. Calderoli (L-SP), illustrando la proposta di non passaggio agli articoli, ha rilevato che il confronto è stato trasformato in una rissa ideologica: nel mese di giugno era prossimo un accordo sul testo, le forzature successive hanno mirato ad impedire l’approvazione di emendamenti.

Il sen. La Russa (FdI), illustrando la proposta di non passaggio agli articoli, ha ribadito che l’attuale testo non mira a tutelare persone discriminate, bensì a limitare la libertà di espressione del pensiero.

Il Presidente del Senato ha ritenuto ammissibile la richiesta di votazione a scrutinio segreto.

Il sen. Zanda (PD), richiamando l’articolo 113 del Regolamento, ha manifestato dissenso rispetto alla decisione presidenziale: la proposta di non passaggio agli articoli è un voto procedurale, lo scrutinio segreto dovrebbe riguardare invece norme sostanziali. Ha poi rilevato che, ove la proposta di non passaggio agli articoli fosse respinta, l’esame proseguirebbe e il testo potrebbe subire modifiche.

Anche la sen. De Petris (Misto-LeU) non ha condiviso l’ammissione del voto segreto e ha accusato di malafede coloro che manifestano disponibilità al confronto ma chiedono il non passaggio agli articoli e lo scrutinio segreto.

Il sen. Gasparri (FIBP) ha invece condiviso la decisione di ammettere lo scrutinio segreto su una questione che incide sui principi costituzionali richiamati dall’articolo 113 del Regolamento.

I sen. Calderoli (L-SP) e Ciriani (FdI) hanno argomentato che il non passaggio agli articoli, a differenza della sospensiva e della pregiudiziale, è un passaggio non procedurale ma di merito.

Secondo il sen. Perilli (M5S) la richiesta di voto segreto maschera la volontà di sabotare la legge sottraendosi alle proprie responsabilità. Il Presidente del Senato ha motivato la sua decisione richiamando Regolamento, precedenti, pronunce della Giunta e citando in particolare i criteri della prevalenza e dell’incidenza su principi costituzionali.

Nelle dichiarazioni di voto:

la sen. Unterberger (Aut), pur annunciando contrarietà al non passaggio agli articoli, ha riconosciuto che il centrodestra ha fatto molti passi avanti verso un’intesa e che il concetto di identità di genere non dovrebbe entrare in una fattispecie penale.

Il sen. Malan (FdI) ha dichiarato voto favorevole alla proposta che respinge il tentativo di introdurre surrettiziamente questioni ideologiche, relative all’identità di genere, in un provvedimento contro le discriminazioni.

Le sen. Malpezzi (PD), De Petris (Misto-LeU) e Maiorino (M5S), annunciando voto contrario, hanno accusato il centrodestra di sottovalutare il problema delle discriminazioni sessuali, di aver fatto ricorso all’ostruzionismo, di aver tentato di vanificare il lavoro fatto alla Camera: la proposta di non passaggio agli articoli è una tagliola che impedisce di dialogare.

La sen. Bernini (FIBP), annunciando voto favorevole, ha ricordato che esistono opinioni diverse e che fin dall’inizio il Gruppo ha espresso contrarietà alla norma penale in bianco, ma il centrosinistra ha interrotto la mediazione: il non passaggio agli articoli non equivale all’affossamento, se c’è volontà di riprendere il dialogo in Commissione.

Il sen. Faraone (IV-PSI), dichiarando voto contrario alla proposta, ha rilevato un paradosso: l’approvazione del non passaggio agli articoli preclude ai senatori la discussione degli emendamenti; il PD ha dichiarato per mesi che il provvedimento era inemendabile, domenica scorsa il segretario del partito ha manifestato un’apertura, ma non c’è stato modo di verificarla.

In dissenso dal Gruppo, il sen. Quagliarello (Misto) ha annunciato voto favorevole.

DL 2005 ZAN: come, perché e chi, ieri, l’ha affossato al Senato VIDEO / Cristina Adriana Botis / Redazione

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