Amministrative italiane: la grande mistificazione democratica

Si sono da poco concluse le elezioni amministrative. Ha vinto ancora la trasversale mistificazione politica; hanno ancora perso tutti i cittadini

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Si sono da poco concluse le elezioni amministrative. Ha vinto ancora la trasversale mistificazione politica; hanno ancora perso tutti i cittadini

Si sono da poco concluse le tornate elettorali amministrative di ottobre 2021 e gli eventuali ballottaggi. Si sono svolte il 3 e il 4 ottobre con eventuale turno di ballottaggio il 17 e il 18 ottobre. L’elezione ha coinvolto 20 comuni capoluogo, 6 di regione e 14 di provincia: Benevento, Bologna, Carbonia, Caserta, Cosenza, Grosseto, Isernia, Latina, Milano, Napoli, Novara, Pordenone, Ravenna, Rimini, Roma, Salerno, Savona, Torino, Trieste e Varese. In Calabria in concomitanza con le elezioni amministrative si sono tenute pure quelle regionali.

L’affluenza di circa il 52 per cento alle urne ha significato che complessivamente nella Nazione un elettore su due non è andato a votare.  Rispetto al precedente voto amministrativo, il calo è stato di quasi 7 punti percentuali, con un crollo nelle grandi città. La media del 43,94% di affluenza ai ballottaggi fa addirittura segnare un crollo di circa 9 punti rispetto al 52,67%, già fortemente in calo del primo turno. Per le comunali, generalmente più sentite per ovvi motivi, è un record negativo. Ancora peggio della media è andata a Torino (42,13%, al primo turno 48,08%), a Trieste (42,18%, al primo turno 46,28) a Roma (addirittura 40,68%, al primo turno 48,54%).

Passate le prime ore – nelle quali la decennale magniloquenza di esperti si domanda e disquisisce in modo etereo sul perché i cittadini vanno sempre meno a votare – nessuno più ormai approfondisce tale aspetto che, invece, denota di tutta evidenza la lenta agonia della Democrazia e l’affermarsi a fronte di una sorta di totalitarismo (un mega carrozzone) costituzionalizzatosi nel quale, grazie a manipolate leggi e interpretazioni giuridiche di convenienza, la trasversale politica, le istituzioni, la burocrazia, le corporazioni, gli ordine professionali, le associazioni di categoria, la cosiddetta società civile, lo Stato, le Regioni, le Città metropolitane, i Comuni, gli Enti, le Partecipate, ecc. sostanzialmente hanno come dissimulato scopo la spartizione del debito pubblico nonché le tasse e le imposte della gente ancora produttiva, lavoratrice, proprietaria e operosa.

Tutto questo accade poiché risaputamente quando velato (neanche tanto), le norme in Italia sono come volutamente “studiate” “affastellate, “estensibili” e “confusionarie” in modo ingannevole già alla loro “origine”. L’amministrazione dei Comuni non può quindi fare la differenza, poiché le leggi consentono anche negli Enti di fare come e quando si vuole, senza neanche la possibilità di un legittimo controllo del cittadino, quasi l’Ente fosse un sottosistema “assoggettante” legalizzato. Il tutto in spregio ad ogni principio civile, progressista, moderno e sociale, aspetti questi ultimi che, di fatto, sono in modo lampante divenuti unicamente propagande e retoriche a convenienza di: destra, sinistra, centro e movimento; a seconda dell’occasione, evento, manifestazione, corteo, congresso, intervista, ecc.

Il cittadino infatti non ha forzosamente alcun peso nelle azioni politiche e burocratiche del proprio Comune, altrettanto i consiglieri di Minoranza, tanto che di solito, dopo ogni elezione, molti di questi passano con la Maggioranza e spesso lo fanno dietro le quinte o in parallele consorterie, logge, confraternite, partecipando in modo nascosto alla generalizzata spartizione della Cosa pubblica locale.

Sicché non possono mancare poi le amare soprese, quali dissesti, disservizi, costi, ecc. L’ultimo caso quello scoperto dalla Guardia di Finanza “23 ottobre 2021 Bilanci comunali falsi, indagato anche il sindaco”.

Eppure basterebbe già in parte rivedere il Titolo V della Costituzione (il decentramento, ovverosia la grande parcellizzata manciugghia legalizzata) – maldestramente modificato nel 2001 dal centrosinistra e poi ratificato nello stesso anno dal centrodestra con un referendum votato dagli italiani –  così da  ripristinare almeno il Co.Re.Co. (Comitato regionale di controllo con rispettive Commissione Provinciale di controllo) chiaramente in una forma più attuale, con dentro a rotazione un Magistrato e tre Ufficiali rispettivamente della Guardia di Finanza, Carabinieri e Polizia.

Sui altri possibili interventi per porre fine a questa “babilonia” (di tutta evidenza voluta) nei nostri Enti, rimandiamo ad un nostro, si ritiene, dovizioso articolo che elenca in modo riassuntivo alcune eventuali soluzioni “31 Luglio 2021 I comuni siciliani in gravi difficoltà finanziarie ma un report denota inadatte gestioni”.

Ma d’altra parte, per trovare la “babele” basta anche solo entrare in molti siti istituzionali dei nostri Comuni, Enti, ecc. per comprendere che un cittadino è deliberatamente posto nelle condizioni di non potere capire quasi alcunché: dalla cronologia, ai vari rimandi, contenuti, ecc. Salvo di non seguire quotidianamente le pubblicazioni avendo quindi tanta attenzione e volontà come pure ore disponibili e strumenti informatici adeguati nonché esperienza di ricerca giurisprudenziale, amministrativa e una grande pazienza. Insomma pressoché impossibile.

Ad esempio sulla cronologia e quindi la tempistica di pubblicazione degli atti, la Sicilia (Regione della quale ci si occupa principalmente da questa redazione), ha una legge, la n. 11 26 giugno 2015, la quale all’art. 18  (Obbligo di pubblicazione di atti nel sito internet) recita “Fermi restando gli obblighi di pubblicita’ e trasparenza previsti dalla disciplina statale, e’ fatto obbligo alle amministrazioni comunali, ai liberi Consorzi comunali nonche’ alle unioni di comuni, fatte salve le disposizioni a tutela della privacy, di pubblicare per estratto nei rispettivi siti internet, entro sette giorni dalla loro emanazione, tutti gli atti deliberativi adottati dalla giunta e dal consiglio e le determinazioni sindacali e dirigenziali nonche’ le ordinanze, ai fini di pubblicita’ notizia. Le delibere della giunta e del consiglio comunale rese immediatamente esecutive sono pubblicate entro tre giorni dall’approvazione. In caso di mancato rispetto dei suddetti termini l’atto e’ nullo”.

Quindi il cittadino si trova già a dovere conoscere giuridicamente la differenza tra “emanazione” e “approvazione”. La prima si rileverebbe dalla sottoscrizione da parte del segretario comunale e del presidente del consiglio; dalla numerazione dell’atto; e dalla data della sua pubblicazione. Ma dove dovrebbe avere appreso tali conoscenze di Diritto amministrativo il cittadino (ma come anche penale, civile, tributario e poi scientifiche, economiche, ecc.) se da generazioni abbiamo una scuola dell’obbligo che quando si esce sembra di venire dal passato e che tra l’altro istruisce ancora propinando materie come fossero compartimenti stagni, mentre ormai la conoscenza nel 2000 necessità assolutamente di essere interdisciplinare ?

Sul punto dei “sette giorni“ è intervenuta a febbraio 2018 una circolare dell’Assessorato regionale siciliano delle Autonomie Locali «… si pone l’esigenza di chiarire la decorrenza del termine di sette giorni, previsto dalla norma per la pubblicazione per estratto degli atti ivi indicati, considerato che il legislatore ha previsto il decorso dalla emanazione degli atti medesimi, senza specificare il senso di tale espressione. Sul punto, tenuto conto che l’obbligo di pubblicazione, risponde ad una esigenza di trasparenza dell’amministrazione e di pubblicità notizia, si ritiene che tale trasparenza e pubblicità notizia debba fare riferimento ad atti formati e che producano effetti, per cui il termine dei sette giorni deve decorrere dal momento in cui, appunto, i diversi atti amministrativi oggetto della norma di che trattasi, iniziano a produrre i loro effetti. Al riguardo, proprio in considerazione della gravità della sanzione prevista, è stato chiarito dall’Ufficio Legislativo e legale (Parere prot. n. 12623 del 10.06.2016) cosa debba intendersi con certezza per “emanazione” e cosa per “approvazione” degli atti indicati dalla norma. In particolare, si rileva che il verbo “emanare” è riferito, in genere, agli atti di natura normativa e che nell’uso tecnico è riservato ai decreti del Governo e, comunque, ad una fase diversa da quella deliberativa, e ad essa successiva. In maniera atecnica il termine viene, invece, utilizzato per designare l’emissione da parte di un’autorità di una decisione o di un disposto. Sembrerebbe, pertanto, ragionevole ritenere che il legislatore regionale non abbia inteso fare riferimento, per la decorrenza del termine di sette giorni, alla mera adozione del fatto (sottoscrizione e numerazione) da parte dell’organo competente, ma ad un momento successivo che è quello in cui l’atto ha una sua connotazione definitiva. Tale momento successivo va individuato in quello della pubblicazione integrale dell’atto all’albo pretorio on line, in quanto l’articolo in esame andrebbe letto in stretta correlazione con la previsione di cui all’art. 12, comma 3, della L. r. n. 5/2011, che così recita: “Tutti gli atti della pubblica amministrazione sono pubblici ed assumono valore legale dal momento del loro inserimento nei siti telematici degli enti, a tal fine opportunamente pubblicizzati” … Pertanto, costituendo tale prescrizione specifico adempimento integrativo dell’efficacia dell’atto amministrativo pubblico adottato, il momento temporale dell’emanazione dell’atto non può che essere quello della sua pubblicazione nel sito telematico dell’ente; dal che appare ragionevole ritenere che tutti gli atti deliberativi delle Amministrazioni comunali, dei liberi consorzi comunali e delle unioni di comuni andranno pubblicati nel sito istituzionale dello stesso ente entro sette giorni dalla loro pubblicazione integrale».

In conclusione, anche per la pubblicazione degli atti si potrebbe “manierare”.

Si è di fatto come rimosso lo spirito della norma sulla trasparenza della Pubblica amministrazione, seppure tale legge e solo propositiva (cioè non prevede sanzioni o pene per i responsabili), il quale imporrebbe semplificazione e chiarezza.

Povero cittadino, sempre e solo beffato dalla trasversale politica e istituzioni, raggirato dalle leggi e interpretazioni, infine spolpato da tasse e imposte, tutto ciò da generazioni per mantenere gli innumerevoli apparati e rispettivi codazzi. Fino a che dura.

Adduso Sebastiano

(le altre informazioni regionali le trovi anche su Vivicentro – Redazione Sicilia)

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