VERONA: Elegante allestimento al Filarmonico di BOHÈME pucciniana

Laboriosa gestazione, per il maestro Puccini, quella della nascita di Bohème. Egli stava lavorando alla “Lupa”...

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Laboriosa gestazione, per il maestro Puccini, quella della nascita di Bohème. Egli stava lavorando alla “Lupa” di Verga ed addirittura aveva appena compiuto un viaggio in Sicilia, per sondare le emozioni che l’Isola poteva suscitargli. Quando si imbatté, invece, nell’opera di Henry Murger: le “Scenes de la vie bohème”, che tanto gli ricordano – e gli fanno quasi rivivere – i suoi anni giovanili a Milano, vissuti in piena “Scapigliatura”. Ne resta letteralmente catturato, mette a dura prova la pazienza e la resistenza dei suoi due librettisti – Luigi Illica e Giuseppe Giacosa – ed in pochi mesi produce un capolavoro che tutte le volte che lo vivi – o lo ascolti solamente – ti suscita una di quelle emozioni che ti investono e ti attraversano l’animo, facendoti (spesso!) versare anche qualche lacrimuccia di autentica emozione, non solo spirituale.

La Fondazione Arena in questo scorcio 2018, nonostante le note e travagliate vicende gestionali (e le comprensibili conseguenze sindacali!), è riuscita ad allestire uno spettacolo dignitosissimo ed elegante, andando a ripescare la fortunata regia che Giuseppe Patroni Griffi approntò per il Regio di Torino, in occasione del centenario di Bohème (1996) e ottimamente ripresa da Stefano Trespidi dopo un ventennio.

Scenografie di Aldo Terlizzi Patroni Griffi, realizzate tradizionalmente in modo realistico, senza i voli pindarici dell’innovazione a tutti i costi, ma riuscitissime e suggestive. Nel quadro della “Barrière d’Enfer”, efficacissima ed emozionante è stata la scena della nevicata, che la veniva giù a fiocchi candidi e soffici, tale da suscitare nel pubblico un discreto brusio di plauso indirizzato alle maestranze per la loro perizia realizzativa, che noi estendiamo al loro direttore Michele Olcese. Un po’ troppo stipata, invece, risultava la presenza scenica all’apertura del II quadro.

Di buon livello anche il cast fatto di giovani che, anche se non era quello della “prima”, è riuscito lo stesso a regalare al pubblico tre ore di canto godibilissimo. Il cast femminile è stato un omaggio all’Oriente estremo. infatti una era coreana – Eunhee Kim – che ha fatto rivivere una Mimì aggraziata, padrona della scena e dal canto versatile (perdonabile qualche errore di pronuncia); mentre l’altra cinese – Yao Bo Hui – che ha interpretato una Musetta fiera e passionale, con una linea di canto godibile, soprattutto nel IV quadro.

Il pugliese Francesco Pio Galasso ha incarnato un aitante Rodolfo, spigliato sul palcoscenico e robusto nel registro vocale. Giocava in casa il veronese Gianfranco Montresor ed ha dato vita ad un esuberante Marcello, cantando in modo più che convincente. Anche del cast dei comprimari hanno tutti ben meritato: Francesco Leone, un Colline compassato e sempre ben misurato, anche nel canto; Nicolò Ceriani, uno Schaunard estroverso ed esuberante, sia nel canto che in scena; Roberto Accurso, molto rigoroso nel doppio ruolo di Benoît/ Alcindoro; Gregory Bonfatti in Perpignol; Massimo Pantò nel sergente dei doganieri e Valentino Perera, doganiere.

Sempre puntuali i coristi areniani diretti da Vito Lombardi ed i piccoli cantori del coro di voci bianche – A.LI.VE. – diretti da Paolo Facincani. Alla fine del II quadro i due cori ed i due Direttori vengono chiamati sul palco ed applauditi a lungo; meritatamente.

Il giovane maestro Francesco Ivan Ciampa ha diretto con padronanza l’orchestra veronese, talvolta con esuberanza, tale da coprire anche il canto. Ma nel complesso la resa melodica è sempre stata buona.

Costumi : Casa d’arte Fiore. Nel complesso ne è risultato un “fuori abbonamento” di buon livello, con interpreti credibili sia nel canto che nella recitazione.

Teatro non pienissimo al completo: pubblico caloroso e talvolta impaziente di applaudire, mortificando così le conclusioni orchestrali; ma nel complesso attento e composto: non uno squillo di cellulare! Trattandosi di un pubblico di non-abbonati, il dato è più che lodevole. E viene a sfatare tanti luoghi comuni sulle varie “tipologie” di spettatori, che tendono a privilegiare la genìa deglia abbonati. A Cesare quel che è di Cesare!

Carmelo Toscano

ndr: ” Recensione riferita allo spettacolo pomeridiano di sabato 29 dicembre 2018 “

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