ARENA: opinabile messa in scena di una Carmen insolita ma convincente

Carmen è una femminista “ante litteram”, una anticonformista forte e coraggiosa, che lotta, vive e...

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Carmen è una femminista “ante litteram”, una anticonformista forte e coraggiosa, che lotta, vive e paga con la vita la sua coerenza per la libertà, di pensare ed agire.

ARENA: opinabile messa in scena di una Carmen insolita ma convincente

È la storia di un femminicidio, storia in rosa che finisce nel drammatico rosso purpureo, del sangue della protagonista. Una tragedia. A questa non piccola tragedia il regista Hugo De Ana ne aggiunge ancora una più grande, perché egli va a collocare la vicenda negli anni Trenta del secolo passato: l’imminenza della sanguinosa guerra civile spagnola che aleggia nell’aria. Repubblica progressista che si contrappone a dittatura reazionaria e liberticida. Sangue su sangue, dolore su dolori, dramma su drammi. Ci sembra proprio troppo. Si va a teatro per godere bei colori, belle scene, bei costumi, bella musica, che sublimano i drammi ed i dolori che passano dalle scene. Ma sovraccaricare e stravolgere un’opera ci sembra eccessivo. Le istanze “politiche” di De Ana sono sacrosante e noi le condividiamo, ma non vediamo il nesso con l’opera Carmen che si svolge sì in Ispagna, ma in ben altra epoca ed in ben altro contesto. Chi si permetterebbe di ambientare ai nostri giorni una tragedia di Eschilo o di Shakespeare? Con le opere liriche tanti registi credono di avere questa licenza poetica.
Il ventennale allestimento di Zeffirelli – che ci mostrava una Siviglia da cartolina, solare, luminosa e dai colori sgargianti e variopinti – si contrappone all’odierna scena dominata dal grigiore uniforme misto ad un disordinato ambiente da bivacco di soldati e rivoluzionari. L’atmosfera ci ha disorientato ed all’inizio si resta prevenuti. Per fortuna, poi, la musica spiega le sue malie, ti rapisce e ti trasporta nella dimensione della melodia che spalanca le porte dell’animo. E la vicenda, ovunque sia collocata nel tempo, ti cattura con tutto il suo bagaglio di sentimenti, passioni e dolori che sono eterni, in ogni tempo e latitudine.
Il mezzosoprano moscovita Ksenia Dudnikova, dalla presenza avvenente, si rivela in scena disinvolta e con voce possente e melodiosa. Interpreta una Carmen sensuale, maliziosa ma composta.
Ruth Iniesta, nel ruolo della paesana Micaela, è un soprano ben modulato e più che gradevole, che si esprime in scena agevolmente e con appropriatezza.
Il tenore turco Murat Karahan, debutta all’Arena come Don José, cantando con voce robusta. Impacciato nel primo atto, forse a causa della divisa, si manifesta viepiù spigliato nel prosieguo, per finire in modo convincente nel dramma finale.
Il giovane baritono Italo Proferisce è al suo debutto nel ruolo di Escamillo. Egli rende un torero baldanzoso, con buona vocalità, anche se discontinua talvolta.
Tra i comprimari, figurano credibilmente nei ruoli delle gitane Frasquita e Mercédès, rispettivamente: Elisabetta Zizzo, soprano e Mariangela Marini, mezzosoprano, che hanno dato luogo ad un accattivante duetto.
Il direttore dell’orchestra Daniel Oren, dirige con sobria perizia una musica che già di suo è molto vorticosa e travolgente. Buona nel terzo atto la tempistica con i fiati dislocati, cosa non sempre frequente in un palcoscenico immenso come l’Arena.
Scene e costumi sono anch’essi creazione di Hugo De Ana. I costumi grigi e poveri all’inizio, nel tezo atto – finalmente – si ravvivano in una tavolozza di colori pastello, che risollevano l’animo, nonostante la tragedia che incombe.
Le scenografie, o per lo meno i fondali scenici, sono virtuali e sostituiti da opportune proiezioni sulle nude gradinate dell’Arena, accompagnate, anche, da scritte, che spesso non si fa in tempo neanche a leggere e delle quali si sarebbe fatto anche a meno, visto che hanno solo sviato l’attenzione.
Sempre puntuale e vigoroso il coro diretto da Vito Lombardi, con i coristi sapientemente ben dislocati tra la folla delle comparse; ben levigato il coro di voci bianche A.LI.VE. preparato e diretto da Paolo Facincani..
Al terzo atto musica sotto le stelle… stelle che in breve vengono oscurate da nubi che minacciose di pioggia, per cui tutti si sono premuniti di variopinti ma rumorosi impermeabili di plastica, solertemente offerti dai volenterosi giovani del servizio interno. Fortunatamente Giove pluvio si è dimostrato clemente ed ha permesso che la tragedia volgesse al suo culmine senza repentini quanto inopportuni piovaschi. Teatro pieno nelle gradinate, ma con vistosi settori della platea letteralmente vuoti. Peserà il fattore economico?

Finale applaudito, senza scrosci torrenziali.
Recensione dello spettacolo di sabato 24 agosto

Carmelo TOSCANO

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