I 30 anni della Guardia Costiera: dall’operazione Albania nel 1991 a oggi

I 30 anni della Guardia Costiera Albania, 1991: la prima missione all’estero della Guardia Costiera...

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I 30 anni della Guardia Costiera

Albania, 1991: la prima missione all’estero della Guardia Costiera italiana

L’8 agosto del 1991 la nave mercantile VLORA giunge nel porto di Bari con circa 20 mila migranti provenienti dall’Albania – a tutt’oggi rappresenta il più grande sbarco di migranti mai giunto in Italia con un’unica nave.

Il 24 settembre 1991 inizia l’“Operazione Albania”, la prima missione all’estero della Guardia Costiera italiana.

Per la nostra Guardia Costiera, costituita da due soli anni, è la prima missione all’estero ed è anche un grande successo. Il gruppo navale contribuisce a bloccare il flusso migratorio dall’Albania, a controllare l’imbarco delle persone e dei mezzi sui traghetti nei porti albanesi, a salvare i pescatori e i marittimi in peri-colo e a dare supporto all’Esercito italiano impegnato nell’Operazione Pellicano.

Ristabilita la normalità, il 31 dicembre 1993 il gruppo navale viene sciolto e i mezzi fanno rientro in Italia.

Sistemi di monitoraggio del traffico marittimo

IL CASO RHODANUS
Con il mare in burrasca e gli scogli di Razzoli a pochi metri dalla prua, il Rhodanus, un cargo di bandiera olandese di 2056 TSL, in una notte d’inverno del 2010 sfiora per un soffio la tragedia umana e la catastrofe ambientale.

L’incredibile situazione si è verificata intorno alle 19:30 del 20 febbraio, quando i monitor della stazione VTSL della Guardia Costiera della Maddalena entrano in allarme segnalando un pericolo imminente: il mer-cantile Rhodanus, proveniente da Arles (Francia) e diretto a Torre Annunziata, è finito fuori rotta.

Gli uomini della Capitaneria di porto, allertati dal Sistema VTSL, provano in tutti i modi a mettersi in contat-to con la plancia della nave nell’intento di scongiurare il pericolo, ma per decine di minuti nessuno risponde alle chiamate d’allarme, in quanto l’ufficiale di guardia in plancia si era addormentato.

Soltanto quando la nave si trova ormai a poche centinaia di metri dagli scogli affioranti dell’isola di Razzoli, il comandante in persona afferra il timone ed effettua una brusca virata di 180° senza la quale di lì a poco il mercantile avrebbe impattato contro gli scogli.

Il disastro ambientale e la possibile tragedia umana vengono scongiurati grazie alla prontezza degli opera-tori della stazione VTSL della Maddalena e alla tecnologia degli apparati a loro disposizione.

BAHAR – Missione Internazionale Ambientale

La missione ambientale “Bahar” (“mare” in arabo) viene organizzata nel 2006 dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

In quell’occasione il Ministero dell’ambiente italiano è il primo, tra quelli dei Paesi occidentali, ad accogliere l’appello lanciato dal Ministero dell’ambiente libanese alla comunità internazionale.

Un bombardamento sulla centrale termoelettrica di Jieh – ci troviamo in Libano, a sud di Beirut – durante gli atti di guerra del 13 e 15 luglio causa lo sversamento in mare di ingenti quantità di olio combustibile.

Sotto il coordinamento della Guardia Costiera, e grazie alla collaborazione e al supporto tecnico-scientifico degli enti APAT e ICRAM (successivamente accorpati nell’ISPRA), delle ARPA regionali dell’Emilia-Romagna, Toscana, Liguria e Sicilia, specializzate nel disinquinamento delle aree costiere, il Ministero dell’ambiente riesce a portare in Libano gli uomini più preparati e le migliori esperienze italiane nel campo del disinquinamento marittimo.

Il 12 settembre 2006 la CP 905, Nave “Peluso”, salpa da Messina alla volta di Beirut con l’obiettivo primario di minimizzare il danno ambientale e ripristinare l’ecosistema.

L’attività operativa della “Peluso”, svolta in acque territoriali libanesi con la partecipazione del Nuclei subac-quei della Guardia Costiera, ha inizio il 21 settembre 2006 e si prolunga fino al 25 novembre, data della partenza dal porto di Beirut, per poi fare rientro in Italia il successivo 29 novembre.

Il soccorso e non solo viene dall’alto:
i casi Margaret, Gelso M., Grotta Byron e Norman Atlantic

La nave Margaret, cementiera georgiana, parte da Genova verso il porto bulgaro di Varna, ma affonda nel-la notte tra il 2 e il 3 dicembre 2005.

Vuota di carico, chiede alla Capitaneria di porto spezzina la possibilità di entrare nel golfo, per ripararsi dal-le condizioni meteomarine molto avverse. Ricevuta la richiesta della Margaret, la Capitaneria di porto con-sente all’equipaggio di sostare con la nave alla fonda nel Golfo dei Poeti, in attesa che le condizioni meteo migliorino. Nonostante i militari forniscano al capitano della nave georgiana le coordinate precise, questi compie un errore di posizionamento, destinato a rivelarsi fatale.

La forte mareggiata – infatti – strappa gli ancoraggi della vecchia nave e la trascina inesorabilmente verso la diga. Inutili i tentativi di evitare l’impatto: la Margaret urta gli scogli e affonda.

Due marinai, compreso il pericolo, si tuffano in acqua. Il primo riesce a raggiungere a nuoto la diga, il se-condo non ha eguale fortuna. Ma a trarlo in salvo saranno gli uomini e gli elicotteri della Guardia Costiera – decollati dalla base aerea di Sarzana – che poi porteranno al sicuro anche gli altri 10 componenti dell’equipaggio.

La fuoriuscita di liquidi dal relitto avrebbe potuto causare un disastro ambientale, che tuttavia non si verifi-ca grazie a delle panne di contenimento prontamente posizionate per contrastare il diffondersi di eventuali sversamenti. I serbatoi della nave, poi, verranno svuotati.

Naufragio nave “Gelso M”.

Nave cisterna della società di navigazione “Augusta Due”, finisce contro la scogliera di Capo Santa Panagia il 10 marzo 2012 a causa di una burrasca che si abbatte nel capoluogo in quei giorni.

I membri dell’equipaggio vengono tratti in salvo grazie all’intervento di due elicotteri decollati dal secondo nucleo della Guardia costiera di Catania.

15/08/2010 – Un ragazzo di 14 anni si tuffa volontariamente dalla scogliera della grotta Byron, in località Portovenere.

Dopo soli 7 minuti dalla chiamata pervenuta dalla Sala Operativa della Capitaneria di Porto di La Spezia, il Koala 9-09 giunge sul luogo delle operazioni. Le condizioni meteorologiche sono proibitive: mare 6 e vento di libeccio con 20-25 nodi di intensità. Da subito si prospetta impossibile il recupero sia da mare che da terra.

L’equipaggio dell’elicottero decide di effettuare il recupero a mezzo verricello, calando l’aerosoccorritore direttamente nelle prossimità della persona da soccorrere.

Grazie alla grande professionalità e determinazione dei piloti, dell’operatore di volo e dell’aerosoccorritore, l’operazione di salvataggio si conclude con un successo: il naufrago viene prontamente recuperato e tra-sportato presso l’eliporto di Luni dove ad attenderlo c’è già un’ambulanza del 118.

Il ragazzo, infreddolito e sull’orlo dell’annegamento, si è riprende in fretta e dopo poche ore dal ricovero potrà lasciare l’ospedale di Sarzana per fare ritorno a casa.

L’incendio del Norman Atlantic

E’ stato un sinistro marittimo occorso domenica 28 dicem-bre 2014 al traghetto Ro-pax di proprietà della compagnia di navigazione italiana Visemar, per quell’occasione noleggiato dalla compagnia greca Anek Lines, per la quale operava sulle linee di collega-menti Italia-Grecia.
L’incendio, avvenuto durante la navigazione sulla tratta tra Igoumenitsa e Ancona, danneggia gravemente il traghetto causando 9 vittime accertate e 20 dispersi (tra cui quattro clandestini, uno dei quali minorenne), oltre a due ulteriori vittime tra l’equipaggio di uno dei rimorchiatori inviati sul posto – l’albanese Iliria – a cau-sa della rottura di un cavo di rimorchio.
Grazie a una vasta operazione di soccorso, coordinata in un primo momento dalla Guardia Costiera greca e successivamente dalla Guardia Costiera italiana, vengono tratte in salvo 477 persone con condizioni me-teomarine estremamente avverse, con il coinvolgimento di oltre 20 navi mercantili e militari di diverse nazio-nalità e numerosi elicotteri di soccorso italiani e greci.

Costa Concordia 2012 – 2017: dal soccorso alla demolizione

La notte del 13 gennaio 2012 la nave da crociera Costa Concordia compie un naufragio davanti alle coste dell’Isola del Giglio. Una notte drammatica ripresa dalle telecamere a raggi infrarossi di un elicottero della Guardia Costiera, uno dei primi mezzi ad arrivare sul luogo del disastro.

La nave, in navigazione da Civitavecchia a Savona per una crociera nel Mediterraneo, urta il più piccolo de-gli scogli sul lato est dell’Isola del Giglio, Le Scole, situato a circa 500 metri dal porto: lungo lo scafo si apre uno squarcio di circa 70 metri. A seguito della falla, la Costa Concordia si abbatte progressivamente sul lato dritto, sino a restare semi-sommersa. 32 persone perdono la vita.

Sotto il coordinamento della Guardia Costiera di Livorno, 4200 persone vengono salvate mediante l’impiego delle lance di salvataggio; alcune centinaia che rimangono bloccate a bordo a causa del rove-sciamento, vengono tratte in salvo dalle motovedette e dagli elicotteri della Guardia Costiera.

All’inizio di febbraio 2012 cominciano i lavori per la rimozione della Costa Concordia. Si procede prima alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti e delle acque nere, poi del carburante (debunkering), quindi al raddriz-zamento del relitto (parbuckling). L’ultima fase, prima del trasferimento verso il porto di Voltri nel Golfo di Genova, è quella del refloating: mediante un sistema pneumatico costituito da 30 cassoni posti sulle due fiancate, lo scafo torna nuovamente a galleggiare.

Il 23 luglio 2014, dopo 922 giorni nelle acque dell’Isola del Giglio, la Concordia inizia il suo ultimo viaggio verso il porto di Genova, percorrendo una distanza di circa 200 miglia alla velocità media di 2 nodi. In quell’occasione la Guardia Costiera predispone la cornice aeronavale a garantire la massima sicurezza du-rante i 4 giorni di trasferimento.

Il convoglio di scorta viene così organizzato: due rimorchiatori e poppa e due a prora, pronti a intervenire in caso di necessità. Due motovedette della Classe 200 e la Nave “Diciotti” – 95 metri di lunghezza – dotata di 4 battelli veloci pronti a scendere in acqua all’occorrenza. A bordo di Nave “Diciotti”, collegata 24 ore su 24 con la Centrale operativa del Comando Generale, è presente un nucleo di sommozzatori, un medico del Cisom attrezzato per le emergenze sanitarie, i tecnici dell’Ispra, dell’Arpat e dell’Arpal e del laboratorio am-bientale mobile della Guardia Costiera.
Per monitorare il trasferimento dall’alto vengono impiegati un aereo ATR 42, in grado di segnalare eventuali forme di inquinamento mediante sofisticate apparecchiature di telerilevamento ambientale, e un elicottero AB412, occhio mobile con il compito di vigilare sull’intera area interessata dal passaggio del convoglio.

Il 27 luglio 2014 il relitto della Concordia giunge nel porto di Voltri per la successiva fase di smantellato. Si conclude così – senza alcun incidente – la complessa operazione messa in campo dalla Guardia Costiera per garantire il trasferimento in sicurezza della nave.

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