La Decima Flottiglia MAS della Regia Marina nella Seconda Guerra Mondiale

Breve storia (quella autentica) del fulgido eroismo degli Incursori della Regia Marina all’attacco delle Basi inglesi...

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Breve storia (quella autentica) del fulgido eroismo degli Incursori della Regia Marina all’attacco delle Basi inglesi con “siluri umani” e barchini  esplosivi.

Nel 1940 la Marina britannica è presente in forze nei punti strategici del Mediterraneo in Basi ben protette. La sua consistenza è fonte di preoccupazione per la nostra Marina che programma attacchi con incursori audaci dotati di mezzi d’assalto per superare il gap esistente fra le due Flotte. Occorre, quindi, conoscere questo Reparto, la sua nascita, i suoi mezzi, le sue azioni e, soprattutto, i suoi Uomini.

Bisogna risalire al settembre 1935 quando due giovani Tenenti del Genio Navale, colleghi di corso dell’Accademia di Livorno, Teseo Tesei  ed Elios Toschi , progettano un’arma insidiosa che, trasportata da due operatori, possa essere collocata sotto la chiglia di una nave nemica alla fonda. S’ispirano alla mignatta utilizzata, nel novembre 1918, dal magg. G.N. Raffaele Rossetti e dal ten. med. Raffaele Paolucci, per affondare la corazzata austriaca Viribus Unitis nel porto di Pola (Istria). Si tratta di un siluro con motore elettrico, testata staccabile contenente una torpedine con spoletta ad orologeria. L’idea matura in coincidenza con la tensione internazionale seguita all’aggressione italiana all’Etiopia che ha determinato un’intensificata presenza della Flotta britannica nel Mediterraneo. I due Ufficiali, quindi, elaborano la possibile strategia, per contrastare, con attacchi audaci, la minaccia navale in caso di guerra.

Considerata inizialmente un’idea stravagante, lo Stato Maggiore della R.M., nel luglio 1939, autorizza lo sviluppo del progetto articolato su due prototipi: un siluro a lenta corsa (SLC) con possibilità di navigazione anche subacquea e un barchino veloce (MTM: motoscafo da turismo modificato), con cariche esplosive nelle testate. L’SLC  con due operatori muniti di muta gommata e respiratore che utilizza ossigeno puro con riciclo interno dell’anidride carbonica. L’apparecchio è idoneo a passare sopra alle ostruzioni o sottacqua. In questo caso l’operatore può ricorrere alle cesoie o all’alzareti (verricello sistemato ad una certa altezza per creare un varco alla base) per superare le reti di protezione. L’MTM, monoposto, da lanciare contro l’obiettivo, il cui operatore si autoespelle prima dell’impatto.

La selezione del personale è attuata con rigidi protocolli e l’addestramento particolarmente accurato con esercitazioni subacquee, prevalentemente notturne, per gli SLC. Gli operatori indosseranno, sotto la muta, una tuta da lavoro con gradi e stellette per rivelare l’appartenenza ad una Forza armata regolare.

Il gruppo è inquadrato nella 1^ Flottiglia MAS (cap.f. Paolo Aloisi). Sede di addestramento degli SLC sarà la casina di caccia della “tenuta Salviati” a Bocca di Serchio (Migliarino Pisano), confinante con quella reale di San Rossore; per gli MTM  il Balipedio Cottrau (poligono sperimentale militare) sulla via La Spezia-Portovenere. La Sezione degli SLC  è formata da otto Ufficiali, tra i quali i progettisti Tesei e Toschi, e relativi “secondi” con specialità di palombaro.

Gli SLC saranno comunemente chiamati maiali. È Tesei, che, nel recuperare il siluro dal mare dopo un’esercitazione, forse percependo lo strano rumore di rigurgito (come quello del suino che grufola) causato evidentemente dalla risacca sotto l’apparecchio, una volta tirato a riva, dice al suo “secondo”: “Lega il maiale!”. Il nomignolo, subito adottato, sarà utile anche per praticità a tutela del segreto militare. Per il trasporto sarà utilizzato un sommergibile “avvicinatore”, disarmato, sul cui scafo sono collocati contenitori cilindrici (2), uno a prua e due a poppa affiancati, nei quali vengono inseriti i maiali.

L’attività degli Incursori è storia di fallimenti, successi, perdite umane,  prigionia, ma è, comunque, la sublimazione dell’audacia di elementi scelti della Marina che sfidano la morte con gesta temerarie. Per raccontarle sarebbe indispensabile un trattato: ci limiteremo a ricordare le azioni più significative.

Nel febbraio 1940 il comando della 1^ Flottiglia è assunto, per avvicendamento, dal cap.f. Mario Giorgini. Obiettivo della prima operazione è la Base della Mediterranean Fleet britannica di Alessandria. L’impresa, però, finisce prima di cominciare. Il sommergibile “avvicinatore” Iride, (ten.v. Brunetti), da La Spezia raggiunge, a tappe, il golfo di Bomba in Cirenaica il 21 agosto 1940. È preceduto dagli Incursori, col comandante della Flottiglia, giunti con la torp. Calipso che trasporta gli SLC. Alle ore 12 circa del 22 agosto l’Iride, nella fase di trasbordo degli apparecchi dalla Calipso, è affondato da un attacco aerosilurante britannico. Il battello si spezza in due e si adagia sul fondale a circa 20 metri. Gli Incursori, con ardite operazioni, riescono a salvare otto marinai rimasti intrappolati (due moriranno poco dopo per complicazioni polmonari). Le operazioni durano l’intera notte ed il mattino seguente. Il sten.v. Luigi Durand De la Penne sarà costretto ad entrare nel troncone del battello, trascinare con forza l’ultimo marinaio che non intende uscire (non sa nuotare!). Tesei, concluso il salvataggio dell’equipaggio, s’immerge per recuperare la Bandiera del battello che agita, entusiasta, una volta emerso. Poi, il mesto ritorno a La Spezia.

Analoga sorte subirà, il 29 settembre 1940, il sommergibile “avvicinatore” Gondar. Sono predisposti attacchi contemporanei alle Basi di Alessandria e Gibilterra. I sommergibili “avvicinatori” partono dalla Base di La Spezia già con gli Incursori a bordo e gli SLC sistemati nei cassoni. Il Gondar (ten.v. Brunetti, già comandante dell’Iride)  alla volta di Alessandria, lo Scirè (cap. c. Junio Valerio Borghese) alla volta di Gibilterra. La sera dell’attacco Supermarina annulla l’operazione perché le Squadre navali britanniche sono uscite dalle rispettive Basi per cui vengono meno gli obiettivi. La comunicazione è ricevuta dallo Scirè che inverte la rotta per il ritorno, non dal Gondar che emerge a circa 5 miglia dall’obiettivo per predisporsi all’azione. Avvistato dal ct. australiano Stuart s’immerge per sfuggire all’attacco. Sarà costretto però a riemergere a causa dei gravi danni subiti dopo circa 12 ore di attacco con bombe di profondità lanciate anche da altre navi accorse sul posto. Il Gondar, ormai condannato, emerge con difficoltà dopo che il comandante ha predisposto le cariche per l’autoaffondamento. L’equipaggio è salvo e sono catturati, fra gli altri, Toschi e il comandante Giorgini: un contingente di Incursori, altamente addestrato, è così fuori combattimento. Nella circostanza il marinaio Luigi Longobardi, originario di Lettere (NA), con alto senso del dovere, si attarda per accertarsi del perfetto funzionamento dell’azione di autodistruzione onde garantire il segreto militare data la presenza degli SLC. Coinvolto nell’esplosione, scompare col battello. Sarà insignito di Medaglia d’Oro alla memoria ed a Lui è intestata la Sezione Marinai d’Italia di Castellammare di Stabia. Il comandante Brunetti, secondo una vecchia tradizione marinara, s’inabissa col battello ma viene proiettato in superficie da una bolla d’aria e recuperato.

Il susseguirsi di avarie ai mezzi ed alle attrezzature, non ancora definitivamente a punto, sono la conseguenza di alcune fallite azioni contro la Base di Gibilterra. La più importante quella del 30 ottobre 1940. Lo Scirè, raggiunto lo Stretto la notte sul 29 ottobre, è costretto in immersione fra mille difficoltà per l’assidua vigilanza di navi britanniche e la forza delle correnti sottomarine che sballottolano il sommergibile. Nelle prime ore del 30 gli Incursori, con 3 SLC, fuoriescono e si dirigono verso gli obiettivi. La messa in mare degli apparecchi sarà problematica per cui gli equipaggi partono isolatamente con difficoltà per l’orientamento. L’equipaggio Tesei-Pedretti ha problemi con gli autorespiratori mentre il duo De la PenneBianchi è fermato dal malfunzionamento del maiale. Rocambolesca l’avventura del duo Birindelli-Paccagnini: partito con notevole ritardo, supera due sbarramenti e, dopo oltre 3 ore e 40 di navigazione complicata per problemi di assetto dell’apparecchio e avarie agli autorespiratori, giunge a circa 70 metri dalla corazzata Barham, suo obiettivo. Paccagnini, costretto a procedere sempre sottacqua, accusa malessere dovuto al continuo ricorso all’ossigeno puro della sacca per cui riemerge. L’apparecchio, portato a 14 metri sul fondo, è in avaria. Birindelli trascina il maiale a spinta per circa 30 metri ma, ormai esausto, è colpito da sintomi di svenimento. Innesta comunque la spoletta della carica ed emerge. Non rintraccia il suo “secondo”, si porta sotto la banchina per riprendere le forze. Riesce a nascondersi su un mercantile attraccato ma è scoperto e catturato. Mentre è interrogato da un Ufficiale di Marina britannico la carica esplode ma, data la lontananza dall’obiettivo, non arreca danni. Intanto sa che il suo “secondo”, catturato in mattinata, è salvo. Birindelli e Paccagnini saranno avviati in un campo di prigionia. Gli altri Incursori, dopo aver proceduto all’autodistruzione dei mezzi, raggiungono a nuoto la costa spagnola e rientrano in Italia. Si verifica comunque un grave inconveniente: il maiale di Tesei, a causa di difetto strutturale, continua la navigazione subacquea e si arena sulla spiaggia spagnola ad un centinaio di metri dalla linea di confine per cui viene individuato dall’Intelligence britannica che ne chiederà inutilmente la consegna. Avrà comunque la possibilità di fotografarlo cercandone di comprendere le funzioni.

Il 14 marzo 1941 (questa la data esatta: nota di Supermarina n. 229: “con la data di oggi … la Flottiglia Mas Speciale … assume la denominazione di Decima Flottiglia Mas”) nasce, ufficialmente, la Decima Flottiglia MAS. Resa autonoma dalla 1^ Flottiglia, è strutturata su due Sezioni operative: Subacquea (SLC) (cap. c. Borghese) e di Superficie (MTM) (cap. c. Giorgio Giobbe). Il Comando è affidato al cap.f. Vittorio Moccagatta (10), brillante Ufficiale che nel passato aveva comandato il Battaglione San Marco.

Il battesimo della Decima coincide col primo successo. La notte sul 26 marzo 1941, 6 barchini, al comando del ten.v. Luigi Faggioni, attaccano la Base navale britannica di Suda (5) (Creta). Raggiungono la zona con due ct. “avvicinatori”, il Crispi e il Sella. Una volta in mare, superate tre ostruzioni retali, i barchini del sten.v. Angelo Cabrini e del capo mecc. 3^ classe Tullio Tedeschi, lanciati i mezzi alla velocità massima, a 300 m. dal bersaglio, bloccati i timoni, si lasciano cadere in mare a circa 80 metri dall’obiettivo. Colpiscono l’incr. York, l’unico nel Mediterraneo armato con cannoni da 203, che non sarà più in grado di riprendere l’attività. Gli altri equipaggi (2°capo Lino Beccati, capo 2^ classe Alessio De Vito e serg. Emilio Barberi), con analoghe manovre, colpiscono gravemente una petroliera e un mercantile. Un MTM, integro, si arena sulla spiaggia. I sei Incursori, catturati, saranno poi decorati di Medaglia d’Oro al V.M.-

L’esigenza di portare un attacco alla Base di Malta si avverte sempre più per la funzione assunta dall’isola contro il traffico marittimo verso la Libia. Il 26 luglio 1941 si dà corso all’Operazione Malta 2,missione complessa con l’impiego di 2 SLC, uno dei quali guidato da Teseo Tesei, e 9 MTM. Il duo Tesei-Pedretti ha il compito di far saltare la prima ostruzione per l’accesso alla diga foranea e, una volta aperto il varco, l’altro SLC (ten.v. Francesco Costa-serg. palombaro Luigi Barla) si sarebbe portato a Marsa Muscetto, base dei sommergibili, mentre i barchini, nel Grand Harbour, avrebbero colpito il naviglio alla fonda.

La partenza, sera del 25 luglio 1941, dalla Base navale di Augusta in Sicilia: l’Avviso scorta Diana trasporta i barchini fino a 20 miglia da Malta rimorchiando l’MTL che trasporta i due SLC; il MAS 451 (sten.v. Giorgio Sciolette) ed il MAS 452 (sten.v. Giovan Battista Parodi) provvedono al traino dei mezzi d’assalto fino a 5 miglia dall’obiettivo. L’operazione è diretta dal comandante Moccagatta e l’attacco dal comandante in 2^ cap.c. Giobbe.

Uno scoppio percepito dal contingente in attesa è interpretato come il segnale d’attacco. L’MTM del sten.v. Carlo Bosio si lancia sotto il viadotto di Sant’Elmo: forse urta la base del pilone di sostegno o finisce sul maiale di Tesei che, forse, non ha ancora ultimato l’operazione: la dinamica non si conoscerà mai, neanche a guerra finita. I corpi di Tesei e del suo “gregario”, 2° capo palombaro Alcide Pedretti, non si troveranno mai. Un  maiale sarà rinvenuto nel 1966 sul fondo, dinanzi al Forte S. Elmo, all’imboccatura del porto. Gli MTM del sten. AA. NN. Aristide Carabelli e del sten.v. Roberto Frassetto, salteranno in aria coi mezzi trovando ostruito il passaggio del viadotto. Il solo Frassetto si salverà e sarà l’unica Med. d’Oro al V. M. a vivente dell’intera spedizione. Da ogni parte del porto si accendono i riflettori ed inizia un nutrito fuoco incrociato. Alcuni operatori riusciranno a mettersi in salvo a nuoto e saranno catturati. Il solo che riesce a ritornare ai MAS che attendono al largo è il cap.c. Giobbe. È il fallimento dell’azione in cui rifulge solo l’eroismo ed il senso del dovere degli Incursori.

Il viaggio di ritorno è un’altra tragedia: i MAS sono attaccati dagli aerei britannici. Il MAS 452 è centrato: trovano la morte, fra gli altri, il comandante Moccagatta, il cap.c. Giobbe e il cap. med. Falcomatà. Gli 11 superstiti raggiungeranno il Diana, in attesa al largo di Capo Passero. Il MAS 451 è colpito ed affonda: i dieci superstiti saranno salvati da unità inglesi. L’azione costa 15 Caduti e 18 prigionieri. Saranno conferite 9 Med. d’Oro al V.M. (8 alla memoria), 13 Med. d’Arg. al V.M. (di cui 2 alla memoria), e 7 Med. di Bronzo (di cui 2 alla memoria). Il fallimento dell’azione è dovuto principalmente a due fattori: a Malta il radar, fin dalle ore 23, ha dato l’allarme; il mancato intervento dell’Aeronautica per un bombardamento sull’aeroporto maltese sia per distrarre le difese sia per impedire poi il prevedibile intervento aereo.

Lo spirito della Decima MAS, però, non si abbatte, anzi, prende ulteriore vigore. Il comando della Decima è assunto interinalmente dal cap.c. Borghese, quello dei mezzi di superficie dal cap.c. Salvatore Todaro, mitica figura di sommergibilista, definito il cavaliere del mare (dopo l’affondamento di un piroscafo in Atlantico prende al traino la barca con i naufraghi e, data la difficoltà, li prende addirittura a bordo sbarcandoli nelle Azzorre). Intanto viene creata un’altra specializzazione (comandante il ten.v. Eugenio Wolk), i nuotatori d’assalto o uomini gamma (14), che portano a nuoto, sottacqua, un congegno esplosivo a tempo (cimice) da collocare alla carena della nave. Successivamente sarà costruito un altro congegno (bauletto) che, una volta innescato, esplode quando la nave raggiungerà i 5 nodi di velocità, quindi fuori dal porto, per ottenere maggiori possibilità di affondamento e di perdita del carico in acque profonde. Con queste nuove tecniche saranno affondati, in due successive azioni, alcuni mercantili alla fonda nella rada di Gibilterra senza che gli Inglesi si accorgano di nulla. Del gruppo fa parte anche l’ineguagliato campione di vela (oro olimpico ad Helsinki 1952 e argento a Melbourne 1956) il ten.v. Agostino Straulino, istriano, che tra il 1964 e il 1965 avrà il comando della nave scuola Amerigo Vespucci, vanto del cantiere navale di Castellammare di Stabia, conquistando il record di velocità a vela.

Nel settembre 1941 si presenta l’occasione per il riscatto del fallito attacco a Gibilterra dell’ottobre 1940. Lo Scirè parte da La Spezia con quattro maiali. Gli Incursori, tra i quali i reduci della precedente operazione, raggiungono la Spagna in aereo sotto la copertura di operai addetti alla manutenzione della pirocisterna italiana Fulgor, internata nel porto di Cadice dall’inizio della guerra. L’adiacenza a Gibilterra l’ha trasformata in base logistica per le incursioni. Siamo nella notte fra il 19 ed il 20 settembre 1941. Nel porto della roccaforte britannica, oltre ad importanti navi da guerra, mercantili destinati all’ approvvigionamento di Malta. Gli Incursori sono trasferiti, col favore del buio, sullo Scirè dove il comandante Borghese assegna gli obiettivi: SLC 140 (ten.v. Decio Catalano e s/capo palombaro Giuseppe Giannoni) e SLC 210 (sten.v. Amedeo Vesco e s/capo palombaro Antonio Zorzoli) la corazzata Nelson; SLC 240 (ten.v. Licio Visintini e s/capo palombaro Giovanni Magro) la portaerei Ark Royal. I mezzi partono alle ore 23,30 del giorno 19. Purtroppo la navigazione è resa difficoltosa a causa di motovedette britanniche che incrociano lo specchio di mare antistante il porto e dai soliti difetti degli autorespiratori per cui sono costretti a rallentare la navigazione. Il ritardo sugli orari previsti rende necessario mutare gli obiettivi prefissati data la loro posizione all’interno del porto. I tre equipaggi riescono, comunque, ad affondare tre mercantili pronti per la formazione del convoglio ed a raggiungere a nuoto la costa spagnola per poi rientrare in Italia.

Per il successo dell’azione il cap.c. Borghese è promosso, per meriti di guerra, al grado di capitano di fregata, tutti gli operatori decorati di Med. d’Arg. al V.M. e i sottocapi promossi al grado superiore.

L’apoteosi della Decima Mas sarà, però, l’azione nota come il più grave colpo inferto alla Marina britannica dalla Regia Marina. È messo a segno da tre equipaggi nel porto di Alessandria la notte sul 19 dicembre 1941. C’è un solo superstite del gruppo storico di Bocca di Serchio, il ten.v. Luigi Durand De la Penne. Lo Scirè mette in mare tre maiali. La coppia De la Penne-capo palombaro Emilio Bianchi si porta sotto la corazzata Valiant e, dopo varie difficoltà, colloca l’ordigno sotto il castello di prua. Una volta riemersi i due, esausti per la fatica immane a causa di avarie all’apparecchio in fase di collocazione, sono individuati e catturati. Interrogati e minacciati, vengono rinchiusi in una cala di prua sotto la linea di galleggiamento (in corrispondenza dell’ordigno). Poco prima della prevista esplosione, De la Penne, con spirito di umanità, avverte il comandante dell’imminenza dello scoppio per far porre in salvo l’equipaggio. Si ripete, a 23 anni di distanza, quanto fece il magg. G.N. Rossetti che avvertì il comandante della Viribus Unitis dell’imminenza dell’esplosione che avrebbe affondato la corazzata austriaca. L’esito sarà diverso: il comandante austriaco strinse la mano al magg. Rossetti pronunciando parole generose invitandolo anche a mettersi in salvo, il comandante britannico, invece, pur ordinando l’abbandono nave, rimanda De la Penne nella cala in quanto si ostina nel rifiuto di indicare la collocazione dell’ordigno.

Alle 6,15 la deflagrazione: la Valiant ha un forte sussulto e si poggia sulla sinistra. Lo scoppio fa aprire la porta del locale-prigione e De la Penne riesce a salire in coperta (al suo passaggio i marinai inglesi assumono, facendogli largo, una posizione di rispetto). Dalla tolda della Valiant, adagiata sul fondo, assiste così, qualche minuto dopo, all’esplosione della Queen Elizabeth, nave ammiraglia della Mediterranean Fleet, opera della coppia istriana cap. G.N. Antonio Marceglia-s/capo palombaro Spartaco Schergat. La coppia cap. AA.NN. Vincenzo Martellotta e capo palombaro Mario Marino affondano, in assenza della portaerei, una grossa petroliera la cui esplosione danneggia anche il ct. Jervis, attraccato di fianco. Saranno catturati dopo aver raggiunta, illesi, la riva. L’esito dell’operazione sarà conosciuto in Italia solo a gennaio inoltrato grazie all’esame di una fotografia aerea. Churchill la comunicherà alla Camera dei Comuni in seduta segreta, con parole di ammirazione per il coraggio degli Incursori, solo il 23 aprile 1942!

Avventurosa la vicenda del duo MarcegliaSchergat: svestita la muta gommata, restano in tuta da lavoro con gradi e stellette. Fermati da sentinelle egiziane, riescono a farsi passare per marinai francesi (nel porto ci sono navi francesi internate). Raggiungono, in treno, Rosetta, località all’estremo lembo di un ramo del Nilo, decisi a prendere una barca: nel piano è previsto il recupero di eventuali superstiti da parte del sommergibile Ambra. All’atto di pagare il biglietto del treno esibiscono sterline, di cui sono stati dotati, che, però, sono fuori corso in Egitto! Riescono comunque a cambiarle e pernottano anche in una pensione ma, la mattina successiva, vengono catturati in seguito a delazione.

Il 10 agosto 1942, in navigazione per una missione di uomini gamma contro la Base navale britannica di Haifa (ora, Israele), il sommergibile Scirè (cap.c. Bruno Zelik), protagonista di tante missioni, viene affondato dal tiro incrociato di batterie costiere e unità navali. È evidentemente atteso tale è la precisione di tiro sul punto previsto di emersione. Si griderà ancora al tradimento ma è sempre la solita macchina Ultra ad avere funzione preminente nella decrittazione dei messaggi del cifratore tedesco Enigma di cui si è servito Supermarina. Nel settembre 1948 la Marina Militare provvederà al recupero di parti significative dello scafo ora conservate nel Museo Navale di La Spezia. Saranno tentate operazioni di recupero del battello risultate però pericolose dato l’innesco del siluro e la difficoltà del disinnesco. Per tenere vivo il ricordo del battello, nel dicembre 2004 viene dato il nome Scirè ad un moderno sommergibile. Madrina, la figlia di un affondatore della Valiant, Emilio Bianchi, ormai novantaduenne, presente alla cerimonia.

Di particolare rilievo saranno le operazioni che, in particolare, gli uomini gamma porteranno a termine nella baia di Gibilterra fra il 1942 e il 1943. L’azione è condotta dalla base logistica ideata e creata in una casa (Villa Carmela) sulla baia di Algesiras da un tecnico, Antonio Ramognino, con moglie spagnola, “arruolato” nella Decima MAS. La base operativa (ten.v. Licio Visintini) è ricavata dalla trasformazione della petroliera Olterra, di un armatore genovese, internata, dall’inizio del conflitto, nello stesso porto. Un’apertura nella murata consentirà ai mezzi ed agli uomini di uscire direttamente in mare. Gli operatori costituiscono la Squadriglia dellOrsa Maggiore. Il comandante Visintini, istriano di Parenzo, ed il suo “secondo”, s/capo palombaro Giovanni Magro, cadranno in azione l’8 dicembre 1942 nel corso di un attacco alla Base navale di Gibilterra. Saranno insigniti di Medaglia d’Oro al V.M. alla memoria.

Una delle ultime azioni di quegli ardimentosi uomini rana, con la situazione militare ormai compromessa, viene condotta da 10 Incursori nella rada di Algeri la notte sul 12 dicembre 1942 con l’affondamento di 2 piroscafi. Il 14 dicembre, il comandante  Salvatore Todaro, impegnato in un’operazione nel porto di La Galite (Tunisia), sarà colpito a morte nel corso di attacco aereo. Già protagonista in Atlantico al comando del sommergibile Cappellini, si era distinto per  imprese condotte con mezzi d’assalto, nel giugno 1942, nelle acque di Sebastopoli (Crimea). Sarà decorato di Med. d’O. al V.M. alla memoria.

Una particolare menzione meritano le azioni solitarie del ten. art. cpl. Luigi Ferraro, genovese vissuto a Tripoli. Entra a far parte, con la moglie (caso unico), del Gruppo gamma e destinato ad Alessandretta (la turca Iskenderun) col falso incarico di impiegato consolare. Riesce, operando da solo nei porti turchi di Alessandretta e Mersina, a danneggiare, coi bauletti esplosivi, un incrociatore inglese e ad affondare tre navi mercantili che trasportano materiale strategico per gli Inglesi. Le 4 medaglie d’argento per azioni individuali saranno poi tramutate in Medaglia d’Oro al V.M.!

L’armistizio dell’8 settembre 1943, purtroppo, creerà una frattura nella Decima MAS: il cap.f. Borghese, che aveva assunto il comando della Decima il 1° maggio, deciderà di continuare la guerra a fianco dei Tedeschi firmando, il 12 settembre, un protocollo, in autonomia dalla repubblica sociale fascista. La Decima diventerà, di fatto, una Divisione di Fanteria leggera ed i suoi reparti saranno impiegati prevalentemente nella lotta antipartigiana e, solo da ultimo, sul confine orientale, tenterà, con alcuni Reparti, un’inutile, disperata difesa di quel lembo di terra italiana che sarà, poi, irrimediabilmente perduta.

Ma questa è altra storia, effetto di una scelta scellerata del suo comandante pro tempore, che inquinerà il ricordo dell’eroismo sublime di cui si coprì la genuina Decima MAS fino all’8 settembre ’43. Cioè di quella Decima MAS che aveva partecipato ad innumerevoli operazioni, tutte di ardimento estremo, con all’attivo, l’affondamento di 5 navi da guerra e 27 navi mercantili, pagando il tributo della perdita di 25 Incursori oltre a quella degli equipaggi dei sommergibili Iride, Gondar e Scirè e dei MAS 451 e 452.

Nel 1944 alcuni Incursori rientrano dalla prigionia partecipando ad azioni belliche contro i Tedeschi, nel troncone di Decima rimasto fedele allo Stato legittimo che, intanto, ha assunto la denominazione di Mariassalt,. Il ten.v. De la Penne parteciperà ad un’incursione, in giugno, contro la Base di La Spezia affondano l’incrociatore Bolzano colà ormeggiato, preda di guerra tedesca. Il cap. Marceglia, istriano di Pirano (all’epoca provincia di Pola), su incarico del Servizio Informazioni della R.M. d’intesa con l’Intelligence Service britannica, nel febbraio 1945 passa le linee per contattare il comandante Borghese allo scopo di predisporre misure per garantire l’intangibilità del confine orientale. Il 24 aprile a Venezia partecipa, coi Partigiani del CLN, a preservare dalla distruzione l’Arsenale della città lagunare.

Nel marzo 1945, a guerra ancora in corso, nella Base Navale di Taranto, il Luogotenente del Regno, Umberto di Savoia, consegnerà le Medaglie d’Oro al V.M. agli affondatori di Alessandria. Ad appuntarla sul petto di De la Penne sarà l’amm. Morgan, all’epoca dei fatti, comandante della Valiant!

La storia della Decima Flottiglia Mas, quella autentica, si ferma, quindi, all’8 settembre 1943!

Per l’eroismo dimostrato, gli Stendardi della Decima Flottiglia MAS della R.M. e del sommergibile Scirè saranno decorati di Medaglia d’Oro al V.M.- Gli Incursori della Decima Mas risulteranno insigniti con 26 Medaglie d’Oro (di cui 10 alla memoria), 96 d’Argento, 30 di Bronzo, 27 Croci di guerra, una Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare d’Italia e 20 promossi al grado superiore “sul campo”.

Nel rispettoso ricordo di tutti gli Incursori, ci piace riportare il brano di una lettera di Teseo Tesei, elbano, personaggio unico di alta sensibilità, scritta alla vigilia della missione a Malta, summa di sentimenti propri di un eroe autentico: “… occorre che il mondo sappia che vi sono Italiani che si recano a Malta nel modo più temerario …  quel che importa è che noi si sia capaci di saltare in aria con il nostro apparecchio sotto l’occhio del nemico”. Questo era e resta lo spirito degli eroici Incursori della Decima Mas.

La Marina Militare, il 15 febbraio 1960, ha costituito il COMSUBIN (15), Reparto addestrato per operazioni speciali di subacquei ed incursori cui è stato dato il nome di Teseo Tesei. Ideatore quel ten.v. Gino Brindelli, Med. d’Oro al V.M., nel 1960 ammiraglio, uno degli otto del gruppo storico di Bocca di Serchio, con l’intento di tramandare lo spirito dell’attacco navale non necessariamente bellico.

dicembre 2016

Giuseppe Vollono

Nota personale:

Nel dicembre 2009 la stampa nazionale riportò una polemica sorta per dichiarazioni dell’allora Ministro della Difesa, Ignazio La Russa, in occasione di una visita alla Caserma Vannucci di Livorno, nel corso della quale, elogiando l’efficienza dei Reparti Speciali delle nostre Forze Armate, aveva ricordato: “La gloriosa Decima Mas, madre di tutte le specialità, orgoglio della nostra Marina e dell’intera Nazione”. Si scagliarono contro di lui alcuni politici della Sinistra accusandolo di rigurgito di nostalgia. In particolare si distinse, purtroppo, l’attuale Ministro della Difesa, On. Roberta Pinotti, che consigliò il Ministro “… di lasciare da parte le emozioni per un passato che l´Italia repubblicana ha combattuto e di concentrarsi sui messaggi da dare alle nostre Forze armate che rispondono alla Costituzione nata dalla lotta di Liberazione”. E, ancora: “l’Italia repubblicana deve … abiurare ciò che è stato il passato”.

Sono dichiarazioni, a mio parere, sconcertanti che offendono la memoria del coraggio e del senso del dovere di quegli ardimentosi, tutti autentici volontari per quelle missioni ad alto rischio, che obbedirono soltanto al loro dovere di soldati in guerra. L’evidente confusione fra la Decima Mas prima e dopo l’ armistizio non può giustificare le prese di posizione in quei termini anche perché di imprese eroiche la Decima al servizio dei Tedeschi certamente non ne realizzò. Ma v’è di più: l’On. Luciano Barca, esponente di spicco del partito comunista tra gli anni ‘60/’80, di cui l’On. Pinotti ha fatto attiva parte, durante la guerra, era Ufficiale nella Decima Mas e proprio in quella Sezione Subacquea che gli aveva consentito di stare a diretto contatto con quegli Incursori decorati al Valor Militare.

Quanto a me, per il profondo senso di rispetto ed ammirazione per quegli ardimentosi, lo scorso maggio, in occasione di un viaggio a Malta, ho gettato un fiore nello specchio di mare antistante Forte Sant’Elmo, laddove, in un’azione sfortunata quanto eroica, s’immolarono gli Incursori che intendevano violare la Base navale britannica. Ho voluto così onorare il sacrificio di tutti i Marinai che sacrificarono le loro vite ritenendo di farlo per la grandezza d’Italia.

 

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Il nostro racconto di casi diversi di calciatori che hanno cambiato casacca finendo in squadre opposte in termini di tifo.
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