Roma sotto ricatto sui rifiuti, Raggi chiama Cantone

I guasti sospetti negli impianti per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti mettono in...

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I guasti sospetti negli impianti per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti mettono in allarme la sindaca di Roma Virginia Raggi. La prima cittadina teme l’isolamento e una nuova emergenza nei prossimi mesi, quelli che portano alla campagna elettorale per le politiche, e negli ultimi giorni ha deciso di rivolgersi al presidente dell’Autorità Anticorruzione, Raffaele Cantone per ricostruire la situazione prima di arrivare a una nuova crisi.

“Rifiuti, Capitale sotto ricatto”. E Raggi chiama Cantone

Guasti sospetti negli impianti, l’azienda di Cerroni non collabora. La sindaca al presidente dell’Anticorruzione: sposo la linea dura

C’è un altro dossier che rischia di rendere infausto il ritorno dalle vacanze di Virginia Raggi: i rifiuti. A metterla in allarme, i dati che le sono arrivati anche in Corsica sulle disfunzioni del sistema di raccolta e smaltimento, sotto tre aspetti: le inefficienze all’interno dell’azienda comunale Ama; i ripetuti e sospetti blocchi degli impianti, sia pubblici che privati; i comportamenti ambigui del gruppo Colari, il monopolista privato che fa capo al «re della monnezza» Manlio Cerroni. Una nuova emergenza, nel pieno della campagna elettorale siciliana e dell’incoronazione di Luigi Di Maio a candidato premier, sarebbe un guaio. Perciò la sindaca di Roma teme l’isolamento e negli ultimi giorni ha deciso di rivolgersi al presidente dell’Autorità Anticorruzione, Raffaele Cantone.

Ci sono due ragioni per cui i rifiuti possono rimanere in strada, causando un’emergenza ambientale, sanitaria e sociale: perché non si riesce a raccoglierli o perché, pur potendo raccoglierli, non si sa dove smaltirli. Roma rischia sotto entrambi i profili.

Il primo riguarda l’efficienza dell’azienda comunale dei rifiuti, messa in discussione da alcuni fatti: la metà dei mezzi che dovrebbero essere nelle strade è in riparazione; manutenzioni affidate all’esterno e programmate per tre giorni si prolungano di una settimana senza motivazione oggettiva né previsioni di penali nei contratti; il rinnovo di migliaia di cassonetti ritarda di tre anni; bracci meccanici rotti nel 2014 non sono ancora stati sostituiti. Tutto ciò in un’azienda che, ha spiegato il presidente Lorenzo Bagnacani in audizione parlamentare, ha almeno 4000 dipendenti di troppo su 8000.

Il secondo profilo riguarda gli impianti di conferimento. I due di Cerroni sono essenziali: devono prendere ogni giorno 1250 tonnellate di rifiuti indifferenziati su 2700 prodotte a Roma. Da aprile, Cerroni è gravato da un’interdittiva antimafia che gli impedisce di avere rapporti con le pubbliche amministrazioni. Per garantire la continuità del servizio ed evitare «un grave pregiudizio ambientale e sanitario», gli impianti sono stati affidati a un commissario nominato dal prefetto Paola Basilone.

Un’operazione che ora appare inadeguata. Il commissario Luigi Palumbo, assai solerte nel reclamare più soldi pubblici per l’azienda di Cerroni, non lo è stato altrettanto nel garantire il funzionamento degli impianti al servizio della Capitale: da quando si è insediato, solo in tre settimane su 20 ha rispettato l’impegno sulla ricezione dei rifiuti nella quantità stabilita.

Da giugno, anche in sedi istituzionali, l’Ama denuncia «fatti improvvisi» che comportano «la riduzione anche del 60% della quantità di rifiuti presa dagli impianti di Cerroni e a volte un fermo completo». Il tutto «senza preavviso». Anomalie che si sono amplificate in estate (con un picco a cavallo di Ferragosto), a dispetto delle ordinanze della Raggi. Inoltre si sono moltiplicati guasti e rallentamenti simultanei, negli impianti di Cerroni e in quelli dell’Ama. Il che ha aumentato l’allerta in Campidoglio, facendo sospettare operazioni di sabotaggio e consolidando la sensazione di essere, su diversi fronti, «sotto ricatto».

A questa fragilità operativa fa da sfondo la questione dei rapporti con Cerroni. Come Cantone ha scoperto con una certa incredulità, questi rapporti dal 2009 non sono regolati da un contratto. Il presidente dell’Anticorruzione, d’accordo con il prefetto, ha ordinato al commissario Palumbo di stipularlo in tempi rapidi. Il commissario per due mesi ha eluso le richieste dell’Ama, poi ha rilanciato chiedendo un contratto di almeno cinque anni, conforme ai desiderata di Cerroni. A fine luglio, Cantone lo ha zittito, imponendogli un contratto-ponte annuale.

È passato un mese e del contratto non c’è traccia. Il commissario s’è dileguato, mentre Cerroni con i suoi uomini ha ripreso in mano il pallino, con una lettera-ultimatum in cui sfida Cantone, detta condizioni capestro, chiede più soldi (sebbene la Regione a guida Pd non lesini generosi e reiterati aumenti di tariffe), paventa blocchi degli impianti e sfiducia i consulenti della PricewaterhouseCoopers, ingaggiati d’accordo con le istituzioni. La prestigiosa società di consulenza aziendale ha risposto con una lettera in cui manifesta «perplessità e stupore», rinunciando all’incarico.

Se finora Roma ha evitato una nuova emergenza è solo perché ad agosto i rifiuti calano. Ma a settembre? Dopo gli ultimatum alle istituzioni e la lettera di Cerroni, dialogante, a Di Maio e Di Battista, la Raggi aveva preparato un comunicato molto duro, bloccato da una parte del M5S romano.

L’escalation l’ha indotta a chiamare Cantone, assicurando disponibilità a soluzioni draconiane. Resta da capire se fino al punto di sopportare il costo di ritorsioni, dentro e fuori il Movimento.

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lastampa/“Rifiuti, Capitale sotto ricatto”. E Raggi chiama Cantone. GIUSEPPE SALVAGGIULO

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