Rissa sui voti all’estero

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La campagna elettorale sul referendum è incandescente. Il fronte del No teme irregolarità nei voti degli italiani all’estero e promette un ricorso se dovessero rivelarsi determinanti.

Rissa sui voti all’estero. Il No prepara i ricorsi e il Pd evoca elezioni

Berlusconi: «Mediaset per il Sì perché teme ritorsioni»

ROMA – Due giorni fa Grillo ha definito Renzi «un killer del futuro». Ieri, sempre i 5 Stelle sul blog del leader, hanno descritto il premier come «una scrofa ferita che attacca chiunque vede perch ha una paura fottuta del voto del 4 dicembre». Un altro pezzo del fronte del No, quello dei professori e dei costituzionalisti, invece minaccia ricorsi se vince il Sì di misura e con il voto decisivo degli italiani all’estero. Un ricorso, hanno spiegato il presidente e il vicepresidente del Comitato per il No Alessandro Pace e Alfiero Grandi, all’ufficio reclami del referendum che può sollevare una questione di costituzionalità. Ci sarebbe a loro avviso la violazione di alcuni principi fondamentali, a cominciare dalle segretezza. Non siamo ancora alla guerra delle carte bollate, ma poco ci manca. Di sicuro è che non c’è fiducia negli avversari, arrivando al punto di non accettare il responso delle urne. Da parte dei grillini e del centrodestra si è pure insinuato il dubbio di brogli elettorali nel voto degli italiani all’estero.

Renzi avverte un certo nervosismo nelle file del No e sostiene che i sondaggi sono sbagliati. E quindi confida di potercela fare. «Quando ci dicono scrofa ferita o serial killer noi dobbiamo tornare sul merito. Non ci danno una scheda con su scritto “scrofa ferita Sì o No’”. Noi faremo campagna referendaria con il sorriso sulle labbra. Non faremo ricorsi e contro-ricorsi. Loro ora tentano di buttarla in rissa, quindi calma e gesso». Poi il premier torna ad avvertire che se vince il No, e «se ritornano quelli di prima a contrattare inciuci», andrà via «con il sorriso, non mettendo il broncio». Cosa succederà dopo? Per il vicesegretario Pd Lorenzo Guerini si andrà presto ad elezioni, entro l’estate del 2017, con una nuova legge elettorale. Una dichiarazione contenuta in un’intervista a Bloomberg e poi ridimensionata. Le sue parole sarebbero state «forzate». «È del tutto evidente che l’indizione delle elezioni è prerogativa del Presidente della Repubblica». Forzature o meno, è questa l’intezione di Renzi che non a caso è tornato a polarizzare lo scontro mentre dall’altra parte della barricata viene aperto il fronte estero.

Oggi i comitati per il No incontreranno il ministro Paolo Gentiloni per capire come sono state definite le liste degli italiani residenti all’estero. In effetti una certa incertezza si è insinuata tra gli anti-renziani: forse perché temono che una forte percentuale di astensionismo possa tenere lontano dalle urne gli elettori orientati al No. Ma c’è chi non vuole mostrare dubbi, come fa Massimo D’Alema. L’ex premier considera sbagliato pensare a ricorsi. «Si fanno quando si perde e io non credo che il No perderà. Inoltre si fanno avendo delle ragioni. Ma in questo caso mi sembra un giudizio preventivo sul voto degli italiani all’estero».

C’è infine una questione tutta interna al centrodestra, quella del ruolo delle reti Mediaset che non si sono trasformate nel megafono del No. A spiegarlo è stato Silvio Berlusconi. «Hanno paura della possibile ritorsione di chi ha il potere. Ho avuto discussioni ed ho dovuto accettare questo fatto essendoci dentro le aziende i risparmiatori. Devo prendere atto che la dichiarazioni del presidente Mediaset sono attribuibili alla difesa di questi risparmiatori. Se il governo dovesse vincere ci sarebbero conseguenze negative per le nostre aziende». Berlusconi guarda pure al dopo referendum e dice cose indigeste per Salvini e Meloni: nuova legge elettorale proporzionale, con lo sbarramento al 5%, e «Grosse koalition» come in Germania.

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