Referendum trivelle, dalla lite sul gasdotto alle royalties: le altre partite in gioco

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Referendum trivelle, il retroscena. Dall’esito della consultazione dipendono anche altre battaglie del presidente della Puglia Emiliano contro il governo, tutte giocate su ambiente e petrolio

Tubi, petrolio, gas e politica. È intorno alla questione ambientale che la Puglia si gioca in questo fine settimana una parte importante del suo futuro. Suo e del governatore, Michele Emiliano, ex magistrato, ex sindaco di Bari, capace di stringere alleanze trasversali nella campagna referendaria contro le trivelle. Se anche non si raggiungerà il quorum, una buona partecipazione al voto potrebbe lanciarlo definitivamente alla ribalta nazionale. Una robusta mano gliel’hanno data, involontariamente, i suoi ex colleghi della procura di Potenza scoperchiando il retrobottega di amicizie private che girava intorno al Mise e ai cantieri dell’oro nero. Ma non è sull’insediamento Total di Tempa Rossa, in Basilicata, che si gioca la parte più importante dello scontro ambientale pugliese. La vera posta in gioco è il Tap, il gasdotto che arriva dall’Arzebagian, approda in Albania e che per ragioni un po’ misteriose invece di percorrere la strada più breve e raggiungere la rete Snam a Brindisi, arriva su una spiaggia incantevole del Salento e finisce a Brindisi solo via terra percorrendo 55 chilometri in più. Perché? Per accondiscendere quali interessi?

“A chi appartengono i terreni intorno alla spiaggia di San Foca?”. È il pomeriggio dello scorso 18 febbraio. La domanda, in apparenza innocente, è del presidente della commissione antimafia, Rosy Bindi. Michele Emiliano è in audizione per raccontare la sua verità sulla Puglia, l’ambiente e il Tap. Il governatore propone di modificare il tracciato del gasdotto arrivando direttamente a Brindisi dall’Albania: “Una strada più breve, dunque più conveniente, che ci consentirebbe di utilizzare il gas per le centrali Enel oggi alimentate a carbone”. Il governatore propone di far funzionare con quel gas anche l’acciaieria dell’Ilva di Taranto. “Proposte fuori tempo massimo”, replicano al Tap. E spiegano: “Il contratto ci impone di far funzionare il gasdotto entro il 2020. I tempi stringono. Se non cominciamo oggi con i cantieri, arriveremo in ritardo e dovremmo pagare le penali”.

Il governatore rilancia: “Se il governo ci ascolta, possiamo cambiare tracciato in sei mesi”. Il consorzio del gasdotto non si fida: “Chi ci garantisce che anche a Brindisi non nasca poi una protesta?”. “Da mesi facciamo anticamera per poter spiegare la nostra proposta al governo”, protesta Emiliano.

La verità è che dalla primavera 2015, quando in campagna elettorale ha cominciato la sua battaglia sul gasdotto e contro il collegamento dei pozzi lucani di Tempa Rossa alla raffineria di Taranto, il governatore pugliese è diventato una spina nel fianco per Renzi. Non che i problemi non ci fossero anche prima. Il famoso emendamento Guidi, quello che l’ex ministro del Mise inserisce nello Sblocca Italia dandone poi notizia al fidanzato Gianluca Gemelli, è del dicembre 2014. Serviva a superare l’opposizione del Comune di Taranto, contrario all’oleodotto che porterà il petrolio lucano alla raffineria pugliese. Solo mesi dopo sarebbe stato, quello di Tempa Rossa, uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale di Emiliano. Insieme alla guerra al tracciato del gasdotto. Una battaglia tra Bari e Roma, certo. Ma anche uno scontro dentro il Pd. Con la nutrita pattuglia dalemiana che attacca a testa bassa Emiliano. “Quella del trasferimento del tracciato del Tap a Brindisi è una sceneggiata che non si realizzerà”, profetizza già in autunno il deputato Fritz Massa. E a novembre il sottosegretario Claudio De Vincenti, proclama: “Il tracciato che arriva a San Foca è la soluzione migliore dal punto di vista ambientale”. Ma su tutta la vicenda i dalemiani sono al centro delle polemiche perché uno dei loro uomini di riferimento in Puglia è l’avvocato Roberto De Santis, già incaricato dalla Avelar del russo Viktor Verkslemberg di studiare l’approdo pugliese del Tap. Interessi in conflitto? E De Vincenti, accusato dalle intercettazioni di far parte della “cricca” che gestiva gli affari del Mise, non sta attraversando un periodo felice.

Se domenica l’esito del voto dovesse dare forza ai No Triv, Emiliano potrebbe passare all’incasso. Magari ottenendo per l’area di Taranto una parte delle royalties del petrolio di Tempa Rossa che oggi vanno solo alla Basilicata. Resta aperto l’interrogativo di Rosy Bindi. Di chi sono i terreni di San Foca? Chi incasserà i denari degli espropri? Al consorzio del gasdotto minimizzano: “I proprietari coinvolti – spiegano – sono circa 200 e otterranno una media di 10 mila euro ciascuno”. Poca cosa. Non è questa la posta in gioco del grande scontro sull’ambiente in Puglia. La battaglia è politica: riguarda il peso delle amministrazioni locali nelle decisioni sull’ambiente prese a livello centrale. L’indagine sul petrolio lucano ha riaperto la partita.

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