Macron si prepara a vincere anche a Giugno: nasce ”Republique en marche”

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PARIGI – La prima giornata da presidente eletto di Emmanuel Macron è cominciata al fianco di chi lo ha scoperto e portato in politica, il capo dello Stato uscente François Hollande. Insieme, hanno partecipato alle celebrazioni per la festa nazionale dell’8 maggio, una lunga cerimonia uno accanto all’altro sotto l’arco di Trionfo. Archiviata la netta vittoria su Marine Le Pen, per 66,1 contro 33,9, senza festeggiamenti pubblici (memore delle critiche dopo la cena in occasione del primo turno in una brasserie chic), dopo aver trascorso la giornata a rispondere a complimenti da ogni parte del mondo, dal presidente americano Trump (che incontrerà al vertice Nato di Bruxelles del 25 maggio) alla cancelliera Merkel al nostro presidente Mattarella, per il giovane quasi inquilino dell’Eliseo si apre una settimana di incontri pubblici – come domani, la commemorazione per l’abolizione della schiavitù – e lavoro privato alla definizione del suo governo.

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Mentre per le strade di Parigi va già in scena la prima manifestazione anti-Macron, al grido di «lo Stato non è un’azienda», lui si prepara alle prossime tappe: domenica si terrà il passaggio dei poteri; lunedì prossimo dovrebbe rivelare il nome del primo ministro. «Ho in mente il suo nome, ma lui ancora non lo sa», ha detto in una delle ultime interviste prima del voto. Una scelta che non è slegata dal prossimo appuntamento cruciale: le legislative di giugno. Ieri, Macron si è dimesso dall’incarico di presidente del suo movimento, «En marche!», che cambia nome in «La République en marche»: giovedì saranno svelati i nomi dei candidati nelle 577 circoscrizioni, che per metà verranno dalla società civile e per metà dalla politica. E potranno avere in tasca anche la tessera di un altro partito, purché si adeguino a una sorta di disciplina di gruppo: «Ci sono tra loro persone con sensibilità socialista, altre con sensibilità dei Repubblicani, altri che non si sono mai impegnati prima», rivela Richard Ferrand, braccio destro di Macron, deputato ex socialista.

Proprio lui è uno dei nomi che girano nel toto-premier di questi giorni, leale e non così noto ai francesi da poterlo presentare come nuovo. Accanto al suo girano i nomi di François Bayrou, il leader del partito centrista Modem alleato di Macron, e, per l’autorevolezza che gli viene riconosciuta, quello di Jean-Yves Le Drian, attuale ministro della Difesa. O, ancora, quello dell’europarlamentare Sylvie Goulard, favorito dal fatto che, in passato, il presidente disse che gli sarebbe piaciuto nominare una donna.

Si fa anche il nome della presidente del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde, che pare però troppo connotata come donna della finanza. E non è nemmeno escluso che possa essere un uomo del centrodestra, dei Repubblicani. Una scelta da fare comunque con attenzione, per non urtare fasce di elettori: secondo un’indagine Ipsos, lo ha votato il 52 per cento degli elettori della sinistra di Mélenchon accanto al 48 per cento di quelli di Fillon. Rimangono pochi giorni per svelare il nome.

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