Hillary vs Trump: negli Stati tradizionalmente liberal il vantaggio su Trump si riduce

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Il malore che ha obbligato Hillary Clinton a lasciare la cerimonia per le vittime dell’11 settembre è ora al centro del dibattito e non è l’unica preoccupazione tra i democratici: nell’ultimo sondaggio nazionale il vantaggio su Donald J. Trump si riduce in Stati tradizionalmente liberal.

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Hillary Clinton, malessere a cerimonia 11 settembre
Hillary Clinton, malessere a cerimonia 11 settembre

Oltre alla salute, Hillary Clinton comincia ad avere problemi seri anche con i sondaggi. Non solo perché nell’ultimo mese il suo vantaggio su Donald Trump a livello nazionale si è molto ridotto, ma anche perché i due rivali ora sono testa a testa in parecchi Stati contesi, i cosiddetti «battleground states», che in teoria non dovevano essere così incerti. Questo discorso vale per Hillary in Nevada e New Hampshire, ma è vero anche per Donald in Georgia e Arizona, rendendo ancora più imprevedibile l’esito della sfida.

Ad agosto, subito dopo le due Convention, Clinton aveva preso il largo, arrivando a distaccare Trump di circa 8 punti nei rilevamenti nazionali. La Casa Bianca però si conquista vincendo nei singoli Stati, che assegnano i 270 voti elettorali necessari ad ottenere la presidenza, e soprattutto qui Hillary aveva una forte posizione di vantaggio, dalla Pennsylvania alla Florida, passando anche per l’Ohio e il Wisconsin.

Nel mese di agosto, però, Clinton ha lasciato quasi interamente il campo al suo avversario. Lei si è dedicata soprattutto alla raccolta dei fondi elettorali, tenendo pochissimi comizi ed eventi pubblici. La campagna di Trump ha insinuato che questo avveniva per problemi di salute, ma comunque ne ha approfittato, occupando le prime pagine dei giornali e le dirette televisive, ad esempio con iniziative tipo il viaggio in Messico. Il risultato è stata una rimonta, che a questo punto a livello nazionale ha portato Donald a circa 3 punti da Hillary, secondo la media dei vari sondaggi stilata da Real Clear Politics. Solo il «Washington Post» ieri dava Clinton avanti ancora di 5 punti, sottolineando però che il livello di entusiasmo tra gli elettori democratici è pericolosamente basso.

Ora un rilevamento fatto dal «Wall Street Journal» e da Marist indica una tendenza particolare anche al livello dei singoli Stati, dove le distanze si stanno accorciando pure in regioni che sembravano fuori dalla competizione. Nel New Hampshire e nel Nevada, ad esempio, Hillary è avanti a Donald di un solo punto, rispettivamente 42 a 41%, e 45 a 44%. Questi erano stati che Obama aveva vinto facilmente nelle ultime elezioni, e i democratici davano per scontato di ritrovarli dalla loro parte. Invece il testa a testa, oltre ad essere in generale preoccupante, allarga la mappa delle regioni dove bisogna combattere, costringendo ad investire tempo della candidata e soldi della campagna, in comizi, spot televisivi ed altro.

Il discorso vale anche per Trump, che in Arizona è avanti di un punto, 42 a 41%, e in Georgia di tre, 46 a 43%. Questi sono Stati che i repubblicani avevano vinto nettamente nel 2012, nonostante la sconfitta generale subita poi da Romney. Donald è anche più debole di quanto non lo fosse Mitt in Texas, ma è molto difficile che questo Stato entri davvero in gioco. Anche in Florida, Iowa e North Carolina i due candidati sono separati da meno di un punto.

A meno di sessanta giorni dal voto questa situazione è molto incerta, ma sembra più preoccupante per Hillary, perché solo un mese fa lei era in netto vantaggio, però non è riuscita a chiudere la partita. La rimonta di Trump ora sta allargando la mappa degli Stati contesi, e questo complica la strategia della Clinton. La candidata democratica, infatti, non può più permettersi il lusso di concentrare le proprie energie e le proprie risorse economiche su pochi Stati decisivi, come la Pennsylvania, l’Ohio e la Florida. Deve difendersi anche nelle regioni che sembravano sicure, come il Nevada o il New Hampshire, e contrattaccare in quelle repubblicane in bilico, tipo la Georgia e l’Arizona, per mettere in difficoltà Trump e complicare la sua offensiva nel proprio territorio. Tutto questo rende più faticosa e dispendiosa la sua campagna, proprio mentre sembra essere più debole fisicamente, e apre la porta a sorprese in vista del voto di novembre.

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lastampa/E la battaglia per la Casa Bianca si spinge anche negli Stati “sicuri” PAOLO MASTROLILLI – INVIATO A NEW YORK

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