Gentiloni lavora alla squadra di governo

Paolo Gentiloni lavora alla squadra di governo e sarà il ventottesimo presidente del Consiglio dell’Italia:...

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Paolo Gentiloni lavora alla squadra di governo e sarà il ventottesimo presidente del Consiglio dell’Italia: oggi tornerà al Quirinale per sciogliere la riserva e accettare l’incarico di formare il nuovo governo. Al suo posto alla Farnesina potrebbe andare Carlo Calenda e in entrata c’è anche l’ex sindaco di Torino Piero Fassino.

Lotti garante della continuità, Calenda o Alfano agli Esteri

I l risiko dei ministri: Boschi potrebbe restare. Possibili gli ingressi di Fassino e Finocchiaro. Bellanova al posto di Poletti. Cuperlo dice no

ROMA – Quotazioni che salgono e altre che scendono. Nomi che si fanno insistenti per mezzo pomeriggio, salvo tramontare prima che faccia buio. Le discussioni per mettere a punto la squadra del nuovo governo guidato da Paolo Gentiloni sono andate avanti ieri tutta la giornata e ancora si prevedevano trattative nella notte per trovare finalmente un equilibrio tra correnti, ambizioni personali, tentativi di blitz e preferenze del presidente incaricato: oggi pomeriggio, terminate le ultime consultazioni, si presenterà al Quirinale con la lista dei ministri.

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Il primo posto da riempire è naturalmente la Farnesina, lasciato libero proprio da Gentiloni. Data per quasi improponibile l’idea che si tenga l’interim (possibile solo se le trattative dovessero incartarsi al punto da non trovare una soluzione), resta in corsa l’ambasciatrice Elisabetta Belloni, segretario generale del ministero molto stimata dall’ex capo della diplomazia promosso premier. Ma ieri il borsino di giornata dava in salita le possibilità di Carlo Calenda, già ambasciatore a Bruxelles per un breve periodo, tenuto in grande considerazione da Renzi, che Gentiloni ha incontrato. E poi ancora girava un’altra ipotesi, un trasloco di Angelino Alfano dal Viminale: gli permetterebbe di prendere le distanze dalla gestione della crisi migratoria, che da anni lo espone a critiche e collasso di voti. Non a caso, vari centristi gli hanno consigliato di provare a spostarsi alla Farnesina. L’operazione avrebbe anche un altro risvolto, svelato ieri dall’Huffington Post: trasferire al ministero dell’Interno il sottosegretario Marco Minniti, lasciando le deleghe di cui si è occupato finora, ai servizi segreti, al renzianissimo Luca Lotti, che da sempre ha una passione per questi argomenti.

Viene infatti confermato che Lotti, l’uomo in assoluto più vicino a Renzi, resterà a Palazzo Chigi anche col governo Gentiloni. Anche l’altra fedelissima, Maria Elena Boschi, è quasi sicuramente in squadra, ma non alle riforme, ministero destinato probabilmente a sparire. Forse ai Rapporti col Parlamento, altra sua delega, o in un ruolo tutto nuovo. In alternativa, potrebbe uscire dal governo per assumere il ruolo di capogruppo alla Camera, scambiandosi di posto col franceschiniano Ettore Rosato. L’ultima parola è sua. Se dovesse abbandonare i Rapporti col Parlamento, in quella casella potrebbe andare la presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, Anna Finocchiaro: in quel ruolo, potrebbe seguire, con discrezione, i lavori delle Camere sulla legge elettorale.

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Matteo Renzi avrebbe preferito cambiassero pochissime facce in questo nuovo governo, per evitare che possa venire percepito come un nuovo inizio, una partenza destinata quindi a durare a lungo. E infatti alcuni ministri con deleghe pesanti non sembra siano mai stati in discussione: Pier Carlo Padoan all’Economia, Roberta Pinotti alla Difesa, Andrea Orlando alla Giustizia, Dario Franceschini alla Cultura, Graziano Delrio alle Infrastrutture. Alfano all’Interno, se non ci fosse uno spostamento agli Esteri. Possibile ma non sicura la riconferma di Beatrice Lorenzin alla Salute. Risalgono anche le quotazioni del ministro dell’Ambiente, il casiniano Gianluca Galletti, che resterà al suo posto: tramontata l’ipotesi che Ermete Realacci, ex presidente di Legambiente e antico amico di Gentiloni, possa prenderne il posto. Delle vecchie frequentazioni del neo premier, del giro di «rutelliani», uno di certo gli resterà accanto: è il portavoce di Renzi, Filippo Sensi, che dovrebbe rimanere a Palazzo Chigi a lavorare con lui.

Mentre Maurizio Martina resterà all’Agricoltura se non dovesse andare in porto l’operazione per diventare vicesegretario unico del Pd, chi è data in uscita è la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini: al suo posto, Gentiloni avrebbe voluto mettere Gianni Cuperlo, l’unico dei leader della minoranza Pd che, a fronte dell’impegno a cambiare la legge elettorale, s’è schierato per il Sì al referendum. Ma ha declinato l’offerta, volendo evitare che si considerasse il ministero come una «ricompensa» per la sua decisione. Al posto della Giannini, Verdini avrebbe messo volentieri Marcello Pera o Giuliano Urbani. Oppure, vorrebbe una promozione del viceministro Zanetti a qualche altro ministero (non l’Economia), ma sembra che Gentiloni sia orientato piuttosto a concedere qualche sottosegretario.

Dovrebbe lasciare anche il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti: in pole position per sostituirlo, l’attuale viceministra allo Sviluppo Teresa Bellanova o, più distanziato, il sottosegretario a Palazzo Chigi Tommaso Nannicini. Mentre se Calenda dovesse trasferirsi agli Esteri, al posto suo a capo del ministero allo Sviluppo ci sarebbe pronto il sottosegretario Claudio De Vincenti. Che, a sua volta, potrebbe essere sostituito dall’attuale vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini. Una posizione in bilico è anche quella della ministra Marianna Madia: possibile arrivi alla Pubblica amministrazione l’ex sindaco di Torino Piero Fassino. Un sudoku di incastri a cui si lavorava ancora nella notte. Per arrivare oggi con la lista pronta. E gli equilibri intatti.

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