Cinque stelle: nuove regole. Apertura ai non iscritti, poteri a Di Maio, multe a espulsi

Per lasciare nelle mani di Di Maio un partito dall’architettura verticale, gestibile in prima persona...

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Per lasciare nelle mani di Di Maio un partito dall’architettura verticale, gestibile in prima persona e con parlamentari «di maggiore qualità», i Cinque stelle mettono in essere uno stravolgimento dei loro regolamenti – dettato dalla necessità –  come sottolineano dai vertici M5S, e mettono in campo i Cacciatori di teste che entrano in azione per la Casaleggio.

Multe da 100 mila euro e nomi civici nei collegi. Le nuove regole M5S

ROMA – I Cinque stelle cambiano pelle. E per la sfida politica del 4 marzo rivoluzionano lo statuto interno per aprire alle candidature della società civile, e lanciano il nuovo codice etico, con una multa di centomila euro a chi trasgredisce le regole.

Uno stravolgimento necessario dettato dalla necessità di lasciare nelle mani di Di Maio un partito dall’architettura verticale, gestibile in prima persona e con parlamentari «di maggiore qualità», come sottolineano dai vertici M5S.

Società civile

Le nuove regole fanno sì che il Movimento possa aprirsi alla società civile. Imprenditori e professionisti non iscritti, individuati in questi anni dai cacciatori di teste pentastellati, potranno infatti proporre la propria candidatura nei collegi uninominali. Per loro non ci saranno nemmeno le consuete parlamentarie online, ma una inedita selezione per direttissima da parte del leader, che avrà voce in capitolo anche sul collegio in cui collocarli. L’improvvisa entrata della società civile nel mondo del grillismo, un tempo legato ai ristretti circoli dei meet-up, cela più ampi e pragmatici obbiettivi elettorali. È innanzitutto necessario riuscire a «convincere il mondo imprenditoriale, che continua a diffidare» del Movimento di governo targato Di Maio, spiegano fonti interne ben informate. E poi, «sarà fondamentale guadagnare quei voti sul territorio finora venuti a mancare». Un tipo di consenso difficile da intercettare, come testimonia la recente sconfitta in Sicilia e per questa ragione ora necessario da recuperare se si tenta la scalata a Palazzo Chigi.

Collegi plurinominali

Diverso il regolamento che riguarda i collegi plurinominali, dove invece le consuete parlamentarie si svolgeranno a partire da oggi sulla piattaforma Rousseau, per chiudersi il 2 gennaio. Qui potranno candidarsi solo gli iscritti, e solo quelli che abbiano un solo mandato alle spalle o che, per lo meno, abbiano già presentato almeno una volta la propria candidatura con il Movimento. Viene dato per scontato il sovraffollamento. Tutti in corsa per salire sul carro che porta ai dorati palazzi di Roma. E chi non dovesse farcela al primo tentativo, secondo le nuove regole ritagliate su misura del Rosatellum, potrà sempre affidarsi alla benevolenza del leader e sperare in un ripescaggio, finendo candidato nel collegio uninominale di appartenenza.

I fortunati che dovessero riuscire a conquistare una poltrona, però, non godranno della libertà concessa durante l’ultima legislatura. Chi, infatti, dovesse avventurarsi in considerazioni su teorie complottiste, scie chimiche o sirene, arrecando così danno al movimento rischierà sanzioni pesanti fino all’espulsione. I vertici hanno anche trovato un rimedio per evitare di lasciare i parlamentari a briglie sciolte, liberi di creare fastidiose correnti interne. Per questo, è pronta la «norma anti-voltagabbana». Ciascun parlamentare, in caso di espulsione dal Movimento, di abbandono del gruppo parlamentare o di dimissioni anticipate senza una buona ragione, sarà obbligato a pagare una penale di centomila euro. Cinquantamila euro in meno rispetto al contratto che Virginia Raggi e i consiglieri eletti avevano dovuto firmare a Roma tra le polemiche.

Incompatibilità

Non potranno invece presentare la propria candidatura gli iscritti che siano sottoposti ad un procedimento disciplinare interno o che abbiano già subito una sanzione dai probiviri, anche in via cautelare. In altre parole, porte sbarrate ai deputati M5S sospesi per il caso «firme false» di Palermo, Riccardo Nuti, Claudia Mannino e Giulia Di Vita, ormai apertamente critici nei confronti del nuovo corso inaugurato da Di Maio. Stesso discorso per chi sia stato condannato o venga a sapere di essere anche solo indagato. Con una differenza sostanziale rispetto al passato. Nel 2013, in caso di indagine, l’incompatibilità scattava qualunque fosse «la natura del reato ad essi contestato». Oggi, invece, il concetto è annacquato. Si valuterà caso per caso, escludendo solo gli indagati per fatti arbitrariamente ritenuti «gravi». Anche in questo caso sarà comunque Di Maio a vagliare le posizioni.

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