Via al reddito contro la povertà, ma i soldi da soli non bastano a battere le diseguaglianze

Linda Laura Sabbadini, sul Via al reddito contro la povertà, scrive: “L’Italia ha finalmente e...

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Linda Laura Sabbadini, sul Via al reddito contro la povertà, scrive: “L’Italia ha finalmente e per la prima volta una misura di sostegno al reddito dei poveri” ma “i soldi da soli non bastano a battere le diseguaglianze”.

Non è solo una questione di denaro

L’Italia ha finalmente e per la prima volta una misura di sostegno al reddito dei poveri. Dopo la sperimentazione del Sostegno per l’Inclusione Attiva (Sia), la nuova misura andrà in atto dall’1 gennaio 2018.

Due miliardi circa di stanziamento per una platea stimata dal governo di 660 mila famiglie, 1 milione 800 mila persone. Ne avevamo bisogno perché la povertà assoluta nel nostro Paese è raddoppiata durante la crisi e poi non è più diminuita. E’ triplicata tra i minori e i giovani. E’ elevata tra gli operai. Ha colpito nuovi soggetti, meno le vecchie forme di povertà che riguardavano in primis gli anziani. E’ un passo in avanti importante ma dobbiamo tener conto di alcuni aspetti. E’ bene che la misura sia vista come un primo passo di una strategia più ampia di lotta contro la povertà assoluta e le disuguaglianze. Questa misura si rivolge ai poveri assoluti, ma dato lo stanziamento previsto raggiungerà solo una parte di essi. Per renderla veramente universalistica il primo obiettivo è trovare nuove risorse per gli anni successivi per allargare il numero di cittadini presi in carico tra i poveri assoluti. A ciò va aggiunto che il nostro Paese soffre un problema più ampio di disuguaglianze che non possiamo e non dobbiamo ignorare. Un problema che non riguarda solo chi non ha le risorse necessarie per portare avanti una vita dignitosa o chi è in condizioni di povertà estrema e che deve avere giustamente la priorità negli interventi. Le disuguaglianze nel nostro Paese sono elevate, sono cresciute e hanno colpito anche settori del ceto medio che si sono impoveriti pur non essendo diventati poveri assoluti. Pur facendo sacrifici e rinunce non vedono prospettive come in passato, soprattutto per i propri figli. Erano abituati che i figli avrebbero migliorato la loro situazione rispetto ai genitori. E’ importante che questa misura venga inserita in una strategia più ampia di lotta al complesso delle disuguaglianze e non solo contro la povertà assoluta.

Ma passiamo alla sua attuazione. La misura è difficile da implementare di per sé. Non si tratta solamente di dare un assegno, ma di prendere in carico le persone avviando un processo per l’uscita dalla povertà, che deve essere formativo, culturale, relazionale, lavorativo, ad ampio spettro, e a cui gli operatori non sono necessariamente pronti. Bisogna selezionare le persone povere e poi saperle accompagnare nel percorso di uscita dalla povertà. Un processo che necessita di una grande condivisione tra ministero, enti locali, Alleanza della povertà e terzo settore, e di una grande mobilitazione generale per individuare i percorsi adeguati, gli enti locali da soli non possono farcela. Un processo che impone di assumere un’ottica di innovazione permanente e di scambio delle esperienze di presa in carico. Conviene con questo approccio anche Francesco Marsico, vice direttore di Caritas Italiana. «La cosa bella è che abbiamo finalmente la legge dello Stato. Quest’anno con l’attuazione del Sostegno per l’Inclusione Attiva abbiamo riscaldato i muscoli, una sorta di pre-allenamento. E ora siamo pronti. Si apre un processo che bisogna saper governare. Ci aspettiamo che sia condiviso e che si inserisca in una politica più generale per la riduzione di tutte le disuguaglianze». Una bella sfida che possiamo vincere tutti insieme e che la politica dovrebbe accogliere.

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