Versailles: stasera vertice Francia, Italia, Germania e Spagna

Stasera i leader di Francia, Italia, Germania e Spagna saranno a Versailles per un vertice...

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Stasera i leader di Francia, Italia, Germania e Spagna saranno a Versailles per un vertice ma, come spiega Stefano Stefanini, «non saranno tanto le riunioni quanto le elezioni in arrivo a determinare il futuro dell’Ue». Intanto il presidente francese François Hollande, nell’intervista a Marco Zatterin,  parla del futuro dell’Europa e spiega che «l’Unione deve andare a più velocità oppure sarà la fine» ed afferma che il rilancio della Ue può partire dal summit di Roma per i 60 anni dei Trattati, in particolare «dalla Difesa», e il candidato della destra repubblicana François Fillon, accusato di impieghi fittizi per moglie e figli, raduna migliaia di persone a Parigi e annuncia: «Vado avanti, la gente è con me».

L’Unione verso le Idi di marzo

A Versailles l’Europa è stata nella polvere e sull’altare. Dobbiamo sperare nel secondo quando, stasera, i leader di Francia, Italia, Spagna e Germania s’incontreranno per serrare le file dell’Unione Europea. È il primo appuntamento di un calendario serrato. Non saranno tanto le riunioni quanto le elezioni in arrivo (Olanda, Francia, Germania, Italia) a determinare il futuro dell’Ue. Alla fine le spinte decisive verranno dalla crescita economica e dalla tenuta dell’euro. Sono i leader però che decidono le risposte alle sfide e conquistano, o perdono, la fiducia della gente. Evitiamo di dare sempre la colpa alle urne.

L’Ue ha conosciuto la crisi del debito sovrano europeo nel 2010-2011; del debito greco nel 2015; dell’immigrazione e del terrorismo nel 2015-2016. Nel gestirle (non superarle – sono ancora con noi) innestava la marcia d’emergenza. Lo si avvertiva non fosse altro che dagli interminabili Consigli notturni. È ancora presente questo senso d’urgenza? Sarebbe il caso lo fosse. In queste, annunciatissime, Idi di marzo si giocano le sorti dell’Unione.

La vittoria di una Presidente francese che dichiara apertamente di volere l’uscita di Parigi, via referendum, le darebbe un colpo di grazia. A differenza di molti anti-europeisti nostrani, maestri nell’equivocità, tutto si può rimproverare a Marine Le Pen, ma non di nascondere le convinzioni. Con lei all’Eliseo verrebbe meno il substrato d’intesa politica su cui poggia l’integrazione europea, con o senza referendum sulla formale uscita. Game over.

Indipendentemente da una Presidente Le Pen, l’Ue è comunque a un tornante della sua storia. Il punto di svolta è stato piantato da Brexit. L’uscita di Londra è ormai, purtroppo, un dato di fatto. La materia del contendere nella separazione sarà enorme e le conseguenze pesanti (come scriveva su queste colonne Francesco Guerrera), ma non si torna indietro. Il vero problema non è il Regno Unito, ma quello a cui il Regno Unito volta le spalle, cioè noi che rimaniamo. Che effetti avrà Brexit sul resto dell’Unione? Ne innesca la disgregazione o spinge a rimanere insieme?

I quattro che si riuniscono oggi a Versailles non hanno dubbi che l’Ue deve assolutamente tenere, con la formula pragmatica delle «più velocità». Non sono una novità, esistono già. Il padrone di casa, François Hollande, illustra abbondantemente i motivi del rimanere insieme. Fra gli altri: l’Ue è alle prese con l’ostilità di Mosca e con le scarse simpatie della nuova amministrazione americana. Dopo Versailles, toccherà a Bruxelles e poi a Roma. Fra tre giorni, al Consiglio europeo del 9 marzo, bisognerà convincere tutti gli altri. E poi la concordia andrà tradotta in voglia di rilancio con la dichiarazione per il 60° anniversario del Trattato di Roma, che l’Italia ospita il 25 marzo.

Non sarà facile. La risposta uniforme dei 27 al referendum del 23 giugno non deve ingannare. E’ difensiva e animata prevalentemente da un sano spirito di difesa degli interessi nazionali. L’unità è più apparente che reale; inesistente sul futuro dell’Ue. Per accontentare tutti, il Libro Bianco della Commissione ha sventagliato ben cinque scenari sul futuro dell’Ue; ognuno scelga quale preferisce. Un’Ue à la carte può essere un buon espediente tattico e un esercizio di consenso. Non dice però dove vada l’Unione. Cinque direzioni sono quattro di troppo.

La palla passa ora agli Stati. L’Italia, terzo Paese dell’Ue a 27, gioca un ruolo di cerniera nelle celebrazioni del 25 marzo, insieme alla Presidenza di turno maltese. Il tempo stringe. A fine marzo, al più tardi, arriverà la lettera di Theresa May che chiede l’uscita dall’Ue ai sensi dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona. O i 27 si fanno trovare uniti – non solo sulle procedure – o il difficile negoziato con Londra, quand’anche un successo nel far pagare ai britannici un conto salato, sarà il catalizzatore di altre spinte centrifughe. Ci sono Paesi Ue che hanno già detto «Brexit è un’opportunità».

I 27 non possono solo difendersi. Serve la voglia di ripartire. Con più realismo, con i piedi per terra, ma con una visione unitaria del nostro futuro europeo. Theresa May ha detto di voler fare di Brexit un successo per il Regno Unito. Buona fortuna. L’Ue che resta non deve essere da meno.

vivicentro.it/opinione
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lastampa/L’Unione verso le Idi di marzo STEFANO STEFANINI

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