Unioni, voto di fiducia e bilanci. Dal dietrofront di Renzi ai passi indietro di Grillo e Alfano. (Lina Palmerini*)

Il voto di fiducia sulle unioni civili chiude una vicenda parlamentare faticosa e piena di...

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Il voto di fiducia sulle unioni civili chiude una vicenda parlamentare faticosa e piena di inciampi che consegna un bilancio politico ai vari protagonisti. A Renzi che per la prima volta ha fatto marcia indietro, ad Alfano e a Grillo che dopo family day e sondaggi hanno rivisto le posizioni iniziali e ai cattolici di tutti i partiti.

Salvo incidenti, con il voto di fiducia di oggi andrà in porto una legge attesa da anni, che aveva relegato l’Italia nella classifica dei peggiori in tema di diritti civili, che era nel programma del Pd da altrettanti anni senza che – con il centro-sinistra al Governo – si fosse mai riuscito ad approvarla.

Questo è un aspetto e va messo certamente nella colonna degli attivi anche se è costato il prezzo di alcune rinunce come l’adozione del figliastro, su cui i numeri erano più che a rischio. L’altro aspetto è quello più strettamente politico di chi ha vinto e di chi ha perso. E qui tutti i protagonisti hanno pagato un prezzo.

Per Matteo Renzi questa è la prima volta che innesta la marcia indietro in modo molto evidente.

Aveva detto che il Governo non sarebbe entrato in partita, aveva detto pure no allo stralcio sulle adozioni ma dopo il voltafaccia dei 5 Stelle anche lui si è accorto che la sua strategia stava prendendo un muro. E che conveniva tornare a quello che era il piano A, ossia il Governo in campo e l’accordo dentro la maggioranza con il partito di Alfano. Dunque, dietrofront.

Un gesto che non c’era stato neppure sull’Italicum quando non fece la mediazione e pose la fiducia che gli costò una divisione cruenta nel Pd con una trentina di deputati, tra cui Bersani, che votarono no. Ma questa volta al premier è toccato il Senato – non la Camera – che vuol dire numeri risicati e obbligo di venire a più miti consigli. E anche di accettare i voti di Verdini che sarà la novità politica di oggi e si vedrà con quali effetti collaterali.

Quello di Renzi non è stato l’unico passo indietro. Anche Alfano e Grillo hanno fatto un’inversione – o una conversione – rispetto le posizioni iniziali. Lo spartiacque, come ricorda Giorgio Tonini presidente Pd della commissione Bilancio al Senato, è stato il family day – ma anche i sondaggi – che hanno risistemato come in una battaglia navale alcuni schieramenti. Una piazza cattolica molto esigente ha chiesto ai politici di stare contro la legge o contro Renzi, ha perfino promosso un “controllo” stretto sui voti dei parlamentari spingendo nell’angolo Ncd che nel Governo ci vuole stare. E che dopo ha riaperto i ponti con il Pd fino ad arrivare all’accordo di ieri e al voto di fiducia di oggi. Alfano perderà il voto di alcuni senatori, come Maurizio Sacconi, strappa la bandiera delle adozioni ma torna indietro sulle unioni civili che questa volta il Pd fa con il centro-destra quando non era riuscito a farle con il centro-sinistra.

Dopo il family day, sono arrivati anche i sondaggi ed è arrivata la “conversione” dei 5 Stelle. Solo qualche ora prima il Movimento aveva posto l’aut-aut al Pd: il Ddl Cirinnà non si tocca o non lo votiamo. Tempo un giorno e Grillo spiazza tutti con la libertà di coscienza sulle adozioni. A quel punto i numeri non erano più sicuri e i giochi sono cambiati. Una svolta che il Pd non ha colto subito, anzi, nel partito di Renzi si sono intestarditi con il canguro. Altro errore e riflessi lenti. Ma nel bilancio di questa vicenda va messo che i grillini ora non potranno intestarsi la legge né prendere la bandiera delle adozioni su cui hanno fatto marcia indietro. Finisce pure ogni tentazione di alleanze parlamentari con loro.

Infine i politici cattolici, perché questa legge li ha messi di fronte al cambiamento della Chiesa. Che non è più quella degli estremisti né di chi invade la sfera parlamentare – come il cardinale Bagnasco che aveva perfino chiesto il voto segreto – ma è quella di Papa Francesco che dice “non mi immischio nella politica italiana”. La visione della Cei di Galantino, più accogliente e realista, che a sua volta aveva riflettuto su quel “no” ai Dico del 2007.

*ilmanifesto

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