Pandemia: il COVID spadroneggia e l’opposizione gigioneggia

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Pandemia: il COVID spadroneggia mentre l’opposizione gigioneggia cercando visibilità con polemiche pretestuose ed inopportune, in una emergenza come questa

Pandemia: il COVID spadroneggia e l’opposizione gigioneggia

La pandemia COVID spadroneggia,  i dati non lasciano spazi a dubbi nè alimentano speranze. Se andiamo avanti così siamo nel pieno infuriare di un contagio che galoppa. Giustamente il premier lo ha definito un treno che ci sta venendo addosso e che rischia di travolgerci se non riusciamo a fermarlo.

Le opposizioni hanno passato la primavera inoltrata e l’estate a predicare che il virus era in disarmo e che gli italiani e la loro economia avevano il diritto-dovere di riprendere il loro corso abituale. Per le ferie: italiani al mare e settore turistico da incentivare e sostenere. Addirittura presso un’Aula del Parlamento è stato organizzato un convegno, con tanto di “illustri” medici e scienziati, che si sono affannati a “dimostrare” che eravamo sostanzialmente ormai fuori dal tunnel buio. Al massimo qualche colpo di coda, avremmo potuto subire.

Ed, infatti, ai primi freddi s’è visto. Non un colpo di coda, ma uno tzunami ci è rovinato addosso. Con una violenza ed una virulenza rinvigorite. Contagi in rapida risalita. Malati in aumento. Ospedali quasi allo stremo. Terapie intensive sulla strada della saturazione. Il governo corre ai ripari e studia un modo per circoscrivere l’incendi dov’esso di più divampa. E anzichè la chiusura generalizzata, adotta il corretto criterio delle chiusure mirate dove i dati lo impongono.

Naturalmente non viene fatto spannometricamente. Vengono individuati 21 parametri per valutare le condizioni di criticità, in base ai dati che ogni singola regione fornisce al Ministero della salute. Adottando simili criteri vengono individuate le zone rosse, ad alto rischio, che devono chiudere in maniera sostanziosa e le zone arancione un po’ meno. Ma pur sempre devono subire limitazioni negli spostamenti e nelle attività economiche.

Ebbene? I presidenti delle regioni interessate cominciano a stracciarsi pubblicamente le vesti di fronte al loro elettorato. Il governo ha “dato uno schiaffo che non meritava alla Lombardia”, si lamenta Fontana da Milano. “La regione Calabria non merita un isolamento che rischia di esserle fatale. Impugneremo l’ordinanza del Ministero”, afferma il presidente facente funzioni della regione Calabria. In Sicilia il presidente Musumeci, vuole conto e ragione del perchè la Sicilia è diventata arancione: “scelta scriteriata, dovuta ad una svista del Comitato tecnico scientifico”. Ovviamente la linea la detta Salvini che per tutti i presidenti ragionali afferma che il provvedimento del ministro Speranza è stato assunto su dati vecchi di dieci giorni. Ma i dati al ministero non li forniscono aggiornati le singole regioni? E comunque, sempre secondo Salvini, il provvedimento appare più dettato da motivazioni politiche che scientifiche. Forte del fatto che le regioni con restrizioni sono amministrate dal centrodestra.

La pandemia spadroneggia, la casa brucia e anzichè buttare acqua sul fuoco per spegnere l’incendio, l’opposizione si gigioneggia ancora a buttare benzina sul fuoco. Nella logica del tanto peggio tanto meglio. Anche se il numero dei morti è tornato a correre per raggiungere le cifre di marzo e aprile. Anche se le persone ammalate fanno otto – dieci ore di attesa dentro un’ambulanza prima di essere visitati in un pronto soccorso. Anche se ad ammalarsi seriamente non sono più gli anziani solamente, ma anche i quarantenni. Di fronte ad uno spettacolo simile, cosa bisogna aspettare ancora per ricomporsi e mettersi a riflettere su cosa conviene fare,  per uscirne tutti insieme? Si vede che l’opposizione –  agitando le acque delle polemiche inutili e fondate sul nulla – mira ad avere sempre più visibilità.

E ci viene spontanea una qualche riflessione sulla nostra sanità pubblica, frammentata su venti competenze regionali. Abbiamo assistito in questi mesi all’anarchia dei tamponi, alla carente gestione della medicina del territorio, alla diseguaglianza nella somministrazione dei vaccini tra regione e regione. Sono cose intollerabili, specialmente in un periodo di grave pericolo per la salute pubblica come quello che stiamo vivendo.

La regionalizzazione spinta della sanità, voluta dalla dissennata riforma del Titolo V del 2005 di Bossi e Berlusconi, ha mostrato i suoi limiti ed i danni che può causare,  in un periodo di forte criticità. Va rivista e va corretta. Con urgenza. Anche per evitarci questi patetici teatrini a cui i presidenti di regioni ci fanno assistere, compulsi nel loro ruolo di “governatori”. L’Italia la abbiamo fatto unica a costo di sangue e sofferenze di molti Uomini generosi. Vogliamo che unica resti, per come ce l’hanno consegnata. Possibilmente vorremmo lasciarla migliore. Non certo sbriciolata in venti satrapie, in mano a consorterie partitiche di bassa lega.

Carmelo TOSCANO

 

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