Il Marchisio proibito. MASSIMO GRAMELLINI*

La fede calcistica a tinta unita mi mette al riparo dal sospetto di solidarietà acritica...

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La fede calcistica a tinta unita mi mette al riparo dal sospetto di solidarietà acritica verso uno juventino di ferro come Marchisio. Però vi domando: ha senso montare una polemica irta di dita puntate e sopraccigli arquati contro un calciatore che si è limitato a esprimere in un tweet la sua contrarietà al commento di un telecronista? L’altra sera, durante Inter-Juventus di Coppa Italia, Marchisio non era in campo, ma davanti alla tv, un po’ agitato come tutti i tifosi juventini per la piega imprevista che stavano prendendo gli eventi, con i nerazzurri in piena remuntada. E quando il telecronista Rai, il bravo Gianni Cerqueti, ha considerato falloso l’intervento di un giocatore della Juve, Marchisio gli ha affibbiato via Twitter del «non vedente». Politicamente corretto perfino nella scelta dell’epiteto. Ma nemmeno questo è bastato ad evitargli una tempesta di richiami all’ordine e al senso di responsabilità.

Va bene bonificare il calcio dalla violenza e dalle provocazioni gratuite, ma se ci mettiamo a censurare anche le manifestazioni di disappunto, se dare del «non vedente» a un telecronista diventa una forma di lesa maestà, allora non lamentiamoci quando gli sportivi inanellano davanti ai microfoni una sequela irritante di frasi fatte e luoghi comuni. L’impressione è che gli abitanti del pianeta social – a cominciare, sia chiaro, dal sottoscritto – abbiano la pelle eccessivamente sottile. La comunicazione si sta trasformando in un rito di indignazione a ciclo continuo che finisce per mettere sullo stesso piano le cose serie e quelle che si potrebbero tranquillamente liquidare con un «embè?».

*lastampa

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