Geremicca: dopo la sentenza della Consulta ”la strada verso il voto non è scontata”

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Federico Geremicca sostiene che, dopo che la Corte Costituzionale ha bocciato l’Italicum,“la strada verso il voto non è scontata”. Carlo Bertini spiega cosa cambia ed intanto Renzi studia una strategia per il ritorno

Perché anche dopo la decisione della Corte le urne non sono scontate

Un coro. Apparentemente generale. Che sarà arrivato magari attutito nelle austere sale del Quirinale, ma non fino al punto da non esser comprensibile. Il coro dice «al voto, al voto». E preannuncia, dunque, altre giornate non facili per Sergio Mattarella.

È la reazione – largamente diffusa e largamente prevedibile – con la quale gran parte delle forze politiche ha accolto le decisioni della Corte Costituzionale sul cosiddetto Italicum. Da Grillo a Renzi, da Salvini alla Meloni, molti chiedono di stringere i tempi e tornare in fretta alle urne. Qualcuno lo vorrebbe davvero, sentendo il vento teso nelle vele; qualcun altro lo dice per far sapere, semplicemente, di non averne paura. Ma sottotraccia già si intravedono – al di là degli orientamenti del Quirinale, che vorrebbe una normale conclusione della legislatura – ostacoli oggettivi e volontà politiche capaci di rendere la strada verso le elezioni una difficile corsa a ostacoli.

Il perché è presto detto. Il giudizio della Corte Costituzionale, in realtà, consegna al Parlamento una legge solo teoricamente «di immediata applicazione». L’Italicum, infatti, non è stato «raso al suolo»: la Consulta ha sì cancellato il ballottaggio tra i due maggiori partiti (in caso nessuna forza politica raggiungesse il 40% al primo turno) ma ha dichiarato legittimo il premio di maggioranza.

Ciò rende la nuova legge del tutto disomogenea rispetto a quella del Senato (interamente proporzionale) imponendo al Parlamento la necessità di intervenire. Ed è appunto attorno a questa necessità che già si sente un sinistro tintinnar di sciabole.

A non volere elezioni entro la primavera sono Forza Italia, i gruppi centristi e mezzo Pd (la cosiddetta minoranza). Vorrebbero invece un voto in tempi brevi tutte le forze definite anti sistema (da Grillo a Salvini) e la parte di Pd fedele a Matteo Renzi: ma i fautori di un ritorno immediato alle urne sono divisi e in disaccordo tra loro circa la legge con la quale riandare al voto. La maggioranza del Pd intende infatti difendere quel che sopravvive dell’impianto maggioritario dell’Italicum e spinge per un ritorno al Mattarellum, mentre Grillo, Salvini e Meloni si dicono pronti a tornare alle urne anche con una legge del tutto proporzionale.

La partita, insomma, comincia ora: ed ha sbocchi imprevedibili. Si svolgerà in un clima tra i peggiori degli ultimi anni, nel quale le difficoltà e gli impegni che sono di fronte al Paese (dalla ricostruzione ai problemi economici, fino al G7 di fine maggio) sembrano contare poco o nulla rispetto alle fortune di questo o quel partito. Eppure, al di là dei tempi del voto, il bivio che è di fronte al Parlamento è di quelli storici: proseguire sulla via del maggioritario o tornare indietro (molto indietro…) rispolverando un sistema proporzionale?

La scelta da compiere non è semplice, ed è difficile fare previsioni. Una sola cosa può esser considerata certa: e cioè che non sarà facile per il Presidente della Repubblica portare a scadenza naturale una legislatura che già era boccheggiante e che ora, dopo la sentenza della Consulta, pare in piena e irreversibile agonia.

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