EUROPA: né con te né senza di te vivere posso, dopo coronavirus

Durante la tempesta coronavirus l’Italia delusa è costretta a dire all’Europa: né con te né...

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Durante la tempesta coronavirus l’Italia delusa è costretta a dire all’Europa: né con te né senza di te, vivere posso quando sarà passata.

EUROPA: né con te né senza di te, vivere posso, dopo la tempesta coronavirus

Una tragedia immane, che qualcuno ha definito addirittura “biblica”, si sta abbattendo e  flagellando l’Europa, ha scavalcato velocemente l’Atlantico e sta martoriando le Americhe, dopo avere falcidiato vittime a migliaia in Cina.

Un cataclisma planetario che attacca vite umane e lascia dietro di sé una scia di devastazione sociale che porterà miseria materiale e miserie spirituali.

Il coronavirus sembra un genio del male che sia si sprigionato da un misterioso sortilegio per piombare nella nostra società opulenta, che con il suo benessere materiale si baloccava all’idea di essere onnipotente ed immune da malattie, ormai quasi tutte sconfitte – o almeno parzialmente domate – dal progresso tecnologico.

Agli inizi di questo sciagurato anno palindromo 2020, abbiamo dovuto prendere amara consapevolezza che la nostra onnipotenza è un delirio e la nostra incolumità una nostra illusione. Un virus da nulla, fatto da una semplice molecola di RNA, poco più di un filamento coperto da un debole straterello di grasso, ci sta tenendo in scacco a centinaia di milioni di supponenti esseri umani.

Siamo atterriti perché i morti si contano a migliaia, non sappiamo neanche dove seppellirli. Abbiamo capito che se vogliamo sconfiggerlo dobbiamo restare uniti allontanandoci tra di noi.  Ci allontaniamo per rinserrare i nostri vincoli di umana solidarietà. Ci allontaniamo per aiutarci. Non ci era mai successo. Dobbiamo allontanare i nostri corpi per avvicinare i nostri cuori e le nostre menti.

Oggi piangiamo i morti e mettiamo in salvo noi stessi. Ma dobbiamo pensare anche al domani dei sopravvissuti. La paralisi produttiva della società sta creando e continuerà a creare gravissimi danni economici, che annunciano povertà. Gli Stati devono curare l’emergenza sanitaria acutissima che richiede risorse ingenti per la sanità. Ma ci vorranno anche ingenti risorse per l’emergenza sociale che già sin da ora si manifesta tra i più poveri che sin da ora non hanno di che mangiare. Ma presto moltissimi perderanno il lavoro e cadranno nei disagi e nel bisogno anche loro, che non l’avevano mai conosciuto. Questo genera paure ed egoismi che bisogna cercare di prevenire e sforzarsi di governare.

Ogni nazione deve cominciare a pensare ai provvedimenti da prendere per sostenere l’economia e fare in modo che essa non si deprima ulteriormente. Anzi che possa ripartite appena il flagello si sarà mitigato. Se l’economia riparte i cittadini non soffrono la miseria e possono anche pagare le tasse che servono alla Stato per garantire i servizi.  È un circolo virtuoso che va mantenuto funzionante. Se si inceppa sono guai per tutti.

L’Italia è una dei paesi europei più colpiti da questa che ormai è una pandemia. Ma anche altre nazioni sono sotto la furia del contagio: Spagna, Francia, ecc. Per far ripartire le loro economie ci vorranno ingenti capitali. Ed ogni singolo paese non ne può disporre in simili quantità. Però facendo parte dell’Unione Europea si spera di poter trovare una solidarietà comunitaria che aiuti ad alleggerire i pesi, spalmandoli nel tempo e distribuendoli tra i partner.

Settimana scorsa una riunione tra i capi di stato e di governo non è riuscita a trovare un accordo su come aiutarsi tra le varie nazioni colpite dal coronavirus. Ed ecco che spuntano le miserie che si aggiungono alla miseria. Gli stati ricchi del Nord Europa – Germania e satelliti – non intendono condividere il rischio del debito dei paesi del Sud Europa – Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, ecc.

I ricchi sono disponibili a concedere prestiti ai paesi colpiti dalla pandemia, ma con le stringenti condizioni dei Trattati europei, che prevedono rientri ben scadenzati e controlli implacabili sul bilancio statale del Paese debitore. Come fu fatto con la Grecia, che ne uscì umiliata agli occhi del mondo.

L’Italia, oggi si trova in un ingrato bivio. Ringraziare  i partner  europei della generosità e dignitosamente rinunciare ai prestiti onerosi. Cercando di fare da sola. E sapendo di non averne le forze. Oppure restare e prepararsi a condizioni stringenti, che se non saranno come quelle riservate alla Grecia, ci somiglieranno molto.

La generosa Europa auspicata da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, nel documento di Ventotene, cui misero le basi grandi uomini della statura di De Gasperi e Adenauer, che nasceva per diventare la casa comune delle Nazioni sorelle, piano piano è tralignata, nell’arcigna Europa dei ragionieri, dei grigi burocrati attenti alla correttezza dei bilanci. Senza neanche curarsi da quali vicissitudini umane – nel bene e nel male – essi sono figli. Non è l’Europa degli animi e di cuori, ma l’Europa dei portafogli. E chi ce l’ha più ben fornito comanda. Non è cambiato nulla, rassegniamoci. Una volta si combatteva con i cannoni adesso si combatte con il denaro.

Neanche una simile pestilenza che semina morte, dolore e povertà riesce a scalfire la granitica fede nel denaro di chi lo possiede. Ci hanno fatto appassire anche quel briciolo di ideali europeistici che coltivavamo, al punto che non ci viene neanche di esclamare: Dio salvi l’Europa!

Carmelo TOSCANO

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