Un nucleo forte per creare una strategia GIAN ENRICO RUSCONI*

Il ministro Paolo Gentiloni ha rotto il tabù verbale: «È giusto discutere di un’Europa a...

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Il ministro Paolo Gentiloni ha rotto il tabù verbale: «È giusto discutere di un’Europa a due velocità; opposte visioni devono e possono convivere». Non so se la pensa così anche Matteo Renzi. In questo caso dovrebbe cogliere l’occasione della visita a Berlino per sondare la cancelliera Merkel.  

Ovviamente non ci aspettiamo nessuna dichiarazione ufficiale.  

Dopotutto, l’idea originaria di un «nucleo forte europeo», trainante rispetto ad altre situazioni nazionali, risale a Wolfgang Schaeuble, l’attuale potente e leale ministro della cancelliera.  

Da parte sua, il premier italiano continua a lamentare la mancanza di coordinamento, oltre che di guida da parte dell’Unione proprio sul punto diventato cruciale della migrazione. «Se si cerca una strategia complessiva per la soluzione dei profughi – ha detto l’altro ieri in una intervista alla “Faz” – non può bastare se Angela Merkel prima chiama Hollande e poi chiama il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, e io apprendo del risultato sulla stampa». 

Occorre evidentemente una politica efficacemente concordata che risponde a quella «visione comune sul futuro dell’Unione», che il ministro Gentiloni evoca con una formula di rito, che tuttavia suona patetica davanti a quanto sta accadendo.  

La sospensione del trattato di Schengen è il segno più evidente della mancanza di una «visione comune», anche perché discutendone – anzi senza discuterne affatto insieme – si è creata una grande confusione tra confini interni ed esterni dell’Unione. Senza dimenticare che tale sospensione è stata motivata con ragioni diverse: mentre alcuni Paesi lo stanno facendo per fermare i migranti, la Francia lo ha fatto contro la minaccia terroristica. Né mi pare che su questo punto ci sia una convergenza tra le due nazioni che un tempo con ambivalenza si lasciavano volentieri chiamare «direttorio franco-tedesco». 

A questo punto, chi e in quale sede si può rielaborare una politica efficace, se le istituzioni esistenti non funzionano più? Come si inventa un «nucleo duro»? Chi sta dentro e chi sta fuori? Gentiloni dice che ne dovranno parlare «i sei Paesi fondatori a sessant’anni dai trattati istitutivi».  

Ma sarà la politica della migrazione il criterio discriminante? Certamente per la Germania il controllo e la riduzione del numero dei rifugiati/richiedenti asilo è il punto cruciale e prioritario sul quale il governo Merkel gioca tutto il suo prestigio, se non addirittura la sua stessa sopravvivenza. Ma ci sono altre questioni urgenti che stanno direttamente a cuore all’Italia: la messa in sicurezza del sistema bancario e il problema complicato della «flessibilità» dei bilanci a favore della «crescita» (per tacere di tutta la dimensione geopolitica ed energetica – dalla Libia ai rapporti con la Russia). 

Nell’ipotesi – evocata qui soltanto per scongiuro – che l’intera costruzione dell’Unione dovesse disgregarsi, i costi più alti saranno pagati dalla Germania e dall’Italia. Può sembrare paradossale che «la nazione di riferimento» europeo, la Germania, e l’Italia, la «nazione poco affidabile» agli occhi di molti tedeschi ed europei, siano unite da questa prospettiva  

*lastampa

 
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