Statuto dei lavoratori. Per cinquant’anni riferimento dei lavoratori

Cinquanta anni fa, precisamente il 20 maggio 1970, nasceva una delle normative più importanti del...

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Cinquanta anni fa, precisamente il 20 maggio 1970, nasceva una delle normative più importanti del nostro Paese in tema di diritto del lavoro: lo Statuto dei Lavoratori.

Statuto dei lavoratori. Per cinquant’anni riferimento dei lavoratori

Lo Statuto dei Lavoratori nasceva al culmine di un periodo di grandi contestazioni nelle fabbriche e nelle piazze, il cosiddetto “autunno caldo” del ’69, dove i lavoratori rivendicavano a gran voce una riforma delle norme che regolavano il lavoro.
In Italia solo quell’anno si ebbero oltre 230 milioni di ore di sciopero che contestavano, tra l’altro, l’assoluta libertà di licenziamento degli imprenditori, la scarsa sicurezza sui luoghi di lavoro, il basso livello dei salari rispetto alle medie europee, le forti differenze di retribuzione tra Nord e Sud.
Una protesta forte ed estesa che non poteva essere ignorata dal mondo imprenditoriale e politico. Così, elaborato dal giuslavorista Gino Giugni e per iniziativa di alcuni politici quali Giacomo Brodolini e Carlo Donat-Cattin, prendeva vita la legge n.300 del 1970, detta Statuto dei Lavoratori che, con 6 Titoli e 41 articoli, accoglieva le richieste degli operai.
La legge n.300 del 1970, fu varata per garantire la libertà e la dignità del lavoratore, assicurando nel contempo la rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro, per il rispetto della normativa stessa.
Lo Statuto regolava questioni importanti, quali il divieto di licenziamento senza giusta causa, la libertà di manifestare apertamente le proprie opinioni politiche e sindacali, la rappresentanza sindacale, la libertà di indire assemblee e di divulgare materiale informativo nelle fabbriche. Nel contempo il governo approvava misure più favorevoli per i lavoratori in materia pensionistica e assicurativa.
Da allora sono passati cinquant’anni, ma non li dimostra e, nonostante le modifiche apportate allo Statuto lo scorso decennio, esso ancora oggi è alla base del diritto del lavoro e il punto di riferimento per milioni di lavoratori italiani.
Ad essere oggetto di modifica l’art. 18 , una dei punti cruciali dello Statuto. L’articolo prevedeva che, se un licenziamento era ritenuto illegittimo, ci doveva essere la reintegrazione nel posto di lavoro (ma solo nel caso di imprese con più di 15 dipendenti). La riforma Fornero del 2012 ha stabilito invece, in luogo della reintegra, quattro differenti tipi di tutela, secondo i vizi che inficiano il licenziamento.
In seguito, con lo Jobs Act del governo Renzi, tra il 2014 e il 2015, l’art. 18 è rimasto solo per i rapporti lavorativi iniziati prima del 7 marzo 2015. Dopo tale data, infatti, per i contratti a tempo indeterminato, vige la disciplina del “contratto a tutele crescenti”, introdotta dal dlgs 23/2015. Per i lavoratori a tempo indeterminato e licenziati ingiustamente, la norma prevede il pagamento di un’indennità, invece della reintegrazione nel posto di lavoro.
Nonostante le modifiche, lo Statuto rimane un documento fondamentale per la tutela dei lavoratori, un testo che ha fatto la storia della nostra Repubblica per cinquant’anni e per molti aspetti ancora valido, ma che avrebbe bisogno di essere rivisitato, attualizzato, alla luce degli enormi cambiamenti che hanno investito la nostra società negli ultimi anni.
Celebrare la nascita di questa legge, ricordare come è nata, è doveroso, ma tanti sono i nodi ancora da sciogliere, anche a causa degli ultimi tragici eventi legati alla pandemia, come il rapporto tra la sicurezza sui luoghi di lavoro e la necessità della ripartenza, il lavoro nero o precario, il contrasto tra smart-working e diritto al tempo libero.
Sicuramente è un momento difficile per la nostra economia e riuscire a far ripartire l’Italia, conciliando al tempo stesso le tante esigenze del mondo del lavoro, non è un compito di facile soluzione, ma richiede fermezza, lungimiranza, interventi mirati e rapidi, che speriamo ci consentano di ritornare al più presto ai livelli ante-Covid-19.
Probabilmente la società italiana cambierà, il mondo del lavoro accelererà ancora di più le sue mutazioni, nasceranno nuovi tipologie di lavoro, nuove figure professionali e nuove forme contrattuali, ma le metamorfosi non ci spaventano.
Il nostro Paese nella sua storia ha attraversato tanti momenti bui, anche nel recente passato, come quando ha dovuto letteralmente risorgere dalle sue ceneri dopo l’immane catastrofe della seconda guerra mondiale. Non è stato facile, ma il popolo italiano è resiliente, non si abbatte mai. Ce l’abbiamo fatta allora e ce la faremo ancora.

Adelaide Cesarano

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