Scuola: sempre più pletorica e totalmente fuori fuoco

Ho sempre considerato i genitori che creano grane ai docenti dei monumentali rompiscatole, i prodotti...

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Ho sempre considerato i genitori che creano grane ai docenti dei monumentali rompiscatole, i prodotti di punta del peggiore Sessantotto – scrive Feltri a proposito della scuola, ed aggiunge: Alle elementari ho comandato ai miei figli il più severo rispetto delle sacrali regole scolastiche. Ma ora? Ora mi domando sei sia giusto infliggere a una bambina di dieci anni una catena di montaggio da dieci-undici ore al giorno imbattendosi sovente in testi del genere: «Nella seguente rappresentazione, ai numeri naturali 5, 4, 7, 9, 12, 2, 8, 1, 10, 0 associa i punti che sono le loro immagini» Non è italiano questo –  aggiunge -, è una lingua vagamente di ceppo indoeuropeo ma non è italiano, dico. Nemmeno la stele di Rosetta, ripassata qualche giorno prima, è indecifrabile come «rappresenta la loro intersezione per elencazione e con diagrammi».

Ma leggiamo tutto il suo odierno editoriale

Se il papà non riesce a fare i compiti della figlia

«Guardati attorno, fatti una domanda, datti una risposta». C’è scritto così, sul diario. Ma non è il trionfo di Gigi Marzullo, è semmai il nostro ultimo tracollo, ormai notturno. Sarebbe un compito di scienze. «Guardati attorno, fatti una domanda, datti una risposta».

Una bambina, dice mia figlia, si è chiesta a che stesse pensando il gatto, e si è data risposte che tiene per sé, in attesa di squadernarle impettita in classe. Alle nove di sera mi farei questa domanda: «Perché?». E mi darei questa risposta: «Boh». Perché sono le nove di sera e nel mio giorno di riposo sono ancora qui, ininterrottamente dalle 16, a fare compiti con mia figlia, dieci anni, prima media? Non studiavo tanto nemmeno quando alle medie ci andavo io. Ci siamo arrampicati sulle vette della grammatica, sulle crode della geografia, sulle sommità della matematica. E lassù abbiamo trovato i resti insepolti di Eulero e Venn, coi loro diagrammi, fantasmi del passato come muschi e licheni, come gli usi e costumi del Giappone. Non è una metafora a caso, è un tuffo nel vuoto imbattersi in un testo del genere: «Nella seguente rappresentazione, ai numeri naturali 5, 4, 7, 9, 12, 2, 8, 1, 10, 0 associa i punti che sono le loro immagini». Benedetta mi osserva mentre impreco e mi dà ragione, non si capisce nulla, ma è una partita che conduce a suo vantaggio, mentre è oscurata da un’ombra di disprezzo per il padre sconfitto. Non è italiano questo, è una lingua vagamente di ceppo indoeuropeo ma non è italiano, dico. Nemmeno la stele di Rosetta, ripassata qualche giorno prima, è indecifrabile come «rappresenta la loro intersezione per elencazione e con diagrammi». E poi la geografia, che dovrebbe essere uno dei miei cavalli di battaglia, è ormai ispirata alle istruzioni per il montaggio della libreria Billy: «La carta geografica è la rappresentazione ridotta di una vasta area, che si può indicare tramite scala numerica o scala grafica».

La giornata di mia figlia si svolge ormai così: sveglia alle 7,15, ingresso a scuola alle 8, uscita alle 14, a tavola alle 14,30, inizio compiti alle 15, conclusione compiti alle 20,30 circa, con merenda e cena incorporate, a letto alle 21,30. Un arcipelago Gulag dell’infanzia. I primi giorni facevamo francese a pranzo, completando i dialoghi di Matilde e Sébastien con bonne journée, salut, au revoir, à tout à l’heure; e facevamo storia a sera, riassumendo in mappe concettuali l’architettura e la religione degli antichi greci. Mappe concettuali! Per sapere che cosa sono abbiamo chiesto a Google. Via WhatsApp controllavo che la riduzione in scala 1:2 della sagoma di un fox terrier fosse eseguita al millimetro. Telefonavo per verificare che la bimba avesse assimilato la differenza fra crosta e mantello nella stratificazione terrestre, e ricordasse che lo stambecco è un bovide che vive oltre i mille metri e si nutre prevalentemente di vegetazione erbacea, oltre che di graminacee non appetite da altri ungulati. Poi mia moglie e io, che siamo fuori tutto il giorno, ci siamo arresi e abbiamo ingaggiato un’universitaria per «l’aiuto compiti». Costo: quindici euro l’ora. Il primo giorno, dopo tre ore (15-18, come la Prima guerra mondiale), i compiti non erano conclusi. Quarantacinque euro per un risultato parziale.

Devo confessare un profondo imbarazzo. Ho sempre considerato i genitori che creano grane ai docenti dei monumentali rompiscatole, i prodotti di punta del peggiore Sessantotto. Alle elementari ho comandato ai miei figli il più severo rispetto delle sacrali regole scolastiche. Ma ora? Ora mi domando sei sia giusto infliggere a una bambina di dieci anni una catena di montaggio da dieci-undici ore al giorno, se sia giusto impedirle lo svolgimento di un’attività fisica (Benedetta è una specie di incrocio fra Nadia Comaneci e Lindsey Vonn), se sia giusto riversare sulle famiglie l’affannoso rispetto di un programma annuale pletorico e totalmente fuori fuoco, soprattutto se sia giusto imporre a me, alla mia età, riflessioni sugli angoli adiacenti a un lato obliquo, così abilmente aggirate trent’anni fa.

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