Salvini, o PD, come Bruto? E’ quanto spera Di Maio, e si affida al tempo

Come ormai abbiamo più volte ripetuto nei nostri articoli d’analisi della situazione politica post 4...

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Come ormai abbiamo più volte ripetuto nei nostri articoli d’analisi della situazione politica post 4 Marzo, e come abbiamo scritto appena ieri nell’editoriale dal titolo “Tradisci e governa: tutto sta a trovare la forma giustificante”, sembra proprio che tutto continua a seguire un copione ben preciso e che ora sia, appunto, solo questione di trovare la forma giustificante per aprire la strada ad accordi che, tra chiunque saranno, dovranno comunque veder sacrificato qualcosa e/o qualcuno dal Bruto di turno.

Necessita, insomma, un “bel tradimento”, ma che sia bello grosso o, se si preferisce porlo in altri termini: un bel triplo (meglio quadruplo) salto mortale indietro, e ad occhi bendati.

Del resto, come diceva Russel: “I nove decimi delle attività di un governo moderno sono dannose; dunque, peggio son svolte, meglio è”. Ed in questo i “nostri” sembrano voler continuare a primeggiare e, quand’anche poi dovessero generare grosse macerie, hanno faccia e lingua per declamare: ecco! Visto? Abbiamo fatto tutto quanto potevamo. Abbiamo dato una bella scossa ed ora, nella ricostruzione, c’è lavoro assicurato per anni!

Questa appare essere la situazione oggi.

Dalle parole di Di Maio, come anche di Salvini, Franceschini e Orlando, vien fuori la conferma al nostro “sentire” e quindi al quanto, anche qui, abbiamo su scritto.

Di Maio, infatti dice: «Dobbiamo prendere tempo».

Diamo tempo a Salvini e aspettiamo le elezioni in Friuli, dice. Vedremo allora che: Salvini «Vincerà le elezioni in Friuli, i consensi di Fi crollerano e allora potrà chiedere a Silvio Berlusconi di farsi da parte», o «consentire di far partire un governo» con il M5S potendo, a sua volta, salvare la faccia visto che potrà vendere la disfatta facendosene merito perché, di sicuro «dirà che lo farà per il bene dell’Italia, che è uno statista e non vuole essere causa dell’impasse».

Salvini, dal canto suo, giura di essere molto paziente e dice:

«Me lo ha insegnato mio nonno. Ho la pazienza di un pescatore. Stai per quattro ore con la canna in mano in riva al fiume e non succede niente. Poi all’improvviso cambia tutto».

Intanto sembra aver dimenticato del tutto anche solo il nome di Berlusconi o meglio, ricorda benissimo di NON doversene ricordare, ne parlarne o fare citazione, MAI.

In conclusione: anche lui pensa a farsi Bruto e gli necessita solo il tempo per tessere la tela con la giusta trama per poi presentarsi sul proscenio politico con un bell’abitino confezionato a misura. Del resto non ha già abbandonato maglietta, jeans e foulard?

In campo PD poi, oltre allo scalpitare di due ministri agli sgoccioli di mandato, Dario Franceschini e Andrea Orlando, che sono lì a sostenere che non è possibile far finta di nulla davanti alle profferte di Di Maio, è lo stesso Renzi Renzi ad aprire uno spiraglio alla possibilità a cui abbiamo fatto cenno noi sin dall’inizio, e che sembra la vera meta finale anche del duo Salvini- Di Maio: un governo del presidente.

Questo consentirebbe:

a Renzi, ed ai suoi, di poter tornare in campo vendendo anche loro la resa come prova di volontà di fare il bene dell’Italia, che anche lui è uno statista e quindi, anche lui non vuole essere causa dell’impasse (e quel LUI, in questo campo, sta per Renzi, o Pd o chi per loro) .

A Salvini e Di Maio di passare il cerino acceso nelle mani di un terzo, cosa che salverebbe anche la loro faccia perché, ovviamente, ciascuno di loro lo farebbe sempre e solo per lo stesso motivo: il bene dell’Italia che loro pongono al primo posto e che, con la loro elevatura di statisti, non possono ignorare permanendo nell’essere una causa, la causa, dell’inpasse.

Governo del Presidente quindi, e tutti saranno felici. E qui torna lo spot della Nutella già da noi richiamato in altro articolo: “Gigante, pensaci tu” dove il Gigante, in questo caso, sarebbe anzitutto il presidente Sergio Mattarella che dovrebbe mettere in campo la sua volontà di avere un ruolo, ed esercitare quindi i suoi poteri di moral suasion.

In seconda battuta, il poverino al quale tutti passerebbero il cerino acceso e, se alla fine ci saranno solo macerie, pazienza. Gli italiani ci sono abituali e, Ça va sans dire, tutti i nostri saranno lì a spargere lacrime e rimpianto per NON aver potuto fare quanto volevano fare, ma non sarà certo stata colpa loro: non ce l’hanno lasciato fare, diranno.

Certo, lo spot della Nutella finiva con il Condor dispettoso che, alla fine, accettava la realtà dicendo: “E che ci ho scritto Joe Condor”?, frase divenuta poi sinonimo di “e che ci ho scritto fesso”?, e batteva in ritirata. Orbene, parafrasando, non che sperare che gli italiani si sveglino e che rispondano anche loro: “E che ci ho scritto Joe Condor”?, per dire, appunto, che ormai il gioco è scoperto, che non sono poi veramente fessi, e che sono stufi di giocare.

Lo faranno? Boh! Lo si spera. Nell’attesa, non ci resta che recitare il nostro solito mantra del: io speriamo che me la cavo

Stanislao Barretta / vivicentro.it/EDITORIALI • POLITICA

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