Omicidio e induzione al suicidio: psicoanalisi, psicologia e psichiatria

Nell’editoriale di oggi pubblicato su la STAMPA, Gabriel Levi, Professore Emerito, Università La Sapienza di...

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Nell’editoriale di oggi pubblicato su la STAMPA, Gabriel Levi, Professore Emerito, Università La Sapienza di Roma, si esercita in uno studio/analisi sul filo dell’omicidio, del suicidio e dell’omicidio per suicidio e, per farlo, parte da due recenti situazioni emersi sulla stampa in questi giorni: il caso di omicidio per induzione al suicidio di Francesco Sciammarella, 26enne di Paola (Calabria) nei confronti di Micol Scofano, 23 anni, studentessa di Medicina, e dall’ultimo attentato a Nizza.

Questo il testo di Gabriel Levi*:

L’identità comune di lupi solitari e assassini feroci. GABRIEL LEVI*

Due notizie, come prima impressione, slegate. A Roma un giovane viene condannato per aver indotto, lentamente, la sua compagna al suicidio. Maltrattandola ed assuefacendola ad avere disprezzo di sé. A Nizza un giovane, ispirandosi alla ideologia del terrorismo, uccide almeno 84 persone. Comunque, sapendo e ignorando di trovare la propria morte.

I commenti psicoanalitici, psicologici e psichiatrici convergono. Nel primo caso: personalità dominanti e manipolatrici scaricano le loro problematiche su personalità dipendenti e pronte al collasso. Dentro queste relazioni, il suicidio diventa l’unica soluzione, quando l’omicidio per difesa non è pensabile. Ma esiste un induttore. Nel secondo caso: personalità marginali che già vivono ai confini del loro stesso mondo, vengono raccolte da un messaggio fortissimo. Trovando una identificazione magnetica, nel Paradiso, di una doppia morte omicida e suicida. Ma esiste un mandante.

Sono due situazioni umane lontanissime fra di loro. Una sembra del tutto privata. L’altra irrompe subito come pubblica. Ma sono ambedue testimonianze della nostra attualità. Una realtà di nuove solitudini dentro una rete di immagini globalizzate. Ma l’inevitabile selfie è fatto per guardarsi, tante volte, da soli. Forse possiamo pensare ad un punto di contatto, dove scatta un corto circuito in qualche modo similare.

La contrapposizione tra omicidio e suicidio non è sempre vera; qualche volta è assoluta; qualche volta è oggettivamente confusa; molto spesso esiste una saldatura profonda tra spinta omicida e spinta suicida. Nell’omicida esiste una qualche consapevolezza suicida. Nel suicida esiste anche una fantasia omicida. Ognuno di noi è legato alla propria ombra. Ognuno di noi cerca di mettere l’immagine di sé nell’altro. Ma per riuscirci dovrebbe anche assumere le emozioni dell’altro dentro di sé.

Con una antica scena paradigmatica: lo scontro fra Caino ed Abele racconta, anche, questa storia. Caino ed Abele oltre che fratelli sono anche la stessa persona. Abele dalla nascita è in attesa della propria morte. Con il suo stesso nome che vuol dire soffio o vuotezza. In qualche modo provoca Caino imitandolo e determinando così la sua perdita di esclusività, la sua esclusione e la sua implosione. Caino sente di non essere una vera persona, perché sente di aver perso la capacità di donare e di scambiare doni. Nel momento in cui cerca di superare la propria umiliazione, uccide il suo Doppio e, diventando il primo omicida, sa di fuggire verso la propria morte.

Credo che queste considerazioni debbano essere ripensate, per avere un risvolto pratico, educativo e preventivo. Le proposte di intervento politico nelle diverse aree e dimensioni conservano la loro necessaria validità. Ma debbono essere inserite in una strategia culturale adeguata ed innovativa. Dobbiamo iniziare prendendo atto che da quasi un quarto di secolo stiamo assistendo a due fenomeni: l’aumento degli omicidi/suicidi nel privato; l’esplosione di un nuovo spettacolare suicidio/omicidio ideologico. Ambedue i fenomeni hanno una nuovissima capacità di contagio reciproco, che dobbiamo considerare con maggiore attenzione. Ambedue i fenomeni trovano la loro forza in un selfie immaginario e globalizzato. Ma pur sempre anestetizzante e solitario.

Ci sono altre due differenze fra questi nuovi suicidi e quelli delle persone melanconiche. Primo: il dolore. I suicidi/omicidi non hanno alcuna consapevolezza del dolore altrui perché non hanno una vera consapevolezza del proprio dolore. Secondo: il rispetto. I suicidi/omicidi non hanno alcun rispetto della vita altrui perché non hanno alcun rispetto della vita propria. In particolare: il suicida spettacolare non ha rispetto perché vive soltanto nella propria ombra. E cerca un sole accecante e mortale.

Abbiamo individuato due diversi tipi di omicida/suicida. Il lupo solitario spettacolare che accetta di suicidarsi per poter uccidere qualcuno che non conosce. Il borderline implosivo che per potersi suicidare pretende di portare con sé qualcuno che crede di conoscere.

Esaminarli uno di fronte all’altro può aiutarci a capire come una rappresentazione ideale, e/o l’assoluta non rappresentazione della morte, possono nell’attualità favorire in alcune persone una fuga distruttiva da una vita vuota. Dobbiamo imparare a lavorare su questi temi. Il buio non è al di là della siepe. Il buio è dentro la siepe.

*Professore Emerito, Università La Sapienza di Roma

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