Merkel: si piega ma non si spezza e resta sul suo «ce la faremo!»

Nessuno meglio di Merkel, scrive Rusconi, conosce i meccanismi istituzionali dell’Ue e gli uomini che...

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Nessuno meglio di Merkel, scrive Rusconi, conosce i meccanismi istituzionali dell’Ue e gli uomini che li governano. Nessuna personalità tedesca può vantare questa esperienza e capacità di influenza. A questo punto perché Angela Merkel non potrebbe «farcela»?  Questa è la domanda finale che si pone nel suo editoriale odierno pubblicato su la Stampa. Leggiamolo:

Merkel, anno nero ma può farcela GIAN ENRICO RUSCONI

Un anno fa Angela Merkel ha pronunciato per la prima volta la famosa frase «ce la faremo!». Con essa intendeva tranquillizzare i tedeschi circa la capacità di integrare in breve tempo il milione e più di rifugiati, profughi, richiedenti asilo che stavano arrivando alle frontiere. Quella frase l’ha ripetuta nei mesi successivi ostinatamente, dimostrativamente accompagnando gli alti e i bassi delle difficoltà e delle conseguenze della sua scelta. Nel frattempo c’è stata la rivolta dei Paesi est-europei alla politica di accoglienza della Cancelliera, l’ambiguità dell’accordo (condiviso dall’Ue) con la Turchia, le sconfitte elettorali in alcune regioni, l’inatteso peggioramento della congiuntura politica dopo il Brexit. Insomma, per la Merkel è stato un “annus horribilis”.

Ma il peggio potrebbe ancora venire per alcuni motivi: le crescenti insofferenze nella maggioranza di governo.

E poi le rumorose pressioni del partito della destra estrema («Alternativa per la Germania») e per la palpabile ansia dell’opinione pubblica dopo gli atti di terrorismo, polarizzata in questi giorni attorno alla questione della proibizione del burqa.

Eppure nei suoi interventi la Cancelliera sente la necessità di ribadire la bontà delle scelte compiute, senza alcun ripensamento, pur riconoscendo che c’è molta strada da fare per quella che imperterrita chiama «integrazione» dei rifugiati. Continua a credere in questa possibilità, anche adottando forme più severe di controllo dei comportamenti, dall’obbligo di frequentare corsi di lingua ed educazione civica fino alle restrizioni sull’abbigliamento delle donne.

In questa ottica vale ancora il «ce la faremo» e la sua giustificazione retrospettiva a dispetto delle dichiarazioni di molti politici (anche del partito della Cancelliera ) e alle affermazioni degli analisti del linguaggio, che vi scorgono la prova della impotenza politica di Angela Merkel e del suo deficit comunicativo.

In effetti sembra molto lontano il clima creatosi in occasione del congresso della Cdu a metà dicembre del 2015, quando la Cancelliera ha saputo risvegliare nei delegati, preoccupati e incerti, il senso di una forte identità nazionale, proiettata verso il futuro, nella consapevolezza che la Germania sa fare «le cose più grandi». Tra 25 anni la Germania dovrà essere un paese «aperto, curioso, tollerante e appassionante» aveva esclamato Merkel. Era stata una sorpresa per tutti (avversari compresi) che una tale visione provenisse da una donna che non si è mai abbandonata a slanci utopici, ma ha sempre coltivato il rigore, la disciplina, il calcolo razionale. Anche nella politica della immigrazione.

Per questa donna si sta avvicinando una nuova prova ancora più dura. I risultati elettorali di settembre in alcuni Laender saranno segni importanti, ma non necessariamente risolutivi anche se segnassero un calo ulteriore del partito della Cancelliera. A favore di Angela Merkel, che sarà in carica sino alle elezioni generali del 2017, ci sono alcuni dati politici positivi. Nella politica della accoglienza-e-integrazione di oggi ci sono spazi di azione che possono contenere efficacemente uno sviluppo sproporzionato dell’estremismo anti-immigrati e anti-europeo della AfD.

Soprattutto, Angela Merkel possiede immutato prestigio e autorevolezza nell’Unione europea, in un momento estremamente delicato (Brexit e previsione dell’attenuazione della politica di solo rigore nell’Ue), nel quale la Germania dovrà mantenere con discrezione ma determinazione il suo potere condizionante, per salvaguardare il suo peso economico che la gestione di Merkel ha egregiamente garantito. Lo sanno benissimo anche gli elettori scontenti. Nessuno meglio di Merkel conosce i meccanismi istituzionali dell’Ue e gli uomini che li governano. Nessuna personalità tedesca può vantare questa esperienza e capacità di influenza. A questo punto perché Angela Merkel non potrebbe «farcela»?

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