La questione del centro destra in luce con Parisi e Lega

Il momento attuale è il più propizio al centro destra che si sia presentato da...

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Il momento attuale è il più propizio al centro destra che si sia presentato da almeno due anni a questa parte. Mai l’azione di governo di Renzi era apparsa così appannata, né mai il Movimento 5 stelle s’era dedicato così intensamente, e con così straordinario successo, all’autolesionismo. L’interesse per il convegno organizzato da Stefano Parisi a Milano, che è cominciato ieri e terminerà oggi, mi pare dipenda anche da questo.

Chi osserva la politica italiana vede bene che l’assenza di un’alternativa seria e credibile al governo attuale sta rendendo ancor più debole il già fragile sistema politico italiano. La questione del centro destra, per altro, è importante sia che al referendum costituzionale vincano i no, sia che vincano i sì. Nella prima eventualità, o si riscrive la legge elettorale, o il sistema assumerà un assetto proporzionalistico – ma in entrambi i casi l’asse portante del sistema sarà quello che corre fra il Partito democratico e i moderati. Nella seconda eventualità, si aprirà la questione di chi, e come, sfiderà Renzi.

Il fatto che in contemporanea con l’iniziativa di Parisi si svolga il tradizionale raduno leghista di Pontida evidenzia per l’ennesima volta come al centro destra si sia ormai affiancata una vera e propria destra di peso elettorale comparabile. Conseguenza, questo dualismo, da un lato della mutazione storica visibile ovunque in Occidente, dall’altro della crisi della leadership berlusconiana, che per due decenni ha saputo magistralmente combinare gli accenti populisti con un profilo moderato.

Ancor più della concomitanza fra le due iniziative, tuttavia, colpisce il contrasto fra la decisione di Parisi di mettersi alla ricerca di soluzioni realistiche e ragionate per l’Italia da un lato, e la dichiarazione di Salvini su Ciampi dall’altro. La sparata di Salvini è tanto significativa quanto stomachevole. Significativa perché, ricorrendo a una categoria etica e non politica come quella del tradimento, ha mostrato a quale livello di barbarie sia giunto – ma non certo da oggi – il dibattito pubblico italiano. E stomachevole per le stesse identiche ragioni. Proprio perché barbara, d’altra parte, l’uscita di Salvini ha funzionato come meglio non avrebbe potuto: s’è guadagnata grande rilievo su tutti i siti di informazione, e ha attirato su di sé condanne tanto sacrosante quanto improvvide – improvvide perché, com’è ovvio, hanno contribuito a dar visibilità al leader leghista, e quindi hanno fatto il suo gioco.

Questo meccanismo – ben noto e sperimentato, basti pensare a Donald Trump – crea un’asimmetria comunicativa evidente fra il centro destra responsabile e moderato alla cui costruzione vuol lavorare Parisi e il populismo leghista. Un’asimmetria destinata a durare, per altro, visto che i mass media non pare diano segno di voler modificare il loro modo di trattare le notizie, né gli italiani di voler punire nelle urne quelli che urlano troppo. Al contempo, l’uso intensivo del «metodo Salvini» allarga la frattura fra destra e centro destra ben al di là delle loro reali divergenze programmatiche, e rende quindi più difficile un’alleanza che, soprattutto se al referendum dovesse vincere il sì, sarebbe comunque inevitabile.

Questo ragionamento, in conclusione, porta a tre domande. La prima a Salvini: fin dove intende spingersi lungo una strada che per molti mesi, è vero, ha pagato in termini elettorali, ma da qualche tempo ha pure smesso di pagare, e potrebbe in futuro condurlo all’isolamento o alla sconfitta? La seconda a Parisi, ma più in generale a chiunque dovesse proporsi di rilanciare il centro destra: come intende superare l’handicap comunicativo nei confronti della Lega, e più in generale rivolgersi in maniera efficace ma non barbara a un elettorato frammentato, distratto e ombroso com’è sempre stato quello di centro destra?

C’è poi un ultimo interrogativo che va rivolto a entrambi. Una delle ragioni per le quali la crescita elettorale della Lega s’è fermata, è che il partito resta confinato all’Italia centro-settentrionale. Parisi, per parte sua, non soltanto ha organizzato il suo convegno a Milano, ma si è rivolto a componenti della società civile molto presenti e forti in Lombardia. È vero che, con qualche rara eccezione, e di certo negli ultimi decenni, l’innovazione politica in Italia è sempre partita dal settentrione. Prima o poi, però, a destra bisognerà anche porsi il problema del Mezzogiorno. Le cui regioni oggi sono governate tutte dal Pd.

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