IL PUNTO. Di Maio: calumet a PD; ascia a Salvini per tagliare con Berlusconi

Dopo gli incontri al Quirinale che hanno portato ad un nulla di fatto, facciamo “Il...

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Dopo gli incontri al Quirinale che hanno portato ad un nulla di fatto, facciamo “Il Punto” sulla situazione tra Di Maio, Salvini e PD.

Il Punto su Di Maio

Un Di Maio che sembra farsi più ardito, chiaro e diretto (o forse solo più impunito) ed allora eccolo pronto – stando ad un’intervista rilasciata ieri a Repubblica – ad offrire il Calumet della pace al PD:

“sotterriamo l’ascia di guerra e diamo un governo al Paese”, dice.

Poi un pensierino anche per la Lega ed allora eccolo a dichiarare che, per lui, Berlusconi e Forza Italia rappresentano il passato. Poi loda Salvini per la sua capacità di tenere la parola data ma …..

Ma poi torna a chiedergli di dimostrare la sua autonomia politica da Berlusconi.

Morto il Re, viva il Re insomma: tutto nuovo, aperture a gogò ma…. tutto resta come prima!

Di Maio infatti, mentre mostra di voler aprire, sciorina le sue carte sempre sulla stessa fotografia (vedi in testata) che vede lui diretto al governo in corsia centrale con due possibili svolte: a Destra o a Sinistra poco importa, per lui pari sono se lo portano alla meta finale.

E questo resta valido pur se dichiara:

“Non rinnego le nostre idee ma questa è l’ora della responsabilità. Mai veti su Renzi, io criticavo la chiusura post voto. E dem e Lega non sono sullo stesso piano”

Il solito colpo al cerchio e altro alla botte o, se preferite, la politica dei due forni.

Ma torniamo alla lunga intervista rilasciata a Repubblica e leggiamo quanto ha detto ad Annalisa Cuzzocrea:

“ora il senso di responsabilità nei confronti del Paese ci obblighi tutti, nessuno escluso, a sotterrare l’ascia di guerra. A noi viene chiesto l’onere di dare un governo al Paese, ma tutti hanno il dovere di contribuire a risolvere i problemi della gente e mostrare senso di responsabilità”

E qui poi ricomincia con la sua marcia nella corsia centrale per lasciarsi libertà di svolta a Dx o a Sx, secondo convenienza per cui, in merito – appunto – alle possibili convergenze ci tiene a far sapere che:

con il Pd ce ne possano essere “molte di più di quel che si crede” ed aggiunge:

“Non ho mai posto veti, non ho mai parlato di Pd ‘derenzizzato’ come qualcuno ha scritto. Quello che abbiamo sempre contestato è la linea di totale chiusura dal Pd all’indomani delle elezioni”.

E qui le motivazioni che lo portano ad offrire il SUO Calumet della pace. Calumet che, ovviamente, tocca agli altri accettare. Torna insomma al “padrino” parte prima: l’offerta che non si può rifiutare.

“Oggi – dice – il nostro appello sincero a mettere da parte le asperità per il bene del Paese è il segnale che gli italiani ci chiedono per dimostrare che siamo una forza politica all’altezza della situazione complessa nella quale ci troviamo e capace di governare”.

E poi, tanto per ben chiudere e non perdere la giusta rotta, eccolo a fare un ulteriore richiamo anche alla cartina di navigazione che fa corpo unico con la foto della situazione.

La “cartina” di navigazione, inutile finanche dirlo, è il SUO contratto di governo proposto ai partiti dove si legge di alcuni punti irrinunciabili per formare un governo:

“Mettere al centro le risposte più urgenti alle grandi emergenze del Paese”, come “lotta alla povertà e alla corruzione, il lavoro, le pensioni, un fisco più leggero e una pubblica amministrazione che agevola e non ostacola i cittadini alle imprese”

Il tutto offerto apertamente, e con decisione, anche al Pd con l’aggiunta del sostegno alle famiglie, la lotta agli sprechi della politica e ai privilegi.

Tanto per concludere in bellezza e chiarezza, esclude di voler fare un passo indietro sul suo ruolo a Presidente del Consiglio affermando:

ma come, “C’è un candidato premier che prende 11 milioni di voti e la prima cosa che gli si chiede è che si faccia da parte?”, assurdo e non ci penso nemmeno.

E conclude, Ça va sans dire (ciò va senza dirlo), con il ricordare anche che :

“Il M5s non avrebbe nulla da perdere se ora si tornasse a votare, anzi. Ma noi vogliamo dare un governo a questo paese”.

Ma passiamo ora al punto su Salvini.

Un Salvini che mostra di non voler accettare veti da parte di nessuno per cui ha chiesto più volte ad ognuna delle parti in campo un passo indietro.

Il suo piano sembra essere quelli di ripetere lo schema che ha portato all’elezione dei presidenti di Camera e Senato. Ma Governo e Presidenza del Consiglio sono altro per cui il quadro resta complicato.

Unica cosa sulla quale sembrano convergere i due (Di Maio-Salvini) sembra essere che, se dovesse permanere l’impasse, la strada del voto anticipato tornerebbe ad affacciarsi.

Voto che entrambi dicono di non temere, anzi … ne trarrebbero beneficio. Dicono! Ma questa è una prospettiva alla quale, certamente, non pensano i vertici istituzionali.

Intanto Salvini non perde d’occhio ne mosse ne parole di Di Maio.

Visto che questo aveva avuto gioco facile nel considerare il centrodestra diviso, presentatosi alle consultazioni con tre leader, eccolo a chiedere ed ottenere un chiarimento con Berlusconi.

Chiarimento che sembra che ci sia stato ieri sera, dopo l’invito di Salvini ad evitare ulteriori divisioni e ad andare insieme al prossimo giro delle consultazioni.

L’invito di Salvini, e la motivazione espressa, hanno spinto Berlusconi ad un rapido giro di colloqui con i suoi al termine dei quali, come l’uomo Dal monte, ha detto sì.

Un SI che permette a Salvini di compattare la coalizione e di poter quindi rispondere a Di Maio avvalendosi di quel 37% emerso alle elezioni, a fronte del 32% raggiunto dal Movimento 5 stelle.

Il Punto su PD:

Intanto anche nel PD le acque si muovono e cominciano ad incresparsi con un Renzi, l’ex rottamatore e divisore, lì a chiedere di abbassare i toni perché non è il momento delle divisioni interne.

La richiesta di Renzi fa seguito alla polemica sorta nel PD a seguito della riunione di ieri tra LUI, i capigruppi Dem Andrea Marcucci e Graziano Delrio e i fedelissimi Luca Lotti, Maria Elena Boschi, Francesco Bonifazi e Matteo Orfini, presidente del partito:

“Non è il momento delle divisioni interne”

A Renzi fa eco il segretario reggente del Partito Democratico Maurizio Martina che dice:

“Chiedo di fermare discussioni e polemiche sbagliate e di rimanere concentrati sul nostro lavoro. Continuo a pensare che al Partito Democratico non servano conte interne e penso che l’Assemblea debba essere il momento della consapevolezza e del rilancio”

ed aggiunge,

“Chiedo unità e offro collegialità, perché abbiamo bisogno di questo e non di dividerci. Penso che lealtà e autonomia siano impegni essenziali per chi deve guidare una comunità.

Il tema non è un reggente o un candidato, ma il futuro del nostro progetto. Quindi prima di tutto le idee. Perché qui c’è da dare una mano insieme per costruire il nostro rilancio nel Paese.

Possiamo farcela”.

Anche Matteo Orfini, presidente del Pd, si è fatto sentire affermando:

“Condivido quanto detto da Maurizio Martina e Lorenzo Guerini. Non abbiamo certo bisogno di alimentare tensioni e polemiche interne, che già tanto male hanno fatto in passato al Partito Democratico”

e, in conclusione, annota che

“In queste ore delicate stiamo lavorando per preparare la sfida del rilancio del Pd durante una legislatura in cui saremo minoranza in Parlamento, con l’obiettivo di tornare maggioranza nel paese. Concentriamoci su questo”.

E questo è anche per oggi.

Domani, come sempre, è un altro giorno. Giorno che però temiamo che sarà anche ed ancora in ciclostile per cui non resta riaffidarci al nostro: io speriamo che me la cavo; ed aspettare!

Stanislao Barretta

vivicentro.it/ EDITORIALI • POLITICA

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