La riflessione di Scalfari sullo scontro in atto tra ”Libertà e dittatura”

Credo che il fattore determinante sia il predominio dell’interesse particolare di ogni individuo, di ogni...

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Credo che il fattore determinante sia il predominio dell’interesse particolare di ogni individuo, di ogni lobby, di ogni civiltà

È accaduto di tutto in questi giorni, ma è ormai sempre più frequente che il mio articolo domenicale cominci in questo modo: sono mesi e forse anni che il mondo ci appare in continua evoluzione. Migliore o peggiore? La risposta dipende dagli interessi particolari di chi risponde. Quindi diciamo che il mondo cambia. In meglio per alcuni, in peggio per altri.

L’elenco di oggi comincia con l’eccidio di Dallas e la ripresa della guerra civile americana tra bianchi e neri. Dallas è una città simbolo di quella guerra, con essa infuria in un’infinità di altri luoghi: spesso è una competizione, altre volte è uno scontro sociale e politico e altre volte ancora la parola passa ai fucili mitragliatori e alle pistole.

Poi c’è il terrorismo del Califfato: sono appena arrivate in Italia le bare delle vittime uccise in Bangladesh, ma non sono le sole perché il terrore del fondamentalismo islamico infuria in tutti i continenti.

Quindi c’è Brexit, l’uscita dell’Inghilterra dall’Unione europea e le conseguenze che quell’uscita comporta. Ne abbiamo ampiamente parlato la scorsa settimana, ma le conseguenze continuano a manifestarsi soprattutto in Inghilterra e nella casa europea: una casa assasi variegata, che reagisce in modi molto diversi, da nazione a nazione.

Infine c’è l’Italia, dove le conseguenze del quadro generale sono state avvertite e determinano un mutamento della pubblica opinione che fino a qualche mese fa nessuno immaginava.

L’insieme di questi fatti avviene in una società globale, anch’essa fonte di mutamenti e contrasti (che il mio amico Carlo De Benedetti ha magistralmente descritto in un’intervista di ieri al Corriere della Sera).

Come si può sintetizzare uno scenario così molteplice che incide inevitabilmente sulla vita di ciascuno di noi? Credo che il fattore determinante sia il predominio dell’interesse particolare di ogni individuo, di ogni famiglia, di ogni categoria sociale e professionale, di ogni lobby, di ogni civiltà. L’interesse particolare mette in contrasto la libertà e il potere. Credo che la migliore definizione di questo quadro globale l’abbia data Paul Valéry in un saggio sulla dittatura e qui voglio citarne poche ma fondamentali righe che a mio avviso spiegano quanto è avvenuto nei secoli e avviene tuttora con la massima intensità.

“Deve essere un godimento straordinario unire la potenza con il pensiero, far eseguire da un popolo ciò che si è concepito in solitudine; e a volte modificare da soli e per un lungo periodo il carattere di una nazione.

Il dittatore è l’unico titolare della pienezza dell’azione. Egli assorbe nel proprio tutti i valori, riduce tutte le visioni alle sue. Rende gli altri individui strumenti del suo pensiero, che vuole sia ritenuto il più giusto e il più perspicace, dal momento che si è dimostrato il più audace e il più fortunato nell’ora del turbamento e dello smarrimento pubblico. Egli ha travolto il regime impotente o corrotto, ha cacciato gli uomini indegni o incapaci e con loro le leggi o i costumi che producevano l’incoerenza. Fra le cose dissolte, la libertà. Molti si rassegnano facilmente a questa perdita. Bisogna ammettere che la libertà, tra le prove che si possono proporre ad un popolo, è la più difficile. Saper esser liberi non è dato in egual modo a tutti gli uomini e a tutte le nazioni. Nel nostro tempo la libertà non è e non può essere, per la maggior parte degli individui, altro che apparenza. La dittatura non fa che portare a compimento il sistema di pressioni e di legami di cui i moderni, nei Paesi politicamente più liberi, sono le vittime più o meno consapevoli”.

La citazione è lunga e me ne scuso, ma non poteva descrivere meglio e in modo estremamente aggiornato quanto sta avvenendo sotto i nostri occhi in Europa, in America, nel mondo intero e, soprattutto per noi in Italia. Valéry scrisse queste pagine qualche tempo prima della morte, avvenuta nel 1945. Ebbene, sembrano scritte ieri, su di noi e per noi.

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Matteo Renzi (è di lui che ora dobbiamo parlare) è raffigurato alla perfezione da Paul Valéry e naturalmente non è il solo nell’Europa e negli Usa di oggi. Mi viene in mente Angela Merkel, il suo ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, Iglesias in Spagna, ma anche Cameron in Gran Bretagna e via numerando. Ma Renzi, così mi pare, ha più tocco degli altri, si adatta meglio alla parte che tutti i giorni deve recitare, nel Consiglio dell’Unione, nei tête-à-tête con le autorità di Bruxelles e con i primi ministri dell’Ue e dell’Eurozona, con Mattarella, con Napolitano. Col suo partito meno, soprattutto con i suoi dissidenti: sono loro costretti a misurarsi con lui e non lui con loro.

Renzi comunque ha dunque spartiti da recitare: in Europa e in Italia. Quello europeo, a mio parere, lo recita abbastanza bene. Vuole rafforzare l’Europa dei 27 e soprattutto l’Eurozona dei 19. Vuole diventare, anzi è già diventato, il terzo componente del direttorio che di fatto determina la linea dell’Ue. Un tempo erano due: La Germania e la Francia. Adesso sono tre e il terzo è lui; a guardar bene, in ordine di importanza, è addirittura il secondo.

So bene che la bandiera di Altiero Spinelli nel suo obiettivo finale degli Stati Uniti d’Europa lui non lo vedrà e forse non lo vedrà nessuno, ma qualcosa di mezzo tra federazione e confederazione questo sì, è un obiettivo raggiungibile e sta diventando il suo obiettivo: una politica economica comune, di tipo keynesiano; un’intesa con Draghi sul ministro delle Finanze unico dell’Eurozona e su una politica di investimenti italiani ed europei; una politica bancaria che garantisca i risparmiatori, italiani ed europei; un rafforzamento europeo della Nato e un eventuale contingente militare europeo; una polizia federale europea; un’eventuale Europa a due velocità economiche.

Non è una politica facile. Comporta anche una crescente partecipazione alla guerra contro l’Is e il Migration Compact con tutto ciò che ne deriva sia sul piano militare sia su quello economico.

Bisogna aggiungere a questo quadro un elemento in più: oltre che triumviro europeo, Renzi ha anche in mente un altro obiettivo: promuovere un fronte europeo del Sud, che faccia da contrappeso alle alleanze della Germania con i Paesi del Nord e del centro. Il Sud va dalla Grecia alla Francia, Spagna, Portogallo, Malta, che hanno interessi e obiettivi per molti aspetti comuni.

E questo è il Renzi positivo, almeno potenzialmente. Il problema è diverso per lo scenario italiano, che non è secondario perché le radici di Renzi sono il suo potere in Italia ed è quella la base sulla quale poggia il suo ruolo in Europa.

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Nel 2013 e l’anno successivo fu accolto come il grande rottamatore. Come tale piacque molto agli italiani e qui il ritratto di Valéry calza a pennello. Le prime leggi piacquero anch’esse, promettevano molto, in certi casi distribuirono sollievo sociale, sia pure limitato. Affrontò anche la questione dei diritti, culminata con la legge recentissima sulle unioni civili. Il guaio di questi interventi fu però che alle leggi seguirono stentatamente o non seguirono affatto i regolamenti procedurali e qui la delusione cominciò a farsi strada. Soprattutto sul piano della disoccupazione giovanile, dell’andamento del reddito nell’ambito degli investimenti e dei consumi.

In particolare i giovani hanno sofferto, i padri hanno sofferto, i pensionati, il Mezzogiorno, gli Enti locali. Rispetto all’andamento di altri Paesi dell’Unione e in particolare dell’Eurozona, i tassi del reddito sono rimasti dietro a tutti, la pressione fiscale è aumentata, il debito pubblico anche, nonostante una flessibilità concessa dall’Europa in misura abbastanza ragguardevole.

Questi vari elementi di sofferenza hanno gradualmente modificato l’opinione pubblica. L’astensione dal voto è aumentata; il Movimento 5Stelle ha messo radici locali oltreché nazionali e s’è visto nelle recenti elezioni amministrative.

Questi mutamenti dell’opinione pubblica rendono molto più pericoloso di prima sia il referendum costituzionale sia, anzi soprattutto, la legge elettorale ormai valida e pronta ad entrare in funzione se necessario.

La legge costituzionale sottoposta a referendum contiene molti punti discutibili, ma complessivamente sarebbe accettabile, sia pure con qualche ritocco che può essere effettuato subito dopo l’approvazione referendaria. Di fatto abolisce il Senato e instaura un sistema monocamerale come da tempo esiste nei principali Paesi europei. Quindi non è qui lo scandalo, ma lo è il suo collegamento con la legge elettorale, effettuata in modo tale da essere di fatto una legge di “nominati” o in parte eletti con le preferenze, anch’esse in gran parte nelle mani del potere esecutivo. Il quale, per conseguenza, se vincerà le elezioni raggiungendo il 40 per cento dei voti espressi, avrà di fatto un potere assoluto, salvo l’autonomia della magistratura, i poteri della Corte Costituzionale e le prerogative del capo dello Stato.

Aggiungiamo a questa situazione il fatto che, ove mai il Pd non raggiungesse il 40 per cento, un altro partito potrebbe vincere al suo posto e sarebbe con tutta probabilità il Movimento 5Stelle. E se nessuno arrivasse a quella soglia che attribuisce il premio, il confronto avverrebbe al ballottaggio tra i primi due; ma poiché siamo in un regime politico non bipolare (una destra e una sinistra) ma tripolare, il ballottaggio sarebbe vinto da chi riesce a convogliare su di sé i voti del terzo. È facile immaginare che quel terzo non favorirebbe il Pd ma assai più probabilmente i 5Stelle.

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Questa è la situazione, la quale sta delineando una prevalenza dei “no” sui “sì” nel voto referendario.

Per evitare questa situazione Renzi dovrebbe prolungare la data del referendum e mettere subito mano alla legge elettorale. Abbiamo già scritto più volte su queste pagine come dovrebbe essere cambiata; su questo punto ne ha scritto ieri anche Michele Ainis.

Vedremo nei prossimi giorni che cosa accadrà. Se tutto resterà com’è oggi, la sconfitta dei “sì” referendari è molto probabile.

Chi la fa l’aspetti, dice il proverbio. In questo caso sarebbe chi non la fa si aspetti il peggio.

vivivcentro.it/editoriale /  repubblica / Libertà e dittatura si combattono oggi nel mondo EUGENIO SCALFARI

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