Diritti individuali pensiero forte dell’Occidente MASSIMO RUSSO*

Se in Occidente il ventesimo secolo è stato il tempo dei diritti collettivi, il ventunesimo...

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Se in Occidente il ventesimo secolo è stato il tempo dei diritti collettivi, il ventunesimo si apre all’insegna di quelli individuali. La difficoltà di incardinare questo dibattito nelle categorie classiche del Novecento disorienta, fa paura. Lo dimostrano le posizioni e le reazioni di partiti e cittadini alla discussione politica di questi giorni.  

In primo piano lo ius soli – la concessione della cittadinanza a chi nasce in Italia – le unioni civili, con l’adozione dei figli naturali del partner per le coppie omosessuali, e il fine vita, con l’inserimento dell’eutanasia nell’agenda dei provvedimenti che il Parlamento dovrà discutere a marzo. Come raccontiamo anche oggi, si tratta di questioni che tagliano trasversalmente gli schieramenti politici tradizionali, rimescolando le carte, confondendo i punti di riferimento. La difficoltà di classificare favorevoli e contrari secondo gli schemi consueti è certo dovuta al fatto che si tratta di temi che fanno appello alla coscienza, alla cultura e alle convinzioni di ognuno. Ma c’è dell’altro.  

L’introduzione di una quota sempre maggiore di diritti individuali nell’ordinamento dello Stato fa paura anche perché sembra minare alla base alcuni valori ed elementi costitutivi della nostra identità collettiva: la famiglia, le tradizioni religiose, la cittadinanza, la cultura. È la retorica un po’ lisa di chi vede l’Occidente disgregarsi, ormai vittima del pensiero debole, della società liquida. Una sorta di decadimento progressivo, al quale contrapporre invece – in una guerra di civiltà – il fanatismo di chi ha valori e religioni diverse dalle nostre, e li afferma con la violenza. Quasi che l’unico campo da gioco in cui opporsi all’integralismo assolutista fosse l’esibizione di un’identità opposta, ma altrettanto monolitica. 

È vero il contrario. Solo un rafforzamento dei diritti e delle libertà individuali ci può salvare. Quel che ci differenzia davvero dal fanatismo, di qualsiasi colore o appartenenza, è l’idea di una società come somma di liberi individui responsabili. È ciò a cui l’Occidente lavora dal Rinascimento e da Galileo in poi. Da qui, con un unico filo, discendono non solo i diritti dei gay, quelli di cittadinanza o la scelta di come morire – le cose che ci separano oggi – ma anche conquiste dalle quali per tutti noi è inconcepibile arretrare, come la liberazione della donna, che non è schiava né dell’uomo né della società.  

Libertà e responsabilità sono, al di là delle diverse convinzioni, l’unico antidoto al totalitarismo. Questa, con i doveri che porta con sé, è l’identità davvero non negoziabile, della quale chiedere con fermezza il rispetto a chi viene a vivere in Europa.  

Non è un vuoto, ma è un pieno, non pensiero debole ma forte, in continuo divenire. Lo è perché in grado di incorporare caos e diversità e trasformarli in ricchezza, vita, abbondanza, democrazia, come sanno fare gli organismi antifragili descritti dal filosofo e matematico Nassim Taleb. Con questi occhiali ogni mutamento – sia pure attraverso contraddizioni e disordine – alla fine porta nuova crescita. 

Perciò non bisogna guardare con paura alla contemporaneità e alla lacerazione che porta con sé. Ci possiamo dividere su tutto, anzi, a volte è opportuno. A patto che ciò accada all’interno di un contenitore alla cui base c’è la libertà individuale. 

* Twitter @massimo_russo  / lastampa

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