Solo la crescita salverà le banche di casa nostra

Il sistema bancario italiano è nuovamente oggetto di attenzione da parte dei media internazionali e...

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Il sistema bancario italiano è nuovamente oggetto di attenzione da parte dei media internazionali e degli esperti di mercati finanziari. Le persistenti difficoltà del Monte dei Paschi di Siena, la risoluzione delle quattro banche regionali, la ricapitalizzazione della Popolare di Vicenza attraverso il fondo Atlante hanno alimentato dubbi sulla tenuta del sistema finanziario nazionale. E’ poi notizia di queste ore che Unicredit possa aver bisogno di un nuovo aumento di capitale.

Scontiamo, va detto, che rispetto al resto dell’Europa le banche italiane non hanno avuto aiuti pubblici significativi: la virtuosa Germania ha iniettato nelle banche nazionali circa 250 miliardi di euro; la Spagna, l’Irlanda e il Portogallo hanno accettato il sostegno della comunità internazionale per ricapitalizzare le banche. Anche il Belgio e l’Olanda hanno aiutato consistentemente le proprie banche senza dimenticare che il governo inglese ha addirittura nazionalizzato Royal Bank of Scotland. L’Italia non poteva permetterselo perchè non aveva spazio per far crescere il proprio debito pubblico se fosse ricorsa a interventi del tipo tedesco. Inoltre, il segnale mandato ai mercati avrebbe determinato rapidamente anche un default del nostro debito pubblico.

Le nostre fragilità storiche, piuttosto che fattori contingenti di questi mesi, spiegano l’attuale debolezza e questo fa si che a distanza di 8 anni dal fallimento di Lehman Brothers, il sistema finanziario italiano sia ancora sotto la lente.

La strada verso la normalità è impervia perchè la ripresa è stata più debole del previsto con due conseguenze sostanziali sul sistema bancario. Primo, l’ammontare di crediti deteriorati non si è ridotto, anzi. Si stima che circa un terzo dei crediti deteriorati delle banche europee siano presso istituti italiani e questo genera un freno all’economia. Le banche infatti devono per precauzione accantonare risorse nel caso in cui questi crediti non vengano riscossi, riducendo così la capacità di prestare all’economia reale. A fronte di questi crediti deteriorati ci sono aziende che hanno un livello di debito eccessivo e non sono in grado di chiedere ulteriore debito per finanziare le loro attività. Ecco allora che si è in un circolo vizioso da cui è difficile uscire e che frena la ripresa: se non c’è ripresa economica crescono i crediti deteriorati; se crescono i crediti deteriorati, le banche hanno difficoltà a prestare e quindi l’economia non riparte.

Secondo, la bassa crescita ha portato con sè bassa inflazione e richiesto alla Banca Centrale Europea di intraprendere politiche monetarie non convenzionali per tenere i tassi a livelli molto bassi nella speranza di riportare l’inflazione vicino all’obiettivo del 2 per cento. In questo modo però si stanno assottigliando i margini di profitto delle banche, soprattutto quelle commerciali e quelle più piccole che ottengono la liquidità da investire attraverso i depositi dei risparmiatori: tipicamente, più sono alti gli interessi e più cresce la differenza tra quanto pagato al depositante e quanto ottenuto dagli impieghi, accrescendo i profitti delle banche.

In un contesto già difficile sono poi aumentati i costi della regolamentazione. I regolatori hanno compreso che una delle cause della crisi finanziaria era la complessità delle banche più che la loro dimensione sistemica: controlli incrociati, prodotti finanziari articolati, operazioni finanziarie tra banche, conflitti di interesse difficili da ricostruire. Se lo scopo della maggiore regolamentazione è aumentare la fiducia nel sistema bancario e governare la crescente complessità, per diverse banche, soprattutto le più piccole, la regolamentazione con i suoi costi possono diventare un ulteriore elemento di fragilità, piuttosto che di forza.

Prendere atto della realtà non significa accettare che il sistema bancario, e così il Paese, siano condannati a questo stato di cose.

Il riordino del sistema delle banche popolari e di quelle del credito cooperativo aiuteranno a mantenere una rete bancaria fortemente legata alle realtà del territorio, ma più solida. Le misure citate dal ministro Padoan nell’intervista di ieri su questo giornale relative alle procedure concorsuali favoriranno la creazione di un mercato più efficiente dei crediti deteriorati. I bassi tassi potranno essere l’opportunità per le imprese di investire di più e generare maggiore crescita economica, soprattutto se le imprese guarderanno oltre le banche come fonte di finanziamento.

C’è però un elemento che prevale su tutti: solo una più robusta crescita economica farà svanire l’alea di incertezza che oggi pervade le banche italiane.

vivicentro.it/economia – lastampa / Solo la crescita salverà le banche di casa nostra ANDREA MONTANINO

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