Renzi: in Italia meno poveri! Falso! Reali redditi più bassi, al Sud, del 35%

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In Italia ci sono meno poveri, come dice Matteo Renzi? Falso! Certo è che l’Istat certifica, nel Mezzogiorno, redditi più bassi del 35% rispetto al resto del paese: oltre 21 mila euro medi di reddito disponibile per abitante al Nord contro i 13.500 del Mezzogiorno.

In Italia ci sono meno poveri, come dice Matteo Renzi?

Il segretario Pd si sbaglia, e di parecchio, sugli italiani in difficoltà economiche. Abbiamo passato al vaglio quello che ha detto il segretario da Liguori

Intervistato lo scorso 20 dicembre da Paolo Liguori su Tgcom24, il segretario del PD Matteo Renzi ha parlato di povertà. A Liguori, che affermava  “ci sono 4 milioni e 700 mila persone che vivono sotto la soglia di povertà(…), poi però si arriva a 10 milioni che sono ‘sulla’ soglia, e sono in crescita, e se si va oltre questa piccolissima e sottile soglia, cioè sui 1.100 euro, sui 1.000 euro, sono tanti di più”, Renzi, dopo aver riconosciuto il problema, ha risposto: “che cosa è accaduto in questi anni? Quel numero di 10 milioni di persone, chiamiamole ‘a rischio’, è diminuito in modo molto rilevante: siamo passati da 16 a 10”.

Si tratta di un’affermazione sbagliata nella sostanza, perché i poveri sono aumentati negli ultimi anni, e che contiene numeri errati.

Facciamo un po’ di chiarezza: povertà assoluta e relativa

La questione è stata posta in modo un po’ confuso già dal direttore di Tgcom Secondo l’ultimo rapporto dell’Istat sulla povertà in Italia ci sono 4 milioni e 742mila individui che vivono al di sotto della soglia di povertà assoluta e 8 milioni 465mila individui che vivono al di sotto della soglia di povertà relativa.

Sono due insiemi che vengono elaborati, come scrive l’Istat, “con due diverse definizioni e metodologie”.

Con povertà assoluta si intende la spesa minima necessaria per acquisire i beni e servizi inseriti nel paniere di povertà assoluta (generi alimentari, abitazioni e beni durevoli di prima necessità). La soglia di povertà assoluta varia, per costruzione, in base alla dimensione della famiglia, alla sua composizione per età, alla ripartizione geografica e alla dimensione del comune di residenza (qui è possibile fare i calcoli).

La povertà relativa, invece, per una famiglia di due componenti è pari alla spesa media per persona nel Paese (ovvero alla spesa pro-capite, e si ottiene dividendo la spesa totale per consumi delle famiglie per il numero totale dei componenti). Nel 2016 questa spesa è risultata pari a 1.061,35 euro mensili: i “1.000-1.100” di cui parlava anche Liguori, per due persone.

Tra gli 8 milioni e 465 mila individui che vivono al di sotto della soglia di povertà relativa sono dunque ricompresi anche i 4 milioni e 742 mila individui che vivono al di sotto della soglia di povertà assoluta.

Il rischio povertà

La confusione viene poi aumentata da Renzi che, riferendosi ai “poveri relativi”, parla di persone “a rischio” povertà. Questo, tecnicamente, è un altro indicatore ancora usato dall’Istat – di cui ci eravamo già occupati in questa analisi – che prende in considerazione chi vive cioè in famiglie che nell’anno hanno un reddito familiare equivalente inferiore al 60% del reddito mediano (siamo intorno ai 9.500 euro per persona all’anno, a seconda degli anni).

Oltretutto dal 2013, anno di inizio della legislatura, ad oggi il numero delle persone a rischio povertà è aumentato, passando da 10 milioni e 635 mila (il 19,1% della popolazione residente al primo gennaio di quell’anno, riporta l’Istat) a 12 milioni e 497 mila (il 20,6% della popolazione residente al primo gennaio 2016, dice sempre l’Istat).

Ma, come desumibile dal contesto dell’intervista, Renzi non sta parlando delle persone “a rischio povertà” in senso stretto.

Com’è cambiata la situazione dal 2013 ad oggi

Chiarito che stiamo parlando di povertà relativa dunque, passiamo a vedere se i numeri dati da Renzi sono corretti.

Come dicevamo, secondo l’ultima indagine Istat, le persone in condizione di povertà relativa in Italia nel 2016 sono state 8 milioni e 465 mila.

Nel 2013, secondo l’indagine Istat del 2014 sulla povertà in Italia, le persone in povertà relativa erano 10 milioni 48 mila persone, e quelle in povertà assoluta 6 milioni 20 mila. Tuttavia questi dati erano figli di una metodologia diversa rispetto a quella utilizzata per i calcoli attuali.

Applicando retroattivamente la nuova metodologia (che considera la spesa delle famiglie e non più i consumi) i dati relativi al 2013 – qui scaricabili le serie storiche riviste – cambiano significativamente. I poveri assoluti calano a 4 milioni e 420 mila, e i poveri relativi a 7 milioni e 822 mila.

Possiamo dire così che i poveri assoluti tra il 2013 e il 2016 sono aumentati di circa 300 mila unità e i poveri relativi di poco meno di 650 mila unità

Parlando di chi vive in famiglie che guadagnano tra i 1.100 e i 1.000 euro, dunque, non c’è stato un calo da 16 a 10 milioni, come afferma Renzi, ma al contrario un aumento da 7,8 milioni a quasi 8,5 milioni.

Conclusione

Renzi sbaglia a qualificare le persone che vivono con “1.100-1.000 euro” di cui parla Liguori (cioè i poveri relativi) come persone “a rischio povertà”. Queste ultime sono infatti ricomprese da un diverso insieme e oggi, sempre secondo l’Istat, ammontano a 12 milioni e 480 mila persone, un dato in crescita rispetto al passato (erano 10 milioni e 635 mila nel 2013).

Sbagliato poi che negli ultimi anni le persone in condizione di povertà relativa siano passate da 16 milioni a 10 milioni.

Innanzitutto è sbagliato il punto di arrivo: nel 2016 i poveri relativi sono stati 8,5 milioni circa (ma a Renzi il dato sbagliato viene in prima battuta fornito dall’intervistatore). Ma soprattutto è sbagliato il punto di partenza: nel 2013, all’inizio di questa legislatura, i poveri relativi erano 7,8 milioni: meno che adesso

Insomma, negli ultimi anni non si è registrata alcuna diminuzione del numero di poveri relativi (e nemmeno assoluti), ma anzi un aumento.

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