La Puglia va alla battaglia dell’Ilva, investimento a rischio

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La Regione Puglia presenta un ricorso contro ArcelorMittal che vorrebbe subentrare all’Ilva nella gestione dello stabilimento siderurgico di Taranto: ora sugli investimenti miliardari promessi e sul lavoro di ventimila persone c’è il rischio del Tar.

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Ricorso di Emiliano contro il piano ambientale: “Non accetto ricatti”. Calenda: “Se passa, ArcelorMittal può stracciare il contratto firmato”

ROMA – Il rischio a questo punto è che ArcelorMittal getti la spugna e abbandoni al suo destino l’Ilva. Il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda è molto preoccupato e per questo ieri è tornato a chiedere al presidente della Regione Puglia Michele Emiliano di ritirare il ricorso presentato al Tar col quale si chiede la sospensione del piano ambientale del gigante siderurgico. In ballo, dopo cinque anni tormentatissimi e addirittura 11 decreti del governo, ci sono ben 5,3 miliardi di investimenti (2,3 vincolati ad interventi di bonifica e ambientalizzazione), destinati innanzitutto al polo di Taranto, e 20 mila posti di lavoro tra occupati diretti e indotto, «i più alti mai realizzati al Sud dagli anni Sessanta» sostiene Calenda che ieri alla radio ha chiesto a Emiliano «di non fare ostruzionismo perché prima o poi l’investitore se ne andrà.

«Sono disponibile a discutere di tutto, sempre e comunque, in tutte le forme – ha poi aggiunto – ma il ricorso va ritirato». «Ritira tu il piano ambientale e se ne discute» ha risposto a ruota il governatore pugliese sparando a zero contro l’assegnazione alla cordata Arcelor-Marcegaglia.

Al presidente della Regione Puglia, che assieme al sindaco di Taranto Rinaldo Melucci lamenta tutta una serie di inadempienze sul fronte ambientale, a partire dal fatto che il Dpcm incriminato rinvierebbe nel tempo «senza una ragione l’adempimento di moltissime prescrizioni», il ministro replica a muso duro. «Chiedono tutto ed il contrario di tutto. Questo loro ostruzionismo serve solo a far chiudere l’Ilva senza dirlo apertamente». Quindi Calenda ricorda che nel caso il ricorso al Tar venisse malauguratamente accolto «per obbligo di legge porterebbe i commissari ad ordinare lo spegnimento dell’Ilva». E Arcelor avrebbe tutto il diritto di stracciare il contratto, e allora sì che sarebbe la fine. Per questo tutti i sindacati e il governatore ligure Giovanni Toti hanno attaccato Emiliano.

Dopo la conferma del ricorso Calenda martedì ha deciso di sospendere tutti i tavoli di confronto, «perché in queste condizioni non ha senso discutere con Mittal». Emiliano e Melucci ribattono invece di aver semplicemente chiesto al Tar di accertare se il governo non accogliendo le loro osservazioni al piano ambientale si sia comportato legittimamente o meno, ma questo – sostengono – non impedisce affatto all’Ilva di continuare la produzione. «Non accettiamo ricatti, basta coi numeri al lotto, basta col furto del futuro dei nostri bambini» protesta il sindaco di Taranto. A ruota il presidente della Regione: «Il governo non ci ferma con le sue intimidazioni. Andremo avanti senza paura per tutelare la salute di lavoratori e cittadini». Mentre Cisl e Uil oggi a Bari protestano davanti alla sede del Consiglio regionale si moltiplicano gli appelli per la ripresa del confronto. Lo chiedono sia il presidente di Confindustria Taranto Vincenzo Cesaro, sia il segretario Fiom Francesca Re David che parla di «conflitto istituzionale deleterio».

E il gigante franco-indiano che a giugno ha vinto la gara per rilevare il più grande complesso siderurgico d’Europa che dice? I vertici di ArcelorMittal, «in perfetta consonanza» con governo e organizzazioni sindacali, ovviamente sono preoccupati per il ricorso al Tar. «ArcelorMittal – recita una nota – ha assunto impegni molto seri su Ilva. L’investimento di 2,3 miliardi previsto migliorerà le performance industriali e ambientali dell’impianto di Taranto. È un grande peccato che la nostra volontà e capacità di realizzare tali investimenti possano essere pregiudicate da questo ricorso».

Quindi conferma di essere disponibile a riattivare rapidamente i tavoli di confronto «qualora» ci siano le condizioni. Poi però ricorda anche che «gli investitori internazionali debbono poter lavorare in contesti di certezza del diritto nei quali essi possano assumere e assolvere impegni e precise responsabilità». E invece su Ilva e Arcelor ora pende la spada di Damocle del Tar di Lecce, la cui prima pronuncia arriverà un po’ prima di Natale.

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