La linea dura della Commissione europea sulla manovra

La Commissione europea non è intenzionata a cambiare le richieste nei confronti dell’Italia: pretende la...

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La Commissione europea non è intenzionata a cambiare le richieste nei confronti dell’Italia: pretende la correzione della manovra pari allo 0,2% del Pil. Le istanze italiane frutto delle fibrillazioni tra Matteo Renzi e il premier Paolo Gentiloni vengono considerate “premature, ipotetiche e speculative” secondo una fonte della Commissione sentita da Marco Bresolin.

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BRUXELLES – «Prematuro, ipotetico e speculativo». Per una fonte della Commissione europea sono questi i tre aggettivi che meglio rispondono al progetto del governo italiano di puntare a nuovi margini di flessibilità anche per il 2018. L’esecutivo spera di portare a casa uno sconto fino a circa dieci miliardi di euro, ma da questo orecchio – per ora – a Bruxelles non ci sentono. «Non c’è alcuna discussione in corso sui conti del prossimo anno – assicura un funzionario -. Né a livello tecnico, né a livello politico».

Prematuro  

Parlare della manovra autunnale ora, dice, è «prematuro» perché la Commissione europea è ancora in attesa di una risposta sui conti del 2017. «Facciamo un passo alla volta» ripetono tre diverse fonti, una delle quali ha segnato sulla sua agendina nera due date. La prima è quella del 30 aprile: entro la fine del prossimo mese, l’Italia dovrà consegnare nero su bianco le misure utili a ridurre dello 0,2% del Pil il deficit strutturale. Uno sforzo che tutti a Bruxelles ricordano essere «il minimo indispensabile» per rientrare nei parametri, dal quale sono già stati scontati i costi per il terrorismo e per la gestione dei migranti. Per questo l’entità dell’aggiustamento «non cambia di una virgola».

Ipotetico  

L’altra data segnata sull’agendina nera è quella dell’11 maggio. Non è stato ancora deciso ufficialmente, ma al momento è quello il giorno in cui è previsto che Bruxelles pubblichi le previsioni economiche primaverili. Si tratta di un momento decisivo per l’Italia per due motivi: dalle cifre inserite nella tabella si capirà se le misure proposte nella manovra correttiva saranno ritenute «credibili» e dunque in grado di portare all’aggiustamento richiesto (in caso contrario l’Italia rischierebbe una procedura per la violazione della regola del debito, più eventualmente un’altra legata alla flessibilità ottenuta lo scorso anno). Dunque fare calcoli ora sulle cifre del 2018 è un esercizio «assolutamente ipotetico» spiegano dal Palazzo Berlaymont. «Ci sono molti fattori che potrebbero intervenire» si fa notare: fattori economici a cui si aggiungeranno poi quelli politici. L’11 maggio cadrà quattro giorni dopo le elezioni francesi: un atteggiamento di maggiore o minore disponibilità da parte di Bruxelles nei mesi successivi dipenderà anche dall’esito delle urne.

Da un punto di vista meramente contabile, lo sforzo strutturale che potrebbe essere richiesto all’Italia in autunno per non uscire dalla traiettoria è dello 0,6% del Pil (poco più di 10 miliardi). A questo, però, andrà aggiunto il valore del «deterioramento strutturale» che emergerà dalle previsioni di primavera. In base ai dati attualmente a disposizione dei tecnici, il deficit strutturale italiano dovrebbe salire dello 0,4% del Pil. La manovra correttiva, però, servirebbe a ridurre l’incremento dello 0,2%. Dunque, potenzialmente, in autunno i conti italiani sforerebbero dello 0,8% (0,6%+0,2%), circa 13,5 miliardi di euro.

Speculativo  

Al di là dei calcoli prematuri e ipotetici, in questa fase Bruxelles vuole evitare di farsi «trascinata nella campagna elettorale» italiana. Per questo gli annunci delle ultime ore sono considerati «speculativi». Con Pier Carlo Padoan, si sottolinea, c’è un ottimo rapporto. Il feeling con Paolo Gentiloni è «molto buono». Ma c’è il timore che si facciano «spingere nella direzione sbagliata». Anche perché – si fa notare – prima ancora che alla Commissione, l’Italia deve mandare un segnale ai mercati. «I vostri problemi sono le banche e il debito – dice una fonte -, dovete recuperare la fiducia degli investitori per tenere a bada i tassi di interesse ed evitare la fuga degli investimenti». Altrimenti altro che «zerovirgoladue».

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