L’emergenza lavoro non va in vacanza, migliaia di esuberi ad agosto

Lavoro. Da Sky a Tuodì, da Ericsson a Ferrioli: estate drammatica per migliaia di lavoratori...

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Lavoro. Da Sky a Tuodì, da Ericsson a Ferrioli: estate drammatica per migliaia di lavoratori

L’ emergenza lavoro non va in vacanza, non chiude per ferie. A chiudere sono le fabbriche e le aziende, anche in questi ultimi e torridi giorni. Costringendo migliaia di operai e lavoratori a rinunciare alle vacanze, spesso programmate da mesi. A non poter pagare mutui, a far rinunciare i propri figli ad andare all’università.

Il giro d’Italia delle vertenze aperte non risparmia quasi nessuna regione. Da Nord a Sud, da Est a Ovest lungo lo stivale il lavoro continua ad essere un miraggio e perderlo – specie a una certa età – diventa una vera tragedia per tutta la famiglia. E se fino a qualche anno fa era l’industria ad essere maggiormente colpita dalla crisi, ora i settori sono vari senza risparmiare commercio, servizi e perfino benzinai.

SKY A giorni dovrebbero arrivare le lettere di licenziamento per 124 tecnici. Saranno i più colpiti dalla decisione di Murdoch di spostare le trasmissioni quasi completamente a Milano lasciando a Roma solo un piccolo presidio. Se i giornalisti del monopolista della televisione satellitare a pagamento hanno contrattato incentivi e buone uscite riuscendo – al netto delle tantissime cause di lavoro – a trovare un accordo sindacale, sul piano dei tecnici la lunga trattativa dopo l’avvio della procedura di licenziamento collettivo non ha avuto buon esito, nonostante la no stop di giovedì. «L’azienda non ha voluto superare i licenziamenti nonostante i risultati economici e le molte proposte alternative presentate dalle organizzazioni sindacali. Sky ha voluto affermare la licenziabilità e la gestione del personale senza vincoli sociali», accusano Slc Cgil, Uilcom Uil e Ugl Telecomunicazioni. «La vertenza – ricordano – è durata 7 mesi e ha interessato 571 posizioni lavorative tra trasferimenti di attività a Milano ed esuberi di personale, e ha prodotto un ridimensionamento di 374 posizioni per la sede di Roma. A nulla è servita la proposta sindacale di riduzione a part time per 28 lavoratori, la proposta di lavoro in Smart working, l’esodo per la pensione per coloro che hanno raggiunto i requisiti di legge».

ERICSSON ITALIA Sempre nel settore comunicazioni, qui la situazione è ancor più grave. Il 24 luglio la multinazionale svedese ha inviato le prime 181 lettere di licenziamento – senza alcun preavviso – per la 14esiama procedura aperta in pochi anni che prevede 315 esuberi in Italia. Rifiutando addirittura la via degli ammortizzatori sociali. La protesta dei lavoratori è molto forte soprattutto a Genova dove i licenziati sono già 55. Una campagna social è partita coinvolgendo politici e personaggi famosi che si ritraggono con un cartello con l’hashtag #ericssonritirailicenziamenti.

TUODÌ Dal primo agosto invece la maggior parte dei 400 supermercati del marchio discount sono chiusi. La procedura di concordato preventivo chiesta dalla proprietà della famiglia romana Faranda ha portato alla nomina di un commissario che però si è presentato al tavolo ministeriale coi sindacati assolutamente sprovvisto di numeri precisi e – soprattutto – garanzie per i dipendenti. I 2 mila diretti e gli altri 2mila che fanno parte di cooperative proprietarie di supermercati con lo stesso marchio sono al momento senza stipendio e senza ammortizzatori sociali. La stragrande maggioranza dei supermercati in tutta Italia (presenti soprattutto a Roma e nel Lazio, in Toscana e in Veneto) ha deciso di chiudere nel mese di agosto lasciando una comunicazione ai clienti – si stima siano già calati del 90 per cento in questi mesi di scaffali vuoti – in attesa di riuscire a cambiare i contratti con i fornitori. La cassa integrazione dunque è semplicemente promessa così come il recupero degli stipendi precedenti al commissariamento, visto che la legislazione non consente ai commissari di farsi carico dei periodi precedenti all’intervento del tribunale.

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AFERPI Spostandoci al settore industria a soffrire maggiormente è ancora la siderurgia. Nonostante le rassicurazioni e i tanti tavoli al ministero, la situazione dei lavoratori delle acciaierie di Piombino è sempre grave. Dopo almeno 5 anni di false soluzioni, l’attuale proprietà di Aferpi dell’algerino Rebrab continua ad avere problemi di liquidità e a rimandare il ritorno alla produzione. «Alla luce di quanto sta accadendo Aferpi sta dimostrando di non essere in grado di riprendere l’attività produttiva per il mese di agosto, non ha acquistato semiprodotti e dunque rimarrà chiusa almeno fino al 21», ha denunciato qualche giorno fa la Fiom. A inizio luglio sembra fosse arrivata una schiarita al tavolo al ministero dello Sviluppo grazie alle pressioni del ministro Carlo Calenda e del presidente della Toscana Enrico Rossi. Era stato sottoscritto il cosiddetto Addendum e il decreto relativo alla concessione del trattamento di cassa integrazione straordinaria per il periodo luglio 2017 – dicembre 2018. Ma tutto sembra in bilico senza ripartenza della produzione. E un’intera città non ne può più dei continui ritardi.

FERROLI Sempre nel settore metalmeccanico continua il presidio dei lavoratori della storica azienda di caldaie del veronese. Giovedì però l’azienda si è finalmente seduta al tavolo del confronto. E questo ha portato a interrompere lo sciopero ad oltranza che andava avanti da settimane per protestare contro gli esuberi programmati dall’azienda e quantificati in circa 400 unità, di cui 300 a San Bonifacio.

CEME Non va meglio in Lombardia dove il tema delle delocalizzazioni continua a mietere posti di lavoro, dopo il caso di inizio anno della K-Flex di Roncello (Monza). Questa volta tocca alla Ceme di Carugate (Milano) che produce valvole e pompe. A giugno sono stati licenziati ben 97 lavoratori. Lunedì scorso è saltato il tavolo in Assolombarda perché i sindacati si sono opposti alle condizioni dell’azienda: «Abbiamo un mandato preciso, non possiamo mettere la nostra firma sotto a un patto che bolla come esuberi le maestranze di Carugate, solo perché sono in forza a quello stabilimento, che la società ha deciso di chiudere per fare più profitto».

PIAGGIO AEROSPACE Tornando in Liguria molto grave è la situazione del gruppo aeronautico.  il piano industriale dell’azienda, ora di proprietà araba, prevede lo scorporo della parte motoristica su Villanova d’Albenga e della manutenzione velivoli su Sestri Ponente. Lo stabilimento savonese era uno dei fiori all’occhiello del governo Renzi che lo inaugurò in pompa magna il 7 novembre 2014. Ora si punta ad avere almeno un decreto che autorizza ulteriori 10 mesi di cassa integrazione straordinaria per 122 lavoratori.

NATUZZI In Puglia sembra invece non aver fine la crisi del gruppo dell’arredamento. La lunga ristrutturazione dei salotti di qualità è tornata in alto mare dopo il “ricatto” della proprietà contro i tanti che hanno vinto cause di lavoro.

PERUGINA In Umbria la storica fabbrica dei Baci di San Sisto a Perugia è a rischio esuberi – il 26 luglio uno sciopero di 8 ore ha bloccato lo stabilimento Nestlè.

ISPRA Nel settore pubblico continua la lotta dei precari dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.

ESSO Ma anche i «padroncini» non se la passano bene. Martedì si terrà la serrata degli impianti di 135 impianti di carburante passati dal marchio Esso a Petrolifera Adriatica che però impone «il dimezzamento del margine economico per i gestori degli impianti, mettendo così a rischio il futuro di circa 400 famiglie».

/ilmanifesto

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