Il partito unico nazionale degli abusivi

“Siamo un popolo di abusivi e abbiamo avuto e continuiamo ad avere una classe dirigente...

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“Siamo un popolo di abusivi e abbiamo avuto e continuiamo ad avere una classe dirigente che in nome della necessità ha incoraggiato e legittimato l’abusivismo negli ultimi trent’anni e più”, commenta Marcello Sorgi, ricostruendo la storia del partito unico degli abusivi: “Dopo i comunisti negli Anni Ottanta e i marxisti-leninisti nei Novanta e all’inizio del millennio, sono ora i 5 Stelle, in Sicilia, a unirsi al partito unico nazionale dell’abuso”.

Il partito unico dei condoni

È inutile rimpiangere o versare lacrime da coccodrillo: siamo un popolo di abusivi. E abbiamo avuto e continuiamo ad avere una classe dirigente – non tutta ma neppure esclusivamente locale, come quella di Ischia e della Campania – che in nome della «necessità» ha incoraggiato e legittimato l’abusivismo negli ultimi trent’anni e più, dal 1983, quando il governo Craxi annunciò per la prima volta un decreto per rilegittimare le costruzioni abusive, con l’obiettivo di risanare, almeno in parte, i conti pubblici, a oggi.

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Se poi di condono in genere, e non solo edilizio, si vuol parlare, si può risalire indietro di altri dieci anni, al 1973 del IV governo Rumor che varò una delle tante sanatorie fiscali (allora non c’era la fantasia di definirle «scudo»). Di lì in poi, la cadenza subì un’accelerazione: 1982, governo Spadolini e nuovo condono per gli evasori; 1985, entrata in vigore del già citato provvedimento del governo Craxi; 1991, nuova sanatoria fiscale del VI governo Andreotti; 1995, doppio condono, edilizio e fiscale, del governo Dini; 2003, nuova doppietta, stavolta di Berlusconi, che replica nel 2009 con la norma per agevolare il rientro dei capitali, cosiddetti «scudati», illecitamente portati all’estero.

Complessivamente, secondo un calcolo della Cgia di Mestre, giudicato ottimistico da altri osservatori tecnici, i condoni di qualsiasi tipo degli ultimi tre decenni avrebbero portato nelle casse dello Stato 104,5 miliardi di euro, meno di quanti ne sottragga (anche in questo caso la stima è limitata) l’evasione fiscale in un solo anno. A conti fatti, un pessimo affare, anche se c’è chi dice, non si sa se per celia o sul serio, che bisognerebbe aggiungere, ricalcolandolo in valuta di oggi, il ricavato in sesterzi del primo, primissimo condono, voluto nel 119 dopo Cristo dall’imperatore romano Adriano.

Ma al di là della convenienza economica inesistente per i governi, e dei rischi per le popolazioni di abitanti di case edificate illegalmente, in spregio alle più elementari regole di sicurezza, è interessante anche ricostruire la genesi politica di questo genere di provvedimenti, varati sempre senza quasi opposizione – anzi, in una sorta di regime di unità nazionale – e riproposti, rimodellati e ampliati localmente, come appunto è accaduto in Campania per la legge del governatore De Luca (impugnata dal governo Gentiloni di fronte alla Corte Costituzionale) e come stava per accadere in Sicilia per le case al mare costruite sulla battigia. Se si esclude una piccola pattuglia di coraggiosi giornalisti come Antonio Cederna, Mario Fazio, Gian Antonio Stella, Sergio Rizzo, associazioni povere di mezzi come, ma non solo, Italia Nostra, e i Verdi, ma non tutti, nessuno ha fatto battaglie vere contro l’abusivismo. Ai tempi dello storico decreto Nicolazzi – il ministro dei Lavori pubblici di Craxi che concepì la prima sanatoria nazionale e ne reiterò il decreto per 21 volte, anche per dilatarne i tempi di efficacia -, in Parlamento, formalmente, si opponeva il Pci.

Ma nelle piazze era il sindaco comunista di Ragusa Paolo Monello a guidare le manifestazioni degli abusivi «per necessità». Monello, antesignano dell’esponente marxista leninista Gennaro Savio – che portò in piazza 600 dei 27 mila abusivi di Ischia nel 2010, minacciando di far saltare le elezioni regionali e ottenendo dall’allora ministra Mara Carfagna e dal candidato, poi eletto governatore della Campania, Stefano Caldoro la promessa di un nuovo decreto per bloccare le demolizioni – era stato il primo a coniare gli slogan più espliciti e efficaci della lotta contro l’antiabusivismo, tipo «Il popolo costruisce, il governo demolisce», oppure «No all’adeguamento antisismico», che sarebbe quasi un invito al suicidio legalizzato, stando ai terremoti verificatisi, dopo Belice, Friuli e Irpinia, nel periodo successivo, dall’Umbria all’Abruzzo al Centro Italia, con migliaia di vittime, senza-tetto e case crollate anche con scosse di media entità, alle quali, come a Ischia, avrebbero dovuto invece resistere.

Nell’isola ultima colpita da un sisma, dal 1981 al 2006 sono stati costruiti oltre centomila vani abusivi; nel solo 2004 e soltanto nel Comune di Forio sono stati sequestrati 200 cantieri fuorilegge; una famiglia ischitana ogni 2,5 (in pratica quasi tutte, considerando cuginanze e parentele di secondo grado) ha chiesto il condono. Nel resto d’Italia nei quindici anni tra il 1982 e il ’97 i nuovi manufatti abusivi sono stati quasi un milione (970 mila). Un’enormità del genere non ha eguali in Europa, forse perfino nel mondo.

E dopo il pentapartito e i comunisti negli Anni Ottanta, i marxisti-leninisti nei Novanta e il centrodestra all’inizio del millennio, sono ora i 5 stelle, in Sicilia, a unirsi al partito unico nazionale dell’abuso. Lo ha fatto, pur vantandosi di aver fatto prima demolire una palazzina da 700 metri quadri di un mafioso, il sindaco stellato di Bagheria Patrizio Cinque, autore di una delibera comunale che tenderebbe a dare abitabilità provvisoria alle costruzioni abusive occupate per necessità; e lo hanno fatto, negli stessi termini, il candidato governatore M5S della regione Giancarlo Cancelleri, spalleggiato dall’aspirante premier Luigi Di Maio, negli stessi giorni in cui il sindaco Angelo Cambiano, l’unico a battersi davvero per l’abbattimento delle orrende villette costruite sulla spiaggia siciliana di Licata, veniva fatto fuori in consiglio comunale da una maggioranza trasversale e riceveva la solidarietà dei comici Ficarra & Picone, protagonisti del film «L’ora legale» che sembra una parodia della sorte del primo cittadino, ma è stato notevolmente superato dalla realtà. Così che non c’è alcun dubbio sul fatto che – chiunque vinca le regionali del 5 novembre – il prossimo condono partirà dalla Sicilia.

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